Dopo oltre sessant'anni Helvetica è pronta per un restyling. Carattere tipografico tra i più noti di sempre, la sua linearità e le sue lettere così definite si prestano perfettamente alla segnaletica ambientale: trasporti pubblici, centri commerciali, cartelli stradali. Tutto nasce nel 1957 quando a Max Miedinger, progettista freelance della fonderia Haas di Basilea,viene data una missione: disegnare un sans serif innovativo per leggibilità, eleganza ed essenzialità.
Helvetica Now: come (e perché) cambia il font più popolare di sempre
Tre nuove versioni rivedono il font del 1957 adattandolo anche ai piccoli schermi digitali.
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- Alessio Lana
- 25 aprile 2019
Da genio della tipografia Miedinger riesce nell’impresa e porta alla luce il Neue Haas Grotesk. Qualche anno dopo, nel 1961, le società tedesche Stempel e Lynotype introducono sul mercato le prime serie complete del carattere e lo battezzano Helvetica dal suo luogo di nascita, la Svizzera. Sono i primi passi di un mito. A fine ‘60 inizio ‘70, in un clima di sperimentazioni ardite e voglia di esagerare, l’Helvetica si pone come un carattere adatto a interpretare le nuove esigenze delle corporation per affidabilità, solidità ed eleganza. Le agenzie di pubblicità presentano ai propri clienti la sobrietà di Helvetica contro il bolso e mieloso stile anni ’60, American Airlines e American Apparel ne fanno una bandiera. Tra gli alfieri del carattere c'è anche un italiano di prestigio: Massimo Vignelli.
Nei decenni Helvetica continua la sua corsa senza mai fermarsi. Il caso più clamoroso è la metropolitana di New York, un regno caotico in cui il carattere svizzero portò ordine e chiarezza. Anche Milano fa suo il carattere portandolo a bordo della metropolitana linea 1, la “rossa”, in una versione rivista da Bob Noorda. Arriviamo agli anni ’80. La rivoluzione digitale muove i primi passi e l’Helvetica è lì ad accompagnarla. Il 1984 è (profeticamente) l’anno della svolta: Apple introduce Helvetica – ormai quasi trentenne – tra le sue font di sistema e la fa entrare di diritto nella nascente grafica digitale. Una star che risponde al nome di Michael Jackson poi la sceglie per la cover del suo “Bad”, un album dal successo planetario.
Ma dopo 62 anni Helvetica inizia a mostrare qualche segno di vecchiaia: Google l'ha abbandonato nel 2011 seguita a stretto giro da Apple, Ibm e Netflix. È davvero troppo per Charles Nix, il direttore della Monotype, la più grande società di caratteri del mondo che detiene i diritti di Helvetica. A Nix non piace soprattutto che le lettere si amalgamino quando stampate in piccole dimensioni e che il kerning (o crenatura, la riduzione dello spazio in eccesso fra coppie specifiche di caratteri) non sia uniforme. Per questo dopo due anni di lavoro ha finalmente svelato Helvetica Now, versione rivista e corretta che conta 40mila caratteri capaci di rispondere più facilmente ai bisogni e ai gusti di oggi.
In questa veste Now, Helvetica è pensata per essere bilanciata sia in piccole che in grandi dimensioni, per stare bene su un cartellone pubblicitario come sul display di uno smartwatch. È ancora quel carattere freddo, architettonico e preciso del passato ma con qualche accorgimento che lo rende perfetto anche per il digitale. Non a caso le versioni sono tre. C'è Helvetica Now Micro, dalle forme più ampie e le spaziature maggiori e accenti più grandi pensato per i piccoli schermi. Now Display rivede la crenatura per l'uso in grande e grandissimo formato mentre Now Text è pensato per gli spazi pubblici, per i cartelli stradali, e ha spazi più bianchi dentro e intorno alle lettere che lo rendono maggiormente leggibile. E così Helvetica continua la sua corsa: difficile dire dove arriverà ma già sapere che c'è ancora scalda il cuore agli appassionati di uno dei caratteri più amati (e odiati) di sempre.