L’Harry’s bar di Venezia fu creato da Giuseppe Cipriani nel maggio del 1931. Il figlio Arrigo lo sostituì come continuazione di famiglia nel 1957. Ancora oggi, Arrigo, lo si può trovare ogni giorno tra i tavoli, a salutare i clienti, a coordinare il lavoro, a esprimere un punto di vista sull’accoglienza e lo stile italiano, che ha fatto scuola nel mondo. Al punto che, dopo avere aperto a New York, Miami, Londra, Montecarlo, Abu Dhabi, Dubai e Hong Kong, adesso è la volta di Milano. Il Gruppo Cipriani prosegue così la sua espansione nel mondo dell’accoglienza, con un nuovo concept che rivoluzionerà Palazzo Bernasconi, in via Palestro 24, candidandosi a diventare il punto di ritrovo preferito per gli amanti dell’ospitalità di altissima gamma. O meglio dell’italian way of living che, oltre a due ristoranti, offrirà un boutique hotel, un bar club, un centro benessere e uno per il fitness. “Capire come si fa questo mestiere è come fare un Martini”. Arrigo Cipriani guarda da lontano, saluta e poi si avvicina con un’eleganza innata. “Per fare un Martini bastano il gin, il vermouth dry, il ghiaccio e un bicchiere. Peccato che per servire il cocktail a un cliente questi ingredienti non siano sufficienti. Proprio come per costruire una casa: non bastano i migliori materiali e il miglior design, non basta affidarsi al miglior architetto. Ci vuole quel di più, ci vuole un quid”. Il quid, per Arrigo Cipriani, sono le persone, o meglio siamo noi.
“Le ricette per i cibi e le bevande sono precise. Codificate. Se le segui diligentemente il prodotto potrà essere vicino alla perfezione interpretativa. L’altro ingrediente però è più importante, è qualcosa che ha a che fare con lo spirito. L’essenza impalpabile di tutte le cose. Tu capisci quanto tu sia necessario. Quanto sarà importante trasferire, con il tuo servizio, la tua anima”. Questo, per Arrigo Cipriani, non è solo il segreto di un successo irripetibile, il suo, ma anche ciò che fa degli italiani un popolo completamente diverso da tutti gli altri, almeno per quanto riguarda l’accoglienza.
il ragionamento è semplice. Il servizio è accoglienza, l’accoglienza è stile, lo stile è cultura, la cultura è conoscenza, la conoscenza è diversità, la diversità è genuinità e semplicità, la genuinità è mancanza d’imposizioni, la mancanza di imposizioni è libertà, il turismo è libertà. Semplice no?
Semplice o meno, questo spiega il perché del crollo della qualità in un paese come l’Italia, che ha perso qualunque codice dell’accoglienza. “È inevitabile che il lavoro dell’uomo nel tempo e nell’evoluzione dell’industria manifatturiera, diventato ripetitivo, possa essere sostituito quasi completamente da strumenti intelligenti. Il turismo però non è un’industria manifatturiera, come l’architettura non è un sapere esclusivamente tecnico, ma politecnico. Il turismo è un’attività di servizio. Non esiste macchina al mondo che possa surrogare il servizio dell’uomo, come non esiste macchina al mondo che possa sostituire un architetto o un designer”. Nella teoria di Arrigo Cipriani, che è soprattutto una pratica di dedizione, c’è lo spirito e ci sono le cose. “Tempo fa lessi una bella provocazione che era appoggiata da alcuni architetti. Autore è Flavio Albanese che ha battezzato il progetto Reloading Venice. Dice: ‘Eliminiamo il Ponte della Libertà’. Non è proprio un’utopia. Negli anni passati, copiando quello che avevo sentito dire da un amico, avevo scritto e detto che Venezia prima del ponte era la bocca dell’Oriente e dopo la sua costruzione non più. Si potrebbe quindi realizzare una barriera prima del Ponte della Libertà, per lasciar passare, con una speciale carta magnetica, solo i residenti, chi lavora, o chi ha una prenotazione in un albergo, chi studia alle università. Tutti gli altri a Venezia dovrebbero venire in barca”. Per questo, nella visione di Arrigo non si può immaginare un mondo di soli oggetti, di strumenti immobili, un ristorante di tavoli e sedie vuoti. “Sarebbe come un teatro deserto, una piazza vuota d’estate. L’unica cosa da fare è chiedere l’aiuto all’uomo, al servizio dell’uomo per dare vita alle cose. Perché servire è soprattutto amare”. Per Arrigo Cipriani, che ha scritto 12 libri, il soggetto del servizio è come quello del design e dell’architettura: siamo noi. Occorre avvicinarsi al servizio come ci avvicineremmo a noi stessi, che accogliamo gli altri come vorremmo essere accolti. Occorre essere sempre se stessi, solo così potremmo diventare protagonisti della nostra stessa vita.
“Einstein una volta disse: i grandi spiriti hanno sempre trovato la fiera opposizione dei mediocri, i quali non sanno capire l’uomo che non accetta i pregiudizi ereditati, ma con onestà e coraggio usa la propria intelligenza. Torni a trovarmi”.
Arrigo Cipriani (1932) è il patron del leggendario Harry’s Bar di Venezia, fondato dal padre Giuseppe nel 1931, dichiarato patrimonio nazionale dal Ministero dei Beni Culturali nel 2001, e oggi parte di un gruppo
che compende 25 locali sparsi per il mondo.
Tra i suoi libri più recenti, Prigioniero di una stanza a Venezia e Non vorrei far male a nessuno (entrambi Feltrinelli).