Il numero di ottobre di Domus si concentra sulla memoria e il rischio dell’oblio che si corre nel mondo dell’immediatezza. Il guest editor 2022 Jean Nouvel nel suo Editoriale racconta l’importanza del tempo passato e di quello futuro e di come le architetture di oggi possano essere in grado di creare emozioni ed indurci a riflettere. “Ricordiamoci che la modernità attiva, quella dell’invenzione permanente, esige di essere collegata alle invenzioni più lontane e ai saperi più antichi. Non abbiamo più il tempo per pensare. Non abbiamo più il tempo per ricordare”. Segue nei Saggi il critico e storico dell’architettura Irénée Scalbert in cui racconta di come gli edifici progettati dagli architetti devono essere visti, devono essere guardati e ammirati: bramano di essere fotografati e pubblicizzati. A seguire, Valter Scelsi scrive dell’opera del maestro svizzero Peter Zumthor. “Ciò che la classicità dell’architetto evocata da Zumthor ci suggerisce è duplice: da un lato il lavoro di composizione di un’opera può essere visto come semplice inferenza, dall’altro può essere inteso come qualcosa che agisce attraverso una forma di risonanza, una sorta di progressivo coinvolgimento”.
Domus 1072 è in edicola, un numero dedicato alla memoria
Il magazine di ottobre si focalizza sul rapporto con la memoria, con un approfondimento sull’opera di Amateur Architecture Studio. Sfoglia la gallery per scoprire i contenuti della rivista.
Testo Jean Nouvel. Foto © Michel Denancé
Testo Irénée Scalbert. Foto © Iwan Baan
Testo Valter Scelsi. Foto © Andrew Meredith
Testo David Leatherbarrow. Foto © I.Mathie
Testo David Leatherbarrow. Foto Laksana Studio
Testo Giulia Ricci. Foto Attila Róbert Csóka
Testo Shigeru Ban Architects. Foto Hiroyuki Hirai
Testo Luciano Lerner Basso. Foto Manuel Sá
Testo Atelier Marko Brajovic. Foto Rafael Medeiros
Testo Angela Maderna. Foto © The Estate of Sally Gabori. Collection privée
Testo Elena Sommariva. Foto Natale Leontini
Testo Loredana Mascheroni. Foto Miro Zagnoli
Testo Silvana Annicchiarico. Foto courtesy Valentine Maurice
Testo Elena Sommariva. Foto Nic Tenwiggenhorn
Testo Giulia Ricci. Foto Francesca Perani
Testo Elena Sommariva. Foto Hufton+Crow
Testo Silvana Annicchiarico. Foto Haiyang
Foto Ji Yun
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- La redazione di Domus
- 08 ottobre 2022
La prima parte della sezione Architettura è dedicata all’opera di Amateur Architecture Studio. A presentare lo studio, il professore David Leatherbarrow decide di analizzare gli Archivi Nazionali di Hangzhou come una delle migliori espressioni del loro lavoro. Qui il movimento lungo le linee di confine tra le colline e gli specchi d’acqua unisce i diversi edifici che compongono gli Archivi Nazionali. Nel sito infatti si alternano questi due elementi naturali che, articolati e accentuati dagli edifici, sembrano ora, in retrospettiva, aver fornito al progetto la sua struttura primaria.
Continua la sezione un progetto ungherese di Paradigma Ariadné, cinque strutture legate da un camminamento che creano una piattaforma di osservazione, recuperando aspetti formali e materiali dagli edifici agricoli dell’est Europa. Shigeru Ban Architects presenta il recente Zen Wellness Seinei Awaji, imponente edificio lineare che culmina con una trave di legno Vierendeel a sbalzo: le scelte strutturali messe in atto mirano a massimizzare la continuità fra interno ed esterno. Luciano Lerner Basso ci accompagna alla Fortunata House, una residenza che circonda un albero di Araucaria e costruita minimizzando gli sprechi e sfruttando i materiali di risulta della costruzione. A chiudere la sezione Casa Macaco di Atelier Marko Brajovic, una villa in Brasile caratterizzata dalla minima impronta al suolo.
La rubrica Arte è questo mese dedicata all’opera di Sally Gabori, artista aborigena che attraverso i colori accesi di paesaggi immaginari fanno rivivere il ricordo della terra d’origine. “La storia di questo popolo e quella dell’artista sono fortemente intrecciate, al punto che è pressoché impossibile comprendere la sua ricerca visiva senza conoscere le traversie subite dalla sua comunità a causa del colonialismo occidentale” scrive Angela Maderna. Per Design, il designer siciliano Giuseppe Arezzi parte dall’archetipo rurale per creare oggetti ibridi e contemporanei, mentre Konstantin Grcic utilizza una semplice trave in abete rosso come punto di partenza per una collezione di panche e tavoli che unisce sofisticata semplicità e tecnologia. Infine Silvana Annicchiarico scrive della designer francese Valentine Maurice, la quale con sguardo socio-antropologico cerca la connessione con la nostra memoria biologica per combattere l’insonnia digitale.
Chiude il numero una riflessione finale del filologo e responsabile museale Donatien Grau. Nello scritto si interroga sull’origine del gesto architettonico. “La filosofia non ha mai smesso di interrogare le origini e l’architettura deve, per svilupparsi a partire dal carattere, dare loro un nome. Grazie a questo processo, l’architettura si afferma come attività umana, all’interno di un ambito culturale”.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Punti di vista, dove il geografo Richard Reynolds e l’architetta Marina Otero Verzier dialogano sul rapporto tra architettura e natura. Elena Sommariva scrive dell’ultima collaborazione tra Caruso St John e Thomas Demand, autori per Kvadrat un triplo capriccio, dove l’arte sconfina nell’architettura per creare un’esperienza unica. Giulia Ricci racconta Mini Break (Show)room, uno dei molti progetti figli di quel cambiamento che la pandemia ha solo accelerato: quello della ricerca di un maggior benessere sul posto di lavoro attraverso ambienti ibridi. Silvana Anniciarico analizza l’opera della designer Fanny Gicquel, al confine tra performing art, e design emozionale e comunicazionale. Infine il direttore editoriale Walter Mariotti dialoga con Brunello Cucinelli, presidente esecutivo di Brunello Cucinelli S.p.A..
Nell’editoriale di Domus 1072, il guest editor racconta l’importanza del tempo passato e di quello futuro e di come le architetture di oggi possano essere in grado di creare emozioni ed indurci a riflettere.
Per il critico di architettura Scalbert gli edifici progettati dagli architetti devono essere visti, devono essere guardati e ammirati. Bramano di essere fotografati e pubblicizzati.
Ciò che la classicità dell’architetto evocata da Zumthor ci suggerisce è duplice: da un lato il lavoro di composizione di un’opera può essere visto come semplice inferenza, dall’altro può essere inteso come qualcosa che agisce attraverso una forma di risonanza, una sorta di progressivo coinvolgimento.
Gli Archivi Nazionali per complessità, ricchezza e dimensioni ricordano i loro recenti musei di Fuyang e Ninghai, ma nessuno di quei pur affascinanti progetti possiede la raffinatezza e la qualità di questo complesso, né il suo dinamismo: una delle migliori espressioni del lavoro di Amateur Architecture Studio.
Il movimento lungo le linee di confine tra le colline e gli specchi d’acqua unisce i diversi edifici che compongono gli Archivi Nazionali. Nei dipinti di paesaggi della dinastia Song, che gli architetti hanno studiato attentamente, linee come queste sono spesso velate dalla nebbia o da nuvole basse.
Cinque strutture legate da un camminamento creano una piattaforma di osservazione che recupera aspetti formali e materiali dagli edifici agricoli dell’est Europa.
L’imponente edificio lineare culmina con una trave di legno Vierendeel a sbalzo: le scelte strutturali messe in atto mirano a massimizzare la continuità fra interno ed esterno.
Realizzata con una tecnica diffusa nella regione, la residenza circonda un albero di Araucaria minimizzando gli sprechi e sfruttando i materiali di risulta della costruzione.
Le radici della palma juçara sono il punto di partenza del progetto. La residenza minimizza così l’impronta al suolo, mentre la sua sagoma slanciata occupa lo spazio libero appena al di sotto delle chiome degli alberi.
I colori accesi di paesaggi immaginari fanno rivivere il ricordo della terra d’origine dell’artista aborigena. Testimoni silenti delle violenze del colonialismo.
Memoria e tradizione sono elementi ricorrenti nel lavoro del designer siciliano, che parte dall’archetipo rurale per creare oggetti ibridi e contemporane.
Una trave di abete rosso della tradizione alpina è il punto di partenza di una collezione di panche e tavoli che unisce sofisticata semplicità e tecnologia.
Con sguardo socio-antropologico, la designer francese cerca la connessione con la nostra memoria biologica per combattere l’insonnia digitale.
Con Caruso St John, Thomas Demand ha realizzato per Kvadrat un triplo capriccio, dove l’arte sconfina nell’architettura per creare un’esperienza unica.
Mini Break (Show)room è uno dei molti progetti figli di quel cambiamento che la pandemia ha solo accelerato: quello della ricerca di un maggior benessere sul posto di lavoro attraverso ambienti ibridi.
Lo studio britannico De Matos Ryan, fondato nel 1999 da Angus Morrogh- Ryan e Jose Esteves De Matos, si è trovato a fronteggiare su richiesta di una giovane famiglia con bambini, residenti nella zona nordoccidentale di Londra.
Al confine tra performing art, e design emozionale e comunicazionale, Gicquel immagina universi intesi non come luoghi staticamente abitati o occupati da entità oggettuali ben definite e perimetrate, ma come spazi di osmosi e di scambio.
Amateur Architecture Studio, National Archives of Publications and Culture, Hangzhou, China, 2022