Il numero di febbraio di Domus 1065 si concentra sul legame tra la disciplina architettonica e l’arte. Continua il percorso di ricerca iniziato dal nuovo Guest Editor Jean Nouvel, che nel suo secondo Editoriale scrive di come l’architetto abbia come obiettivo quello di offrire piccoli piaceri permanenti. E proprio per questo sostiene che sia urgente “decidere che, per consentire di vivere in modo felice, ogni scelta cruciale sull’evoluzione delle nostre città e dei nostri quartieri venga fatta da architetti poeti, dotati d’empatia e che abbiano fatto propria la convinzione che l’architettura è un’arte che non si vanta di esserlo, che l’architettura è un’arte e ha bisogno di invitare altri artisti”.
Domus 1065 è in edicola, un numero dedicato al legame tra architettura e arte
Il magazine di febbraio si focalizza sull’architetto-poeta, capace di riunire la pratica architettonica all’arte, con una lunga parte dedicata a Junya Ishigami. Sfoglia la gallery per scoprire i contenuti della rivista.
Testo Jean Nouvel. Foto © Charlotte Kruk
Testo Donatien Grau. Foto originariamente pubblicata su Domus 970
Testo Nicola Navone. Foto originariamente pubblicata su Domus 750
Testo Hervé Chandès. Immagine © Junya.Ishigami+Associates
Testo Junya Ishigami. Immagine © Junya.Ishigami+Associates
Testo Junya Ishigami. Foto © Junya.Ishigami+Associates
Testo Junya Ishigami. Foto © Junya.Ishigami+Associates
Testo Junya Ishigami. Immagine © Junya.Ishigami+Associates
Testo Junya Ishigami. Foto © Junya.Ishigami+Associates
Testo Rogers Stirk Harbour + Partners. Foto © James Reeve
Testo Enrico Sassi. Foto Marcelo Villada
Testo Simon Gehring. Foto Ingmar Kurth
Testo Martine Bedin. Foto Masaki Ogawa
Testo GIulia RIcci. Illustrazione Francesco Chiacchio
Testo Francesco Franchi. Foto Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C.
Testo Antonio Armano. Foto Peter Fehrentz
Testo Andrea Bajani. Illustration Francesco Chiacchio
Testo Walter Mariotti. Foto Dario Fusaro / Archivio Grandi Giardini Italiani
Junya.Ishigami+Associatesi, Noël House and Restaurant, Yamaguchi, Giappone. Foto © Satoru Emoto @SARUTO
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- La redazione di Domus
- 07 febbraio 2022
Segue nei Saggi il filologo e responsabile museale Donatien Grau, il quale scrive dell’impatto congiunto della pressione civile imposta agli architetti e della pressione commerciale e sociale imposta agli artisti, che ha condotto a una sorta di separazione tra le due categorie. L’architetto svizzero Nicola Navone ripercorre l’opera del maestro Aurelio Galfetti, scomparso lo scorso dicembre: “la capacità di guardare la realtà senza nostalgie o rimpianti, animato da un lucido ottimismo della volontà, consapevole dei problemi, ma al contempo convinto della possibilità di rimediarvi facendo fino in fondo il proprio mestiere”.
La prima parte della sezione Architettura è dedicata all'opera di Junya Ishigami, e si apre con uno scritto da Hervé Chandès, direttore generale della Fondation Cartier per il quale l’architetto giapponese aveva curato l’esposizione “Freeing Architecture” nel 2018. Nell’occasione Ishigami ha dimostrato la sua capacità d’immaginazione al di là dei confini della scala architettonica, con il tocco sottile di uno spirito quasi naïf. Il primo progetto raccontato è la Casa per la madre, situato nel sito dell’abitazione dei nonni circondato da campi di riso. Segue Casa e ristorante Noël, dove il cliente chiedeva di riunire in un’unica architettura un ristorante e la sua abitazione privata. Il confine tra le due destinazioni non doveva essere netto: la vivacità del ristorante e la quotidianità domestica dovevano incontrarsi in uno spazio solido come una grotta. Ci spostiamo poi in Cina, dove Ishigami ha curato a Shandong un gruppo di tre architettura: Cultural Centre, percorso simile a una passerella che si snoda per un chilometro sopra l’acqua; Chapel of the Valley, un tempio ecumenico situato sul fondo di una piccola gola nel paesaggio; Forest Kindergarten, uno spazio di didattica all’aperto.
Segue poi un ricordo di Richard Rogers, per il quale raccontiamo in questo numero la Drawing Gallery al Luberon Nature Park, una lunga promenade museale nel vuoto limpida: connette gli artisti con la terra e con il cosmo allo stesso tempo. In chiusura della sezione Il Grotto della Roccia di Enrico Sassi, un piccolo edificio dei primi del Novecento incastonato nella roccia all’inizio del sentiero di Gandria, sul lago Ceresio. Nonostante il pessimo stato dell’edificio, in totale stato di abbandono da quasi un secolo, si è optato per un intervento conservativo, che ne mantenesse quanto più possibile l’aspetto originario.
Le pagine della sezione Arte sono dedicate all’installazione The Guardians di Tatiana Trouvé, in mostra alla Bourse de Commerce di Parigi, sculture realizzate in bronzo che diventano nel percorso museale indicatori sia di monumentalità sia di evoluzione: il bronzo si modifica a causa degli agenti atmosferici, senza che per questo le opere si deteriorino.
Per Design, viene presentata la serie di sedie Leftover Synthesis, un’esplorazione del designer Simon Gehring che ha l’obiettivo di trovare una modalità per sfruttare al meglio gli scarti di legno, soprattutto quelli prodotti nel settore dell’arredo, combinandoli tra loro con metodi di progettazione computazionale. L’architetta Martine Bedin – una delle fondatrici del gruppo d’avanguardia Memphis – ricorda il processo progettuale della Seyun chair di Zaha Hadid. “Questa sedia, come pure tutti gli oggetti prodotti da Karimoku, era forse per lei l’espressione di qualcosa di più intimo, il contrario delle sue architetture”.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Punti di vista, dove gli architetti italiani Giacomo Ardesio e Matteo Ghidoni dialogano sul tema degli urban center e del loro ruolo nelle trasformazioni urbane. Per Grafica, Francesco Franchi racconta il ruolo dei graphic designer nel rappresentare la società, e la derivata potenzialità di essere trasformativo e inclusivo, se creato da persone con identità, background e capacità diverse. Antonio Armano narra la doppia vita dell’azienda tedesca Midgard: fondata nel 1919 dall’ingegnere Curt Fischer, e rinata per passione nel 2014-2015 grazie a David Einsiedler e Joke Rasch. Per la rubrica Casa d’altri, lo scrittore Andrea Bajani racconta i suoi soggiorni a Kiel, due brevi periodi, di dieci giorni ciascuno, in quello che descrive come “poco più di uno stanzone, che però aveva tutto per sembrare una casa”. Il tentativo: andare a stanare un romanzo ai confini dell’Europa.
Walter Mariotti, Direttore Editoriale di Domus, chiude il numero scrivendo dell’incontro con Judith Wade, fondatrice della società Grandi Giardini Italiani, arrivata nel 2010 all’internazionalizzazione con Gardens of Switzerland, seguita, nove anni dopo, da Great Gardens of the world.
Nell’editoriale di questo mese Jean Nouvel scrive di come l’architetto sia l’unica figura ad avere come obiettivo quello di offrire piccoli piaceri permanenti con le loro architetture. “È urgente decidere che, per consentire di vivere in modo felice, ogni scelta cruciale sull’evoluzione delle nostre città e dei nostri quartieri venga fatta da architetti poeti, dotati d’empatia”.
L’impatto congiunto della pressione civile imposta agli architetti e della pressione commerciale e sociale imposta agli artisti ha condotto a una specie di separazione. Per Donatien Grau l’architettura e l’arte devono perpetuarsi, completarsi reciprocamente, per fare più bella la vita di ciascuno.
Ripercorriamo l'opera del maestro Aurelio Galfetti: la sua “orgogliosa modestia”, la capacità di guardare la realtà senza nostalgie o rimpianti, animato da un lucido ottimismo della volontà, consapevole dei problemi, ma al contempo convinto della possibilità di rimediarvi “facendo fino in fondo il proprio mestiere”.
Hervé Chandès, direttore generale della Fondation Cartier, racconta l’architettura di Junya Ishigami, esposta durante l’esposizione “Freeing Architecture”. Nell’occasione l’architetto giapponese ha dimostrato la sua capacità d’immaginazione al di là dei confini della scala architettonica, con il tocco sottile di uno spirito quasi naïf.
Il primo progetto raccontato è la casa per la madre dell’architetto giapponese, situato nel sito dell’abitazione dei nonni, in cui ha trascorso i primi anni della sua vita. L’edificio faceva parte di un vecchio villaggio agricolo circondato da campi di riso che si estendevano verso ovest, mentre in lontananza si scorgevano le montagne.
Il cliente chiedeva di riunire in un’unica architettura un ristorante e la sua abitazione privata. Il confine tra le due destinazioni non doveva essere netto: la vivacità del ristorante e la quotidianità domestica dovevano incontrarsi in uno spazio solido come una grotta. Per tradurre questa richiesta in un edificio ha pensato quindi di tornare alle basi del processo costruttivo.
Per questo centro culturale a Shandong, l’acqua penetra nella struttura, sotto i pannelli di vetro che fungono da pareti esterne per creare un sottile corso interno, trasformando il passaggio in una fine striscia di spiaggia che si estende in lontananza.
La Cappella della Valle è un tempio ecumenico situato sul fondo di una piccola gola nel paesaggio nello Shandong. Il progetto sfrutta l’aspra conformazione topografica del terreno e sembra emergere dal crepaccio, enfatizzandone la profondità complessiva di circa 20 m.
Il progetto mira a creare un’architettura che ricorda una foresta, con l’obiettivo di collegare i bambini all’ambiente naturale che li circonda, offrendo loro la possibilità di una didattica all’aperto
e riflettendo, al tempo stesso, la loro visione del mondo. La disposizione degli interni è pianificata il meno possibile per garantire la massima libertà nel gioco e nelle altre attività.
Per ricordare Richard Rogers, raccontiamo in questo numero la Drawing Gallery al Luberon Nature Park, una lunga promenade museale nel vuoto limpida: connette gli artisti con la terra e con il cosmo allo stesso tempo.
Il Grotto della Roccia è un piccolo edificio dei primi del Novecento incastonato nella roccia all’inizio del sentiero di Gandria, sul lago Ceresio. Nonostante il pessimo stato dell’edificio, in totale stato di abbandono da quasi un secolo, si è optato per un intervento conservativo, che ne mantenesse quanto più possibile l’aspetto originario.
La serie di sedie Leftover Synthesis è un’esplorazione che ha l’obiettivo di trovare una modalità per sfruttare al meglio gli scarti di legno, soprattutto quelli prodotti nel settore dell’arredo, combinandoli tra
loro con metodi di progettazione computazionale.
L'architetto Mardine Bedin ricorda il processo progettuale della Seyun chair di Zaha Hadid. “Questa sedia, come pure tutti gli oggetti prodotti da Karimoku, era forse per lei l’espressione di qualcosa di più intimo, il contrario delle sue architetture”.
Che cos’è un urban center e come può contribuire al dibattito sulle trasformazioni urbane? Dalle sue funzioni ai propri spazi, cosa lo rende efficace nel confronto fra attori diversi? Ne discutono Giacomo Ardesio di Fosbury Architecture e Matteo Ghidoni, autori degli urban center del Centro Luigi Pecci di Prato e della Triennale di Milano.
Francesco Franchi ci racconta il ruolo dei graphic designer nel rappresentare la società, e la derivata potenzialità di essere trasformativo e inclusivo, se creato da persone con identità, background e capacità diverse.
La doppia vita dell’azienda tedesca: fondata nel 1919 dall’ingegnere Curt Fischer, e rinata per passione nel 2014-2015 grazie a David Einsiedler e Joke Rasch.
Lo scrittore Andrea Bajani racconta i suoi soggiorni a Kiel, due brevi periodi, di dieci giorni ciascuno, in quello che descrive come “poco più di uno stanzone, che però aveva tutto per sembrare una casa”. Il tentativo: andare a stanare un romanzo ai confini dell’Europa.
Walter Mariotti, Direttore Editoriale di Domus, chiude il numero scrivendo dell’incontro con Judith Wade, fondatrice della società Grandi Giardini Italiani, arrivata nel 2010 all’internazionalizzazione con Gardens of Switzerland, seguita, nove anni dopo, da Great Gardens of the world.