Un invito agli artisti e ai poeti a elaborare migliaia di micromondi migliori.
Un architetto è, a priori, nella posizione peggiore per difendere l’architettura e la sua importanza sociale. Viene immediatamente tacciato di corporativismo, accusato di difendere una professione borghese ed elitaria. Tuttavia, il suo ruolo nella società è più che mai cruciale. La consapevolezza della propria missione, della propria utilità, non viene colta né dai politici né dagli immobiliaristi, né dalle società di ingegneria, né dagli imprenditori che vedono tutti nell’architetto un guastafeste.
Sfortunatamente, anche chi abita appartamenti troppo piccoli, mal costruiti o tristi vede in lui il responsabile di questi disagi. Non si rende conto che proprio l’architetto è l’unica figura ad avere l’obiettivo di offrire piccoli piaceri permanenti e la possibilità di sfruttare una serie di vantaggi: di un quartiere, di una bella vista, di un terrazzo!
L’architettura costituisce l’unica, limitata occasione per recuperare una certa condizione urbana e umana nei nostri quartieri e nelle nostre abitazioni. La sola che voglia pre-vedere sensazioni gradevoli e provocare emozioni familiari, la sola che abbia un approccio olistico dell’abitare e che viva nella coscienza permanente che l’architettura è orgogliosamente locale, sempre locale, mai generale, mai generalizzabile. Ogni luogo è differente. Ogni abitante – donna, uomo, bambino – è unico. È il solo modo per costruire il benessere, il piacere di vivere e di appassionarsi alle nostre differenze sottili e sensibili.
L’architettura costituisce l’unica, limitata occasione per recuperare una certa condizione urbana e umana nei nostri quartieri e nelle nostre abitazioni.
Va detto e ribadito che l’architetto, da lungo tempo, è stato emarginato dalla strategia di sviluppo delle città. Sono i tecnocrati e i funzionari che applicano le norme di segregazione, standard di grandezza e superficie che determinano le densità e le altezze degli edifici e fanno in modo che i progettisti non possano in nessun caso inventare alcunché di umano, di ottimista, di edonistico. Per questo motivo non bisogna mai seguire le orme di chi ha diffuso queste sporche abitudini in giro per il mondo.
Questa architettura internazionale, erede illegittima dello Stile internazionale e del Funzionalismo, è un veleno. È urgente decidere che, per consentire di vivere in modo felice, ogni scelta cruciale sull’evoluzione delle nostre città e dei nostri quartieri venga fatta da architetti poeti, dotati d’empatia – la qualità che consente di identificarsi con qualcuno e di avvertire ciò che egli avverte – e che abbiano fatto propria la convinzione che l’architettura è un’arte che non si vanta di esserlo, che l’architettura è un’arte e ha bisogno di invitare altri artisti.
Ecco perché bisogna abitare nei luoghi dove gli architetti elaborano i loro progetti d’artista o sono essi stessi artisti-architetti. Bisognerà anche ricordare che orami l’architettura si fa con la complicità degli artisti. E se, dunque, smettessimo di separare l’architettura dall’arte?
Immagine in apertura: Richard Rogers Drawing Gallery, Château La Coste, Parco naturale Luberon, Francia, 2020. Foto James Reeve