Le quattro ruote la spider ce l'hanno nel sangue. Devono il nome alle carrozze dell'Ottocento, le Spider appunto, in cui il contrasto tra le grandi ruote e la piccola carrozzeria sospesa le faceva somigliare a dei ragnetti. Nonostante l'origine inglese, quel nome è usato principalmente in Italia. Un termine così pervasivo che anche all'estero le spider sono le auto a due poste scoperte di fabbricazione italiana. Altrove queste vetture vengono definite roadster o spyder, con la ipsilon, ma parliamo sempre di una vettura che non è solo uno status symbol ma anche un sogno, un'aspirazione alla libertà, alla felicità (per usarle c'è bisogno del sole), dell'“aria tra i capelli”. Ed è proprio nell'euforia del dopoguerra, dagli anni '50 in poi, che le spider diventano un punto di riferimento. Nel nostro viaggio partiamo proprio da lì, da quella metà secolo, con la Lancia Aurelia B24 firmata da Pininfarina e immortalata ne Il sorpasso. Nel film di Dino Risi la vettura è una vera e proprio coprotagonista accanto a Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant, dove rappresenta l'Italia del benessere e del miracolo economico, della libertà di muoversi ed esprimersi.
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Le spider del dopoguerra, status symbol del boom economico
La più famosa è quella del Sorpasso, il film di Dino Risi. Ma il mito della decapottabile sportiva superò ben presto i confini italiani, diventando il veicolo simbolo della vita libera dopo la guerra, con alcuni modelli inglesi che sono indimenticabili.
Alfa Romeo 1952 Disco Volante
Usciamo subito dall'ordinario (ma poi vi rientreremo) con un'altra italiana che unisce designed artigianato. Il nome ufficiale di Alfa Romeo 1900 C52 dice poco ma basta aggiungervi il soprannome di Disco Volante per caratterizzarla. Filante e tondeggiante, portava sulle quattro ruote l'immaginario scientifico del tempo, quando gli Ufo stavano conquistando sempre più spazio nell'immaginario collettivo. Potente e veloce, grazie al coefficiente aerodinamico bassissimo (0,25) volava (è proprio il caso di dirlo) fino a 220 km/h.
BMW 507 (1955)
Parla tedesco ma guarda all'America la Bmw 507. Prodotta in Baviera, viene presentata nel 1955 al celebre Waldorf-Astoria di New York e il suo obiettivo è uno: esportare il marchio tedesco oltreoceano. La sua linea molto classica, senza bizze, era pensata per piacere il più possibile: la Bmw al tempo navigava in cattive acque e la 507 era l'asso nella manica per conquistare l'ampia platea Usa e rimettere in sesto le finanze. In realtà non fu così. La 507 fu surcalassata dalle dirette concorrenti Mercedes 190SL e 300SL, più grintose e sportive, però ha avuto un merito: ha conquistato il cuore di Elvis Presley.
Triumph TR3 (1955)
Tra le prime roadster ad apparire sul mercato, la Triumph TR3 (La sigla sta per Triumph Roadster 3) è una superclassica ancora molto ricercata sul mercato. Inglese fino al midollo, nasce nel 1955 e fonde stile e sportività. Vista di profilo sembra una rondine dei dipinti, con la curvatura delle ali formata da muso e coda che va a convergere verso gli sportelli, bassissimi. Il colore d'elezione è il “British Racing Green” e nonostante il sangue britannico sarà un film italiano a consacrarla. È infatti la vettura guidata da Marcello Mastroianni ne La Dolce Vita di Federico Fellini.
Mercedes 300 SL Roadster (1957)
Ed eccola la 300 SL Roadster, l'auto che fece innamorare Europa e Stati Uniti. È lei la capostipite delle SL, le vetture supersportive della stella a tre punte che in quel Sport Leicht (Sport Leggera) celavano la voglia di rinascita di una casa demolita dal dopoguerra e dalle sue limitazioni. Nata per la pista, la 300 SL diventerà un successo grazie alla versione coupé con le portiere ad ali di gabbiano che poi bisserà anche nella variante roadster. A conquistare, oltre alla linea, c'erano le prestazioni, con quei 220 km/h che facevano pensare subito alla pista.
Lotus Seven (1957)
Rigidissima, minimalista, priva di ogni confort. La Lotus Seven è la spider per chi voleva (e vuole, visto che esiste ancora sotto le insegne Caterham) il massimo contatto possibile con l'asfalto. Bassissima e scomoda, era così essenziale da essere venduta in un kit da assemblare a casa come se fosse un Lego. Soprannominata la motocicletta a quattro ruote, pesava miseri 406 chili e offriva un rapporto peso potenza incredibile nonostante il piccolo motore 1.172 cc. Bruciava infatti lo 0-100 Km/h in 6,2 secondi.
Ferrari 250 Testa Rossa (1957)
Ferrari è una delle regine globali delle spider e non è facile scegliere un modello che prevalga sugli altri. La 250 Testa Rossa però ha due merito: è una delle auto ad aver vinto più competizioni e ha una linea fuori dal comune. La carrozzeria barchetta disegnata e costruita a mano in alluminio battuto da Sergio Scaglietti era vincente sulla pista ma conquistava anche il cuore degli amanti del design. Per la sua rarità (ne furono prodotti 34 esemplari) è una delle auto del Cavallino più ricercate dai collezionisti, con un modello che all'asta ha sfiorato i 30 milioni di euro.
Jaguar E-Type Spider (1961)
La versione coupé era per tutti l'auto di Diabolik ma perso il tetto la Jaguar E-Type non perdeva certo fascino. Nata nel 1961, la versione Spider (o OTS, Open Two Seater) lasciava intatte le qualità della sorella, quella miscela di eleganza inglese e grinta fuoriuscita come per magia dalle penne di Malcom Sayer e William Lyons e definita da Enzo Ferrari stesso come “La più bella del mondo”. Dentro è elegante e sportiva con il grande volante in legno a contrasto sul cruscotto in alluminio.
Fiat 124 Sport Spider (1966)
Disegnata da Tom Tjaarda, la Fiat 124 Sport Spider era una versione molto rivista e ancor più corretta di una delle più celebri berline della casa torinese. Uno stile indubbiamente italiano e un prezzo piuttosto abbordabile avevano fatto di questa vettura una sorta di sogno a portata di mano, di spider low cost, nei limiti del possibile, per i rampanti anni del miracolo economico. Vettura longeva, rimase in gamma fino al 1985, recentemente, nel 2016, è stata riproposta dalla Fiat e si vocifera di una nuova versione per il 2023.
Alfa Romeo Spider “Duetto” (1966)
Per gli italiani degli anni '60 la spider era una sola, la Duetto. C'erano le Mg inglesi, certo, le Triumph, le potenti tedesche ma questa Alfa Romeo Spider era considerata il meglio del meglio. Dopotutto è figlia di tre giganti come Bertone, Giugiaro e la Carrozzeria Touring, non poteva certo fallire. Chiamata anche Osso di seppia per via del frontale e dalla coda arrotondati, la Spider è irrotta anche negli Stati Uniti con la sua livrea rosso fiammante. A celebrarla uno dei cult dell'epoca: in molti la ricorderanno, era l'auto guidata da Benjamin (Dustin Hoffman) ne Il laureato.
Alfa Romeo 1952 Disco Volante
Usciamo subito dall'ordinario (ma poi vi rientreremo) con un'altra italiana che unisce designed artigianato. Il nome ufficiale di Alfa Romeo 1900 C52 dice poco ma basta aggiungervi il soprannome di Disco Volante per caratterizzarla. Filante e tondeggiante, portava sulle quattro ruote l'immaginario scientifico del tempo, quando gli Ufo stavano conquistando sempre più spazio nell'immaginario collettivo. Potente e veloce, grazie al coefficiente aerodinamico bassissimo (0,25) volava (è proprio il caso di dirlo) fino a 220 km/h.
BMW 507 (1955)
Parla tedesco ma guarda all'America la Bmw 507. Prodotta in Baviera, viene presentata nel 1955 al celebre Waldorf-Astoria di New York e il suo obiettivo è uno: esportare il marchio tedesco oltreoceano. La sua linea molto classica, senza bizze, era pensata per piacere il più possibile: la Bmw al tempo navigava in cattive acque e la 507 era l'asso nella manica per conquistare l'ampia platea Usa e rimettere in sesto le finanze. In realtà non fu così. La 507 fu surcalassata dalle dirette concorrenti Mercedes 190SL e 300SL, più grintose e sportive, però ha avuto un merito: ha conquistato il cuore di Elvis Presley.
Triumph TR3 (1955)
Tra le prime roadster ad apparire sul mercato, la Triumph TR3 (La sigla sta per Triumph Roadster 3) è una superclassica ancora molto ricercata sul mercato. Inglese fino al midollo, nasce nel 1955 e fonde stile e sportività. Vista di profilo sembra una rondine dei dipinti, con la curvatura delle ali formata da muso e coda che va a convergere verso gli sportelli, bassissimi. Il colore d'elezione è il “British Racing Green” e nonostante il sangue britannico sarà un film italiano a consacrarla. È infatti la vettura guidata da Marcello Mastroianni ne La Dolce Vita di Federico Fellini.
Mercedes 300 SL Roadster (1957)
Ed eccola la 300 SL Roadster, l'auto che fece innamorare Europa e Stati Uniti. È lei la capostipite delle SL, le vetture supersportive della stella a tre punte che in quel Sport Leicht (Sport Leggera) celavano la voglia di rinascita di una casa demolita dal dopoguerra e dalle sue limitazioni. Nata per la pista, la 300 SL diventerà un successo grazie alla versione coupé con le portiere ad ali di gabbiano che poi bisserà anche nella variante roadster. A conquistare, oltre alla linea, c'erano le prestazioni, con quei 220 km/h che facevano pensare subito alla pista.
Lotus Seven (1957)
Rigidissima, minimalista, priva di ogni confort. La Lotus Seven è la spider per chi voleva (e vuole, visto che esiste ancora sotto le insegne Caterham) il massimo contatto possibile con l'asfalto. Bassissima e scomoda, era così essenziale da essere venduta in un kit da assemblare a casa come se fosse un Lego. Soprannominata la motocicletta a quattro ruote, pesava miseri 406 chili e offriva un rapporto peso potenza incredibile nonostante il piccolo motore 1.172 cc. Bruciava infatti lo 0-100 Km/h in 6,2 secondi.
Ferrari 250 Testa Rossa (1957)
Ferrari è una delle regine globali delle spider e non è facile scegliere un modello che prevalga sugli altri. La 250 Testa Rossa però ha due merito: è una delle auto ad aver vinto più competizioni e ha una linea fuori dal comune. La carrozzeria barchetta disegnata e costruita a mano in alluminio battuto da Sergio Scaglietti era vincente sulla pista ma conquistava anche il cuore degli amanti del design. Per la sua rarità (ne furono prodotti 34 esemplari) è una delle auto del Cavallino più ricercate dai collezionisti, con un modello che all'asta ha sfiorato i 30 milioni di euro.
Jaguar E-Type Spider (1961)
La versione coupé era per tutti l'auto di Diabolik ma perso il tetto la Jaguar E-Type non perdeva certo fascino. Nata nel 1961, la versione Spider (o OTS, Open Two Seater) lasciava intatte le qualità della sorella, quella miscela di eleganza inglese e grinta fuoriuscita come per magia dalle penne di Malcom Sayer e William Lyons e definita da Enzo Ferrari stesso come “La più bella del mondo”. Dentro è elegante e sportiva con il grande volante in legno a contrasto sul cruscotto in alluminio.
Fiat 124 Sport Spider (1966)
Disegnata da Tom Tjaarda, la Fiat 124 Sport Spider era una versione molto rivista e ancor più corretta di una delle più celebri berline della casa torinese. Uno stile indubbiamente italiano e un prezzo piuttosto abbordabile avevano fatto di questa vettura una sorta di sogno a portata di mano, di spider low cost, nei limiti del possibile, per i rampanti anni del miracolo economico. Vettura longeva, rimase in gamma fino al 1985, recentemente, nel 2016, è stata riproposta dalla Fiat e si vocifera di una nuova versione per il 2023.
Alfa Romeo Spider “Duetto” (1966)
Per gli italiani degli anni '60 la spider era una sola, la Duetto. C'erano le Mg inglesi, certo, le Triumph, le potenti tedesche ma questa Alfa Romeo Spider era considerata il meglio del meglio. Dopotutto è figlia di tre giganti come Bertone, Giugiaro e la Carrozzeria Touring, non poteva certo fallire. Chiamata anche Osso di seppia per via del frontale e dalla coda arrotondati, la Spider è irrotta anche negli Stati Uniti con la sua livrea rosso fiammante. A celebrarla uno dei cult dell'epoca: in molti la ricorderanno, era l'auto guidata da Benjamin (Dustin Hoffman) ne Il laureato.