Con un annuncio diffuso pubblicamente lo scorso lunedì, Raimundas Malašauskas ha deciso di dimettersi dal ruolo di curatore del Padiglione Russia della 59esima Biennale d’Arte di Venezia. “Non posso andare avanti a lavorare al nostro progetto in seguito all’invasione militare e ai bombardamenti dell’Ucraina da parte della Russia. Questa guerra è politicamente e umanamente intollerabile” scrive nella lettera. Su questa stessa linea, si è unito anche lo studio interdisciplinare 2050+, a capo del Padiglione Russia durante la scorsa Biennale di Architettura: “il nostro progetto Open era basato su idee di dialogo, cooperazione e scambio”.
Pochi giorni prima era arrivata anche notizia da parte del Padiglione Ucraina, i quali affermavano la loro momentanea impossibilità di continuare a lavorare. “Siamo determinati a rappresentare l’Ucraina alla 59a Esposizione d’Arte, ma non tutto dipende da noi. Se la situazione cambia, ed è sicuro continuare il nostro lavoro e viaggiare, saremo a Venezia” firma il team curatoriale composto da Paolo Makov, Lizaveta German, Maira Lanko e Borys Filonenko.
Nel corso della settimana sono poi stati tanti e vari i tentativi da parte di Europa e Stati Uniti e non solo, di chiudersi economicamente e culturalmente alla Russia in solidarietà del recente conflitto che sta mettendo in ginocchio l’Ucraina. Molte le aziende che hanno infatti interrotto i propri rapporti con la Russia, tra di loro Apple, Samsung e il colosso svedese Ikea – che ha deciso di sospendere tutte le attività in Russia e Bielorussia, oltre a tante altre.
Alle sanzioni dell’Occidente – che stanno provocando problemi enormi all’economia russa – si aggiungono anche le adesioni di numerosi studi di architettura, anche numerose archistar, per fermare i cantieri in corso nello stato russo nel tentativo di isolarlo completamente. Il primo a pronunciarsi in materia è stato lo studio olandese MVRDV, il quale ha interrotto i lavori su tutti e cinque i suoi progetti in Russia, compresa la torre Red7 a Mosca. “Come architetti e urbanisti, lavoriamo in molti paesi per fare la differenza e crediamo fermamente nel dialogo internazionale e nella pace”, ha detto lo studio in un comunicato. “Per questo motivo, abbiamo immediatamente interrotto il nostro coinvolgimento in progetti in Russia fino a nuovo avviso”. Lo studio di Rotterdam ha inoltre spiegato come l’invasione abbia causato anche una pausa a i suoi due progetti ucraini, un masterplan urbano e una casa privata a Kiev.
Sono poi seguiti annunci dallo stesso tono da UNStudio, David Chipperfield e Zaha Hadid Architects. “ZHA ha lavorato in Russia per quattro decenni”, ha affermato quest’ultimo in un comunicato. “Zaha Hadid è stata originariamente ispirata dalle opere dell’avanguardia russa e molti dei nostri collaboratori hanno insegnato agli studenti di architettura nelle università del paese”. Anche lo studio danese BIG, nonostante non abbia alcun lavoro all’attivo nel paese, si è espresso sui social in segno di solidarietà.
A Berlino la Neue Nationalgalerie porta la bandiera gialla e blu dell’Ucraina, similmente ai suoi edifici fratelli Hamburger Bahnhof e Alte Nationalgalerie sull’Isola dei Musei. Lo scorso fine settimana l’istituzione ha organizzato una raccolta di fondi a sostegno dei rifugiati ucraini che arrivano in città dopo essere fuggiti dall’invasione russa del loro paese, in collaborazione con gli artisti Anne Imhof e Olafur Eliasson.
Ma questi tentativi di resistenza non arrivano solo dall’esterno. La rivista russa проект россия (tradotto Progetto Russia), ha pubblicato sul proprio sito una lettera aperta di architetti e urbanisti russi dichiarati contrari all’azione militare in Ucraina. “La guerra non può essere uno strumento della politica nel 21° secolo. La guerra svaluta l’essenza stessa dell’architetto e dell’urbanista, indipendentemente dal paese in cui si trova. Viola i diritti delle persone: alla vita, alla sicurezza, all’autorealizzazione, a un ambiente confortevole e sano – tutti quei valori che sono alla base del nostro lavoro”. L’appello collettivo era inoltre correlato da un foglio condiviso firmato da oltre sei mila persone, poi nascosto il 4 marzo in relazione all’introduzione della nuova legge bavaglio approvata – la quale introduce sanzioni per “la diffusione di informazioni false sulle operazioni delle forze russe, il discredito delle forze armate russe e chiede sanzioni anti-russe”.
Altra istituzione centrale al dibattito internazionale dell’architettura, anche il Strelka Institute ha preso la radicale decisione di sospensione di tutti i lavori e programmi a tempo indeterminato. “Fin dalla sua fondazione, il lavoro dell'Istituto si è concentrato sulla ricerca delle città e sullo sviluppo di idee per un futuro planetario” affermano nel loro statement. “Mentre questa missione rimane essenziale, per una conversazione produttiva sul futuro, ci deve essere la pace”.
Strelka Institute for Media, Architecture and Design is putting all work and programs on hold indefinitely.
— Strelka Institute (@strelkaschool) February 28, 2022
We consider it impermissible to carry on business as usual in the present situation while lives in Ukraine are being lost. (1/3)
A Mosca il Garage Museum of Contemporary Art, inaugurato nel 2015 con un progetto firmato OMA, chiude i battenti “fino a quando la tragedia umana e politica che si sta svolgendo in Ucraina non sarà cessata”. Il museo di arte contemporanea nel cuore di Gorky Park sottolinea la drammaticità e l’ingiustizia dell’attacco russo facendo sapere che non possono “sostenere l’illusione della normalità quando si verificano tali eventi. Garage è da sempre un’istituzione internazionale aperta a una pluralità di voci. Siamo categoricamente contrari a tutte le azioni che seminano divisione e creano isolamento. Ci consideriamo parte di un mondo più ampio non diviso dalla guerra”.
Sempre nella capitale, la GES-2 House of Culture chiude in anticipo la mostra “Santa Barbara – A Living Sculpture”, decisione diretta dell’artista islandese Ragnar Kjartansson. Prima mostra ospitata dalla Casa della Cultura progettata da Renzo Piano, l’evento era stato inaugurato lo scorso dicembre e doveva durare fino al 13 marzo. Successivamente la GES-2 House of Culture ha dichiarato che sospenderà tutte le mostre e attività a partire da lunedì 28 febbraio, ma che non chiuderà i battenti. L’istituzione è gestita dall’organizzazione V-A-C Foundation – a capo anche dello spazio alle Zattere a Venezia momentaneamente sospeso – ed è presieduta da Leonid Mikhelson, amministratore delegato di Novatek, il più grande gruppo privato russo del gas. Il museo ha dichiarato di dover restare aperto per “fornire un luogo sicuro in cui le persone possono comunicare, sostenersi a vicenda, esprimere empatia e prendersi una pausa da un ambiente informativo eccessivamente saturo”.
Anche in Italia la vicenda si fa sentire, simbolicamente segnato dalla particolare e discussa decisione da parte dell’Università di Milano Bicocca di annullare un corso in letteratura russa tenuto dallo scrittore Paolo Nori. Con un comunicato pubblico, il presidente della Triennale di Milano Stefano Boeri ha ritirato l’invito al Padiglione Russia alla prossima Esposizione Internazionale, in programma alla Triennale dal 20 maggio al 20 novembre. “Stante l’attuale drammatica situazione in Ucraina causata dalla folle, violenta e ingiustificata aggressività dell’esercito russo” scrive su un post Instagram “è stato ritirato l’invito al Governo russo a partecipare con un proprio padiglione alla prossima Esposizione Internazionale”.
Immagine di apertura: Zaha Hadid, Residential Tower, Mosca, Russia, in corso