In barba al titolo, partiamo con le cose sorprendenti della Xbox Serie S, che ho avuto modo di provare per una quindicina di giorni prima di scrivere questo articolo. Innanzitutto, è sorprendentemente piccola. Ed è decisamente “ben fatta”, o come si direbbe da queste parti, il suo design CMF è curato davvero fino all’ossessione del dettaglio. Seconda cosa sorprendente è sicuramente trovare delle batterie usa e getta nella confezione: Microsoft vuole diventare carbon neutral e non riesce a fare un controller che si ricarica come lo smartphone? Deludente, oltre che sorprendente. Un po’ come il controller, che si è raffinato senza veramente evolversi.
Terza cosa sorprendente è stato il nome, ma questo lo sapevamo già. L’attuale assetto next-gen di Xbox, la generazione di console Microsoft che competerà con le PlayStation 5 di Sony, consiste nelle Xbox Series S e X (quest’ultima più grande e potente), due nomi non troppo dissimili da Xbox One S e One X, ovvero le console della generazione precedente. Nomen omen, perché nei suddetti 15 giorni di prova ho passato più tempo a cercare di capire cosa fosse effettivamente diverso rispetto alla precedente generazione, che a godermi quella nuova. Perché Microsoft ha fatto una console completamente deprivata dell’effetto-wow. Senza sorprese.
Prima di avere la Series S tra le mani, pensavo che avrei raccontato come con le console next-gen riarrangiassero l’esperienza utente attraverso l’interfaccia. Ma ho scoperto con disappunto che non c’è niente da dire, perché al momento la mia vecchia Xbox e la nuova Xbox Series S hanno la medesima interfaccia. Identica, clonata, spiccicata. Tra l’altro non mi ha aiutato il salto dalla precedente “top di gamma”, la One X, lanciata a suo tempo come la console più potente del pianeta, alla nuova entry level, la console di nuova generazione meno potente del pianeta, la Series S, il cui valore sta soprattutto nel costare davvero pochissimo per una console al lancio (300 euro e sei nella next gen), avere un look meno sfigato/nerd della maggior parte delle console ed essere portatile – non portatile nel senso di una Nintendo Switch, che è davvero portatile, ma la Series S è davvero comoda da portare da una stanza all’altra o da una casa all’altra, basta uno zainetto e un tv con attacco HDMI dove allacciarla. Il salto dalla One X alla Serie S è un doppio carpiato, anche perché la prima continua a costare più della seconda, paradossalmente: paghi soprattutto il 4K, mentre la Series S ha una architettura più moderna, che le permette di gestire più velocemente i caricamenti, offrire l’HDR e, sui titoli ottimizzati, raggiungere un migliore numero di fotogrammi per secondo, un aspetto considerato cruciale nel determinare la qualità dell’esperienza di gioco. Per restare in casa Xbox e avere la piena potenza next-gen si deve optare per la “torre” Series X (500 euro).
Matteo Sciutteri, CEO dello studio di sviluppo Runeheads e core trainer di Game Design presso la Digital Bros Game Academy, ammette di essere cautamente scettico rispetto alla nuova generazione di console, almeno al momento, e prevede una sempre maggiore frammentazione nel mercato console, con continui e ravvicinati aggiornamenti hardware. “La potenza di calcolo delle nuove console è interessante perché permetterà di migliorare la resa dei sistemi di gioco come la simulazione fisica e l'intelligenza artificiale nei nuovi prodotti”, spiega Sciutteri, il quale avvisa però che questi elementi necessitano di studio e ricerca e sviluppo. “Nei primi giochi next gen mi aspetto un salto in avanti soprattutto estetico”.
Un salto estetico che nell’ecosistema Microsoft passa anche attraverso lo Smart Delivery, ovvero la possibilità di giocare un certo numero di titoli, sia su Xbox One, sia in maniera ottimizzata su Series X|S, e viceversa. In totale continuità, con tanto di salvataggi di giochi che si sincronizzano come se niente fosse tra vecchie e nuove console. Utile per avere subito una biblioteca di titoli a disposizione, meno utile per dare alla next-gen una sua identità precisa. Del resto, come spiega a Domus Alberto Barbati, sviluppatore di videogiochi e consulente, che alla DGBA è trainer di game programming, le console next sono, dal punto di vista dello sviluppatore, lo stesso hardware della generazione precedente, solo più potente. “Non cambiano i tool e le modalità di lavoro. Il fatto che entrambe le console offrano totale retrocompatibilità è un indice di quanto siano simili”. Per la cronaca le nuove Xbox Series X|S dovrebbero essere compatibili con tutti i titoli Xbox che le hanno precedute. Certo, a chi compra Series S, priva di lettore disco, interesserà fino a un certo punto.
Insomma, non possiamo aspettarci una differenza tra vecchie e nuove console come ai tempi del salto tra Playsation 2 e 3: quest’ultima era circa 37 volte più potente, un salto tra generazioni impossibile oggi. E la pochezza dei giochi in uscita al day one, tutti compatibili tra l’altro anche con le vecchie Xbox One, sicuramente non aiuterà ad amare questa next-gen fin da subito: c’è il trivialissimo Watch Dogs Legion, uno pseudo-cyberpunk in cui hackeri sistemi come in “unisci i tubi”, ambientato in una Londra che corrisponde più o meno a quella che ha in mente chi è ci stato in gita a quindici anni, ai Camden Markets e da Cyberdog; c’è l’ennesimo nuovo Assassin’s Creed, che stavolta pare clonato direttamente dalla serie tv Vikings, un nuovo Tetris (Tetris: Effect Connected), e l’ultima espansione di Destiny 2, che dovrebbe (ancora una volta) rivoluzionare il gioco, ma tanto la patch per le nuove console arriva a dicembre inoltrato. Si salva lo strepitoso Yakuza: Like a Dragon, refresh con una bella spruzzata di elementi “di ruolo” di una serie culto che sembra GTA come lo rifarebbe Takeshi Kitano (e farsi una scazzottata nei vicoli di Tokyo in questi giorni di lockdown non è poca cosa). Divertono le corse di DiRT 5 e resta la suspense per Cyberpunk 2077, posticipato a dicembre. Con tutti che quest’ultimo sarà soprattutto il canto del cigno della generazione precedente. Curiosità anche per l’horror The Medium, in uscita anche lui a dicembre. E poi nel 2021 Microsoft dovrebbe riuscire a mettere finalmente in campo Halo Infinite, o forse con qualche esclusiva della recentemente acquisita Bethesda (anche se pare difficile al momento), e magari cominceremo a vedere cosa sanno fare queste next-gen.
Dall’altra parte della barricata Sony si affida a una strategia consolidata, quella delle esclusive, e già all’uscita di PlayStation 5 sarà disponibile il nuovo sfavillante Spider Man: Miles Morales. Per Xbox invece la vera “killer app” pare essere, almeno al momento, Game Pass, il Netflix dei videogiochi secondo Redmond. Tanto che negli USA, per un tot di soldi al mese ti danno una Xbox Series X|S con Game Pass, o – per come la vedo io – ti danno un Game Pass con una console. Giochi, quelli di Game Pass, che oggi si scaricano, in un futuro prossimo si giocheranno in streaming con xCloud, già oggi in beta test sui Samsung e pochi altri Android. Presto sarà anche su Windows. A quel punto, chi se la vorrà più comprare una console? I designer di Xbox, in una intervista di qualche tempo fa, avevano sottolineato a Domus quanto l’“esperienza premium” per il gaming resta ancora quella delle console. È d’accordo Alberto Barbati, secondo cui il gioco in streaming può creare una nuova nicchia di mercato, soprattutto per alcuni generi non può ancora dare risultati in grado di soddisfare i giocatori più esigenti. E per chiudere, nota come la strategia di Microsoft di uscire con due console così diverse non semplificherà la vita agli sviluppatori: rispetto alla Series X, “la Xbox Series S ha un hardware decisamente meno performante, solo marginalmente più potente dell'attuale generazione. Per lo sviluppatore questo significa un costo maggiore su Xbox perché, di fatto, dovrà sviluppare per due hardware diversi”. Almeno fino al prossimo aggiornamento.