Rylsee, How to Play with Letters, Moleskine Books, 2017.
Come giocare con le lettere
How to Play with Letters, il nuovo volume di Moleskine Books, è dedicato a Rylsee – al secolo Cyril Vouilloz – e al suo universo sorprendente e giocoso di disegni, schizzi, lettere e parole. #fridayreads
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- 14 luglio 2017
Alla scoperta di Cyril Vouilloz, alias Rylsee. Il suo universo è formato da disegni, lettere, parole e le sue creazioni hanno fatto il giro del mondo animando mostre, murales e spettacoli. Artista che ha scelto di cimentarsi con il potente mezzo espressivo del lettering, Rylsee è anche membro del collettivo berlinese Urban Spree. Il nuovo progetto editoriale di Moleskine Books ci trasporta in quella dimensione sorprendente, fantastica e giocosa che è l’arte contemporanea di disegnare lettere. How to Play with Letters è un viaggio alla scoperta di schizzi e disegni che nella loro grezza semplicità ci offrono un filtro sensoriale, ma incisivo attraverso cui riflettere sul mondo di oggi.
“Il digitale mi affascina – spiega Rylsee – ma alla fin fine, non esiste. Lo trovo bello, ma non è reale, fisico”. Rylsee è celebre per i suoi slogan dal design divertente e provocante che sembrano giocare, non senza una sottile punta di caustica ironia, con le comunicazioni telegrafiche e superficiali incoraggiate dalla cultura dello smartphone. Qualche esempio? “What did you NOT do today because of the internet” oppure “Smart phones, stupid people” o ancora “Unpleasant Keyboard Dilsexia since 1985”.
Rylsee non si allontana mai troppo dal suo sketchbook – per lui strumento di lavoro e di espressione creativa indispensabile, quanto preziosa via di fuga dalla noia e l’irrequietezza. Ma, come molte delle cose che fa questo virtuoso dello schizzo difficile da inquadrare, i suoi quaderni di schizzi non sono facilmente classificabili, in quanto rappresentano allo stesso tempo il processo creativo e l’opera compiuta. Come dice lui stesso: “Dovremmo apprezzare di più la volontà di fare delle persone, invece di giudicare solo il prodotto finito. Fatto bene non significa necessariamente interessante.”