Queste idee sono ulteriormente approfondite nelle opere della serie Hub, dove gli spazi di transito, che collegano le stanze, come vestiboli e corridoi, parlano metaforicamente del movimento tra le culture e del confine sempre più sfocato tra pubblico e privato, oltre che riflettere sul passaggio della vita stessa dell’artista. “Vedo la vita come un passaggio, senza inizio o meta fissa”, dice Suh. “Abbiamo la tendenza a concentrarci sulla destinazione per tutto il tempo e dimenticare gli spazi in mezzo. Ma senza questi spazi banali, cui nessuno realmente presta attenzione, senza queste zone grigie, non si può andare dal punto A al punto B”. Il trasloco dell’artista a Londra fornisce una pietra di paragone tematica ed emozionale per la mostra, la sua prima da Victoria Miro. Hub, London Apartment, 2015, una rappresentazione parziale della casa londinese di Suh, è affiancata da altri Hub per creare una dettagliata configurazione attraversabile di nove strutture che occupano i 25 m di lunghezza della Gallery II, Wharf Road. Spostarsi attraverso questi luoghi delicati e precisi, che sembrano senza peso, permette di sperimentare un registro emotivo distinto, un senso di continuo mutamento, attraversando diversi stati d’animo.
Il tema viene esplorato ulteriormente nelle animazioni, in cui le immagini fotografiche di spazi interni provenienti da varie località sono cucite insieme in digitale. Simile all’esperienza di camminare attraverso le strutture di tessuto di Suh, Passage/s, 2015, rappresenta un viaggio attraverso un corridoio apparentemente senza fine. In The Pram Project, 2015, l’artista, accompagnato dalle figlie, esplora le strade della Corea del Sud e attorno alla sua casa di Londra. Il trasferimento di Suh a Londra circa cinque anni fa, ha coinciso con la nascita della sua prima figlia. Collegando tre videocamere GoPro al passeggino, il film riesce a catturare un luogo appena scoperto da tre diversi punti di vista, mentre i rumori della strada e le conversazioni tra padre e figlie, in inglese e coreano, segnalare l’attraversamento di confini culturali e geografici. Il lavoro di Suh deriva sempre dalla misurazione dello spazio e dei processi, razionale e istintivo, che gli consentono di collegarsi con l’ambiente circostante. Recentemente, Suh ha portato a termine una grande opera, Rubbing/Loving Project, realizzato nel corso degli ultimi tre anni nel suo primo appartamento newyorkese del 1997. Creato rivestendo di carta ogni superficie degli interni e colorando la superficie con matite e pastelli, l’opera racconta i ricordi associati al luogo.
Avere lasciato permanentemente la sua residenza di New York dopo vent’anni, ha anche ispirato una nuova serie di lightbox. Realizzata in tessuto bianco, la serie Exit, 2016 – piccoli impianti domestici e accessori come lampadine, maniglie delle porte e citofoni – appaiono spettrali, come la pelle di un rettile dopo la muta. La mostra presenta anche un nuovo processo, messo a punto nel corso di una residenza presso la STPI – Creative Workshop & Gallery di Singapore, in cui pezzi architettonici firmati da Suh sono compressi fino a diventare ‘disegni’ bidimensionali. Utilizzando fogli di gelatina, i lavori sono cuciti come i pezzi di tessuto delle architetture di Suh. Una volta immersa in acqua, tuttavia, la gelatina si scioglie, fondendosi con la carta per lasciare un’immagine in cui i fili vengono visualizzati come una struttura scheletrica contro la forma colorata dell’oggetto. Altamente viscerali, queste opere tracciano un parallelo tra lo spazio architettonico, l’abbigliamento e il corpo, rendendo esplicita la fascinazione di Suh per gli spazi interconnessi che abitiamo, pur continuando la sua indagine tra i confini porosi dell’identità.
fino al 18 marzo 2017
Do Ho Suh: Passage/s
Victoria Miro
16 Wharf Road, Londra