La mostra “Thomas Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo” è la prima mai dedicata in Europa al grande palladianista americano.
Costruire un mondo nuovo
L’allestimento di Alessandro Scandurra esplora il mondo del palladianista americano Thomas Jefferson, fatto di collezioni d’arte, progetti di architettura, sogni e contraddizioni.
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- 28 settembre 2015
- Vicenza
L’allestimento della mostra, progettato da Alessandro Scandurra, condurrà il visitatore nel mondo di Jefferson, le sue collezioni d’arte, i suoi progetti di architettura, i suoi sogni ma anche le sue contraddizioni: attraverso disegni, sculture, libri preziosi, modelli di architetture, video e multimedia. Un gioco di riflessioni di forme e di idee tradotto da Scandurra con uno specchi – dove si riflettono il busto di Palladio e quello di Thomas Jefferson – che ci accoglie all’ingresso.
In mostra sono esposte anche 36 fotografie di Filippo Romano, frutto di una campagna fotografica appositamente realizzata in Virginia nella primavera del 2014. Sono presenti inoltre i tre preziosi bozzetti originali di Antonio Canova per la statua di George Washington commissionata dallo stesso Thomas Jefferson.
Prima ancora che una mostra di architettura è la mostra su un uomo, convinto che l’architettura potesse migliorare il mondo intorno a sé. Cominciò a studiarla dai libri, poi la visitò durante un lungo soggiorno in Europa, come ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi. Costruì due ville per se stesso e molte altre per i propri amici. Con il progetto per il Campidoglio della città di Richmond stabilì le forme degli edifici del potere civile americano. Negli ultimi anni di vita, con la sede dell’Università della Virginia creò il prototipo del campus universitario: un’architettura aperta, con le aule in padiglioni isolati che si affacciano, insieme alle residenze degli studenti, su un prato verde, coronato dalla monumentale biblioteca in forma di Pantheon. Un’idea di comunità e insieme la visione che sia la cultura il terreno su cui costruire i nuovi Stati Uniti d’America.
Per Jefferson Palladio era “the Bible”. Chiamò la propria villa Monticello perché nei Quattro Libri aveva letto (in italiano) che la Rotonda sorgeva su “un monticello”. Palladio per Jefferson era colui che aveva saputo tradurre la grande architettura romana antica per gli usi del mondo moderno. E soprattutto Palladio aveva creato “la villa”, la residenza dei gentiluomini (veneti, inglesi o americani) che curavano i propri interessi in campagna, crescendo sani nella natura e coltivando il proprio spirito con la lettura dei classici. Ma, a differenza dei committenti di Palladio e dei suoi epigoni britannici, i proprietari americani per coltivare le loro terre si servivano degli schiavi. Lo stesso Jefferson ne possedeva un centinaio. Erano privilegi solo per bianchi i tre diritti che Jefferson aveva riconosciuto fondamentali della Dichiarazione d’Indipendenza: vita, libertà e “ricerca della felicità”.
La mostra, a cura di Guido Beltramini e Fulvio Lenzo, è parte di un progetto comune costruito con il Canadian Centre for Architecture di Montreal, che nell’ottobre 2014 ha ospitato il progetto fotografico “Found in Translation: Palladio-Jefferson. A narrative by Filippo Romano”.
fino al 28 marzo 2016
Thomas Jefferson e Palladio
Come costruire un mondo nuovo
a cura di Guido Beltramini e Fulvio Lenzo
allestimento di Alesssandro Scandurra
un progetto di Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio
in collaborazione con: Fondazione Canova, Stiftung Bibliothek Werner Oechslin
Palladio Museum
Palazzo Barbarano
Contra' Porti, 11, Vicenza