Sin dalla prima fotografia, l’architettura ha dimostrato di essere un soggetto importante per i fotografi.
Costruire mondi
“Constructing Worlds”, al Barbican Centre, guarda oltre la capacità della fotografia di documentare il mondo costruito ed esplora il potere di questo mezzo nel raccontare la società.
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- 29 ottobre 2014
- Londra
La mostra raccoglie oltre 250 opere dei 18 migliori fotografi dal 1930 ad oggi, che hanno cambiato il nostro modo di vedere l’architettura e di pensare il mondo in cui viviamo.
“Constructing Worlds” conduce il visitatore in un viaggio tra l’architettura del XX e XXI secolo, con le fotografie rivoluzionarie di Berenice Abbott che documentano la nascita del grattacielo a New York; le sottili evocazioni della modernità nel progetto di Chandigarh di Le Corbusier, fotografato da Lucien Hervé; lo stile di vita lussuoso delle immagini di Julius Shulman sulle residenze californiane; la natura mobile del Museo Ebraico di Daniel Libeskind visto dalla fotografa londinese Hélène Binet; la recente crescita urbanistica cinese registrata da Nadav Kander e gli effetti devastanti della guerra in Afghanistan nelle immagini struggenti di Simon Norfolk.
Organizzata sia in ordine cronologico che tematico, la mostra si apre con il progetto di Berenice Abbott Changing New York (1935-1939) che racconta la trasformazione di New York in una metropoli modernista, puntando il suo obiettivo sui drammatici cambiamenti in corso, con i grattacieli che sostituivano i più vecchi edifici bassi. Nello stesso periodo a Walker Evans era stato commissionato dalla Farm Security Administration di fotografare l’architettura vernacolare del profondo sud, per testimoniare le conseguenze negative della modernità. Al contrario, le fotografie di Julius Shulman del programma Case Study Houses (1945-1966) catturano l’architettura sperimentale e l’ideale dello stile di vita moderno nella California degli anni Cinquanta. Le Corbusier comprende rapidamente il potere della fotografia per comunicare l’essenza della sua visione architettonica, che si esprimeva perfettamente nella documentazione cinematografica di Lucien Hervé per Chandigarh – simbolo modernista di un’India da poco indipendente.
Riflettendo sull’eredità dello stile obiettivo e documentaristico del lavoro di Walker Evans sull’architettura vernacolare, che ha influenzato una generazione di fotografi negli Stati Uniti e in Europa nel corso degli anni Sessanta e Settanta, la mostra passa a considerare le opere di Ed Ruscha, Bernd and Hilla Becher, Stephen Shore e Thomas Struth.
Combinando il paesaggio urbano di Los Angeles con il vernacolo, i libri fotografici di Ruscha Some Los Angeles Apartments (1965) e Thirtyfour Parking Lots (1967) comunicano una particolare esperienza urbana, mentre la decomposizione del paesaggio industriale europeo è al centro del ricco archivio di Bernd e Hilla Becher di archetipi industriali. Le esplosive fotografie a colori di Stephen Shore di Uncommon Places (1973-1979) e Greetings from Amarillo, “Tall in Texas” (1971) e le scene di strada di Unconscious Places di Thomas Struth fanno riferimento all’approccio documentaristicodi Evans, mentre riflettono sulla ripetizione e la banalità che la modernità può incitare.
Considerare le interpretazioni date dai fotografi degli architetti e degli edifici emblematici del tempo moderno è il focus di una sezione della mostra che riflette sul rapporto simbiotico tra la fotografia e il soggetto architettonico.
Fornendo livelli narrativi e aggiungendo significati accessori allo spazio fisico, queste fotografie offrono un modo per capire le intenzioni degli architetti in relazione alla realtà vissuta, come nella risposta lirica di Luigi Ghirri all’architettura di Aldo Rossi; gli studi di Hélène Binet dei frammenti del Museo Ebraico di Daniel Libeskind a Berlino; le fotografie volutamente sfocate di Hiroshi Sugimoto di icone dell’architettura del XX secolo; l’esplorazione di Luisa Lambri della realtà di abitare e di vivere uno stile di vita modernista nella moderna architettura domestica; e la risposta all’impersonalità delle singole opere di architettura nelle monumentali fotografie di Andreas Gursky.
“Constructing Worlds” culmina con l’esplorazione delle città che stanno vivendo cambiamenti drammatici, dove l’esperienza contemporanea del costruito urbano viene convogliata attraverso la denuncia di Guy Tillim delle strutture coloniali dell’epoca modernista in Angola, Congo e Mozambico, nella serie Avenue Patrice Lumumba (2008); le serie di Simon Norfolk Chronotopia (2001) e Burke + Norfolk (2010) mostrano come le cicatrici del passato si rivelano nel presente architettonico; la documentazione di Bas Princen della trasformazione urbana in Medio Oriente in Refuge, Five Cities (2009); il ritratto di Nadav Kander dell’impatto della costruzione moderna; e la serie Torre David di Iwan Baan, che cattura un esempio contemporaneo di usurpazione, adattamento e riutilizzo di un’architettura.
fino all’11 gennaio 2015
Constructing Worlds
Photography and Architecture in the Modern Age
a cura di Alona Pardo e Elias Redstone
allestimento di Office KGDVS
Barbican Art Gallery
Barbican Centre
Silk St, London