Siamo in una ex officina automobilistica del quartiere Pigneto a Roma, temporaneamente spazio espositivo e centro di produzione per molteplici forme di cultura contemporanea, dalle arti visive alla performance, secondo il programma RELOAD. Prototipo di intervento culturale urbano, diretto da Gian Maria Tosatti. Un tunnel lungo 50 metri ospita con cadenza settimanale la ricerca di alcuni curatori di arte contemporanea selezionati da Tosatti.
Invitata ad offrire una proposta curatoriale in questa project room d'eccezione, Emilia Giorgi ha coinvolto due giovani studi di architettura italiani, 2A+P/A e Salottobuono, per intervenire nello spazio con un'installazione capace di richiamare in scala ridotta le valenze, i segnali e le linee guida del loro approccio all'architettura, si tratti di un edificio o di interi brani di città.
Riti planetari ne è il risultato. Una conversazione tra la curatrice e gli studi invitati ne chiarisce gli intenti.
Riti planetari
Nel tunnel delle ex officine automobilistiche 2A+P/A e Salottobuono rappresentano in scala ridotta il loro approccio all'architettura.
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- Emilia Giorgi
- 23 febbraio 2011
- Roma
Emilia Giorgi: Percorrendo il tunnel per la prima volta, la preoccupazione iniziale è quella di stabilire un rapporto con il luogo ospitante, certamente non facile. In che modo Riti planetari si fa interprete dello spazio?
2A+P/A: L'installazione nasce dalle caratteristiche spaziali del tunnel, dalle sue dimensioni. La sezione del tunnel, circa 3 x 5 metri, è stata suddivisa attraverso un reticolo geometrico. Questo reticolo è diventato il dispositivo con cui agire nello spazio, una griglia tridimensionale, bianca, regolare, profonda 1 metro, da attraversare.
Lungo il tunnel, che si sviluppa per circa 50 metri, cinque di questi reticoli, differenti l'uno dall'altro, dividono lo spazio; una sequenza di sezioni che diventano tappe obbligate di un percorso. L'idea è quella di dar vita, attraverso una successione di portali, a una lenta processione, dove i visitatori saranno gli attori principali.
Salottobuono: La dimensione pubblica delle città e le cerimonie collettive che in queste si svolgono sono nostri temi di ricerca ricorrenti. Lo spazio del tunnel, eccezionale nelle sue dimensioni e condizioni rispetto alla tipologia comune delle sale espositive, ci è sembrato offrire le condizioni ottimali per sperimentare e ospitare un'installazione che non si riducesse all'esposizione di modelli o disegni in scala, ma che permettesse un'interazione allo stesso tempo personale e collettiva dei visitatori.
Per consentire al visitatore di carpire lo spirito che anima la ricerca degli architetti rappresentati, la progettazione e realizzazione di un piccolo esempio di architettura o l'interpretazione del contesto espositivo è particolarmente efficace. Riti planetari come riflette il vostro approccio all'architettura? Quali possono essere i momenti di incontro tra un'installazione, per sua natura temporanea, e la progettazione architettonica?
2A+P/A: Divide lo spazio, lo organizza secondo una nuova logica, crea dei limiti fisici quindi, anche se trasforma il luogo solo temporaneamente, possiamo considerarla un'architettura.
Interpreta il luogo, e instaura un dialogo con chi lo abiterà. Questi aspetti sono vicini al nostro modo di progettare. Questo lavoro può rappresentare un rito di iniziazione alla nostra architettura.
Salottobuono Le città italiane, Roma e Venezia ne sono un esempio lampante, sono sempre state il palcoscenico di cerimonie (religiose, ludiche, politiche) che seguono precisi protocolli, che interagiscono a volte in modo anche violento con il "corpo urbano". Esse sono ospitate in palazzi di rappresentanza, in piazze pubbliche, e a volte si servono di architetture effimere. Questa condizione di temporaneità è insita nella pratica di cerimoniali millenari o contemporanei, e nella progettazione degli spazi collettivi a questi dedicati.
Lungo il tunnel delle ex officine avete creato un percorso segnato da una serie di oggetti con cui il pubblico deve interagire, dal momento in cui entra nello spazio e lo vive. Qual è la vostra idea di spazio pubblico? In che modo gli architetti possono contribuire a una possibile ri-definizione della città e delle modalità in cui può essere vissuta dai suoi abitanti?
2A+P/A: Abbiamo lavorato molto sul tema dello spazio pubblico, un tema molto delicato in questo momento dove le forze economiche capaci di trasformare i luoghi in cui abitiamo sono prevalentemente private. Oggi è necessario elaborare strategie alternative di sviluppo urbano che non prevedano obbligatoriamente l'inesorabile consumo di suolo naturale. Strategie che prevedano ipotesi di densificazione, progetti di riuso e rigenerazione urbana, e se necessario demolizione.
Per progettare spazi pubblici bisogna capire cosa questi luoghi significano e cosa potrebbero significare per la comunità che li abita. Per questa ragione è interessante capire come le persone utilizzano i luoghi che hai progettato, osservare quanto le tue scelte le condizionano nella quotidianità.
Salottobuono: Stiamo assistendo ad una progressiva sterilizzazione ed igienizzazione degli spazi pubblici. Sistemi di controllo impalpabili, nugoli di dispositivi di sorveglianza, barriere fisiche deterrenti stanno via via erodendo il campo d'azione e delle possibilità dei cittadini. A questo si aggiungono norme e comportamenti indotti che insinuano una sorta di pudore verso luoghi pubblici che storicamente sono stati teatro di pratiche che oggi molti considererebbero sorprendentemente violente, inadatte o provocatorie. L'architettura può mettere in evidenza queste considerazioni e processi, riconoscere e suggerire nuove forme di uso delle città, fino a progettare cerimonie sconosciute o spazi ad esse consoni.
Sono numerosi i momenti di collaborazione tra 2A+P/A e Salottobuono. Cito il progetto per il Taipei Music Center (2009, con Stefano Boeri) o il magazine San Rocco, ad esempio. Quali sono i punti comuni delle vostre ricerche e come confluiscono in questo progetto espositivo?
2A+P/A: Collaborare con Salottobuono è sempre un'esperienza importante, perché ci permette di osservare un modo molto originale di fare e intendere l'architettura.
L'aspetto più stimolante delle collaborazioni è la possibilità di osservare dall'interno i processi logici che portano alla definizione di un'idea. In questo senso le esperienze con Salottobuono sono significative. Abbiamo sicuramente numerosi riferimenti comuni, ma i risultati sono spesso molto diversi e questo è un ulteriore elemento di interesse.
L'aspetto che più ci accomuna è forse lo spirito con cui riflettiamo sul ruolo dell'architetto oggi.
Salottobuono: Le forme di produzione ed i modi di trasmissione della conoscenza sono un aspetto della nostra professione che prendiamo seriamente in considerazione. Questo si riflette nel modo in cui i nostri studi comunicano il loro lavoro: testi, manifesti, disegni misurabili, viste evocative, sono in primo luogo rivolti a rendere quanto più trasmissibile e aperto al confronto il nostro pensiero. I nostri progetti di architettura comuni, le nostre iniziative editoriali e le installazioni stesse diventano così occasioni sempre nuove di discussione, acceso scambio di idee e temporanea sintesi.
Entrambi vi siete confrontati, più o meno apertamente, con alcune linee di ricerca dell'Architettura Radicale. La stessa installazione Riti planetari ne richiama le atmosfere, a partire dalla scelta del titolo. Quali aspetti di quella stagione dell'architettura italiana ritenete ancora attuali o fonte di ispirazione? Oggi, uno studio di architettura come può riferirsi a quell'esperienza?
2A+P/A: Il periodo radicale per noi è stato una scoperta straordinaria. Eravamo ancora studenti, agli ultimi anni di università, quando iniziammo a sfogliare le pagine della Casabella di Mendini, leggendo le note radicali di Andrea Branzi.
È stata una stagione molto complessa che non ha prodotto un corpo omogeneo e coerente, né un linguaggio unitario. Si tratta piuttosto di un fenomeno frammentato segnato da direzioni diverse, spesso contraddittorie. Il movimento radicale italiano in particolare è legato al dibattito politico ed è forse questo l'aspetto più importante.
È stato un movimento capace di produrre un modello interpretativo del futuro alternativo.
Di quel periodo storico rimane la forte spinta visionaria, con l'obbiettivo di produrre utopie conoscitive piuttosto che propositive. L'eredità più importante è forse quella di una critica lucida e spietata alla società contemporanea che attraverso il progetto ha portato alle estreme conseguenze le dinamiche economiche e politiche che stavano modificando la società stessa.
Oggi crediamo sia molto interessante ripartire da alcune di quelle esperienze e verificare a quali risultati possa portare.
Salottobuono: L'esperienza dell'Architettura Radicale in Italia è per noi di fondamentale importanza. Troviamo in quel fertile decennio di sperimentazione architettonica a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta temi di ricerca, proposte progettuali e istanze ancora oggi attuali e cruciali. La radicalità in cui riconosciamo un grande potenziale ancora non totalmente esplorato è tanto quella del linguaggio architettonico e degli strumenti comunicativi quanto, in particolare, la centralità e universalità dei temi di ricerca. Un esempio su tutti, il progetto di Superstudio sui cinque atti fondamentali - Vita, Educazione, Cerimonia, Amore, Morte - sviluppato per la mostra "Italy: The New Domestic Landscape" al MoMA e pubblicato su Casabella.
L'esperienza dell'Architettura Radicale non è solo rilevante per la nostra pratica professionale, ma diventa anche imprescindibile fonte di riferimento per le nostre esperienze di insegnamento all'università.
Riti planetari è una caleidoscopica narrazione urbana.
2A+P/A e Salottobuono, pur dedicandosi a linee di ricerca indipendenti, hanno spesso trovato importanti occasioni di confronto. Non solo nella pratica architettonica, ma anche per iniziative editoriali o istallazioni artistiche – di cui questa per Reload è un efficace esempio – in cui il dialogo e le discussioni conducono a nuove ipotesi di condotta, sperimentabili poi nella scala urbana.
L'installazione sarà visitabile fino al 26 febbraio. In occasione della mostra, sabato 26 febbraio alle ore 12, Officine Farneto Creative Factory (via dei Monti della Farnesina 77, Roma), presenta un talk con interventi di 2A+P/A, Salottobuono e Gian Piero Frassinelli, componente dello storico gruppo di architetti radicali Superstudio. Sarà l'occasione per ragionare sull'attualità della ricerca dei radicali italiani, attraverso la testimonianza di uno dei suoi protagonisti in aperto dialogo con due giovani studi di architettura che con quelle esperienze si sono più volte confrontati. Introduce Emilia Giorgi, modera Domitilla Dardi.