Gabriele Di Matteo da molti anni nutre il proprio lavoro
prendendo a prestito la storia dell’arte. Si tratta di
un’operazione altamente concettuale sulla pittura che
tradizionalmente incarna l’unicità dell’opera e dell’autore.
L’idea dell’autore, l’Artista, ha origine nel rinascimento e
attraversa i secoli come un’onda lunga che si è tramutata
oggi nell’artista-star di matrice hollywodiana. E allora Di
Matteo smonta proprio questo meccanismo e lo fa, naturalmente, da pittore. La mostra Jackson Pollock.
Une vie, éléments et documents in corso fino al 14
aprile alla galleria Federico Luger a Milano è dedicata al
padre dell’astrattismo americano, ma di Pollock ci racconta
a partire dal catalogo della mostra che si tenne al Centre
Pompidou a Parigi nel 1982. Ed proprio questa scelta a
svelare il lato emotivo della pittura di Di Matteo (Torre del
Greco 1957). L’allora giovanissimo artista vide per la
prima volta l’opera di Pollock e l’esperienza lasciò il segno,
da quel momento la sua visione dell’arte cambia
radicalmente e si apre ad altri orizzonti. Quel catalogo
conservato e riguardato molte volte ha generato una
settantina di dipinti che di Pollock ci dicono soltanto la
biografia attraverso le fotografie, riprodotte ciascuna in
almeno tre esemplari in bianco e nero insieme ad un
copista, complice di fatto di tutta la riflessione. E quando
nelle fotografie compaiono i quadri di Pollock vengono
cancellati con dei bianchi che rendono rarefatte le pitture:
la nudità della luce, quasi a dire una sorta di assoluto,
quello di Pollock e quello di Di Matteo, è il punto di contatto
tra i due.
Ma il lavoro non si esaurisce in questo discorso sul mezzo
pittorico. Il video My Time- Ma peinture ne vient pas du
chevalet, registra in tempo reale, 17h 50’’30’, la creazione di uno dei dipinti sul cavalletto e chiude con grande ironia negli ultimi pochi secondi. Altra parte del lavoro un’edizione d’artista che riprende lo stesso concetto di oscuramento dei dipinti nel catalogo e che è stata prodotta
con attenzione filologica alle carte, al formato, alla
dimensione del catalogo originale. Simona Bordone
Fotografie: Antonio Maniscalco
Courtesy Galleria Federico Luger, MIlano
Pollock lascia il segno
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- Simona Bordone
- 16 marzo 2009