I nove, straordinari, autori di #domus1000 presentano se stessi con un autoritratto di poche parole, che ne “condensa” gusti e attitudini in cinque punti: un’architettura, un oggetto di design, un’opera d’arte, un libro e una città. A interpretarne le sembianze è, invece, la colorata sintesi grafica dell’illustratore Massimo Giacon.
Vittorio Magnago Lampugnani
Il Pantheon, l’Annunciata di Antonello da Messina e L’uomo senza qualità di Musil. Aspettando #domus1000, ecco le scelte di Vittorio Magnago Lampugnani, direttore di Domus dal 1992 al 1996.
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- 02 marzo 2016
- Milano
Succeduto nella direzione della rivista a Mario Bellini, di cui era stato vicedirettore, Vittorio Magnago Lampugnani (nato a Roma il 5 marzo 1951, sotto il segno dei Pesci) garantisce una continuità della linea editoriale e stabilisce contemporaneamente un radicamento ancora più forte ai temi del progetto. Con un perfetto à plomb, in parte dovuto alla sua formazione italo-tedesca, che gli fa affermare con un pizzico d’ironia “non c’è urgenza che non possa aspettare”, riesce a mediare senza scomporsi afflati e attriti della vita redazionale, affidandosi alle sue capacità di sintesi e decisione rapida. Anche i numerosi rapporti con i rappresentanti del mondo della cultura internazionale, che arricchiscono il panorama della rivista, sono coltivati con modi riservati e affabili, ma con atteggiamento fermo, sostenuto dalla disinvolta padronanza di quattro lingue. Figura di riferimento centrale è l’amico grafico Alan Fletcher, che gli garantisce una generosa collaborazione, firmando la prima copertina nel gennaio 1992 e divenendo creative director a partire dal 1994.
Un’architettura – Il Pantheon. Perché segna, per me, l’inizio dell’Architettura con la A maiuscola, una sintesi perfetta tra l’arte della costruzione e l’arte dello spazio. La sua compiutezza (la sua bellezza) è albertianamente intoccabile e immodificabile: nemmeno Bernini è riuscito ad aggiungervi qualcosa di significativo, tanto è vero che i suoi ridicoli campanilini sono stati presto rimossi. E poi c’è il bel gesto di Adriano, che fa ricostruire l’edificio due volte distrutto e rinuncia alla propria firma per dedicarlo ad Agrippa, sotto il cui consolato venne eretto il primo Pantheon.
Un oggetto di design – Il mio vecchio tavolo da tinello in legno con le gambe tornite che uso come scrivania. Perché chi l’ha disegnato (non so chi sia, ma ovviamente qualcuno l’ha disegnato) non ha cercato di fare un tavolo strano, particolare e forse neanche bello, ma semplicemente un tavolo: rifacendosi a una lunghissima tradizione che non ha né pensato di ignorare né tentato di contraddire.
Un’opera d’arte – L’Annunciata di Antonello da Messina, quella esposta a Palermo a palazzo Abatellis, perché non ha nemmeno l’aureola, eppure è indubbiamente Maria. E perché è di una bellezza tranquilla e sconvolgente al tempo stesso, l’incanto femminile fatto persona, dipinta con una maestria che non ha uguali.
Un libro – Questa è forse la domanda più cattiva, perché dover scegliere un libro tra tanti è ancora più difficile che non scegliere un’architettura, o un oggetto di design, o un’opera d’arte, o una città. Ma se proprio devo, scelgo L’uomo senza qualità di Robert Musil. Perché non ha un vero inizio e comunque non ha una fine, perché si può leggere a pezzi, trasversalmente e dal retro in avanti; perché Musil osserva e scrive con una precisione inesorabile apparentemente lieve e mai asettica: la precisione che mi piacerebbe avessero i miei progetti e che mi riesce tanto difficile.
Una città – Roma, naturalmente. Perché è la città dove sono nato e cresciuto, seppure in una diaspora milanese; perché è la città architettonicamente (ma non solo architettonicamente) più densa e complessa che io conosca, dove ogni giorno si può scoprire qualcosa che non si è visto mai prima; perché è la città più bella del mondo.
© riproduzione riservata
Vittorio Magnago Lampugnani
Domus: 1992–1996
Art director: Alan Fletcher
Vicedirettore: Nicola Di Battista
Inviato speciale: Pierre Restany