Riunioni di redazione allargate, ospiti spesso tanto importanti quanto inattesi e un susseguirsi di eventi ambiziosi scandiscono la direzione di Stefano Boeri, nato a Milano il 25 novembre 1956, Sagittario ascendente Sagittario. In tandem con l’amico architetto Mario Piazza – che per lui è ben più di un grafico –, il progettista del Bosco verticale è l’unico direttore capace di ‘occupare’ lo stadio di San Siro con happening e performance per una notte intera, di attirare migliaia di persone a un concerto in un’ex cartiera poco prima che sia demolita, e di bandire un concorso mondiale per ridisegnare la torre-simbolo di Pyongyang. Lo affianca un’estesa e mutevole rete di collaboratori internazionali. Impegnato, visionario e inafferrabile, allarga i confini delle abituali discipline della rivista. Nella sua Domus troviamo non più solo architettura, design e arte, ma anche “informazione”, leggi: geopolitica, tematiche sociali, letture alternative di edifici, città e territorio.
Un’architettura – Il Salk Institute for Biological Studies progettato nel 1965 da Louis Kahn sul promontorio di La Jolla, in California, affacciato sull’Oceano Pacifico. Ci sono stato nel 1975 (avevo 17 anni) e salendo lungo le gradonate centrali, circondate dai dipartimenti e dai laboratori di ricerca, ho capito che la potenza dell’oceano e l’energia dell’intelligenza collettiva erano diventate architettura. Da allora non l’ho più lasciata.
Un oggetto di design – Il “Serpentone”, un divano in schiuma poliuretanica con una sezione lamellare disegnato da mia madre Cini Boeri per Arflex, nel 1971. L’idea, semplice e potente, di un “divano infinito” da tagliare e comprare a seconda delle esigenze e dei desideri dell’utente. L’utopia realizzabile di un’estetica democratica.
Un’opera d’arte – Nel 1982 Joseph Beuys accumulò davanti al Museo Federiciano di Kassel un triangolo formato da 7.000 pietre di basalto. Ognuna di quelle pietre doveva servire a piantare un albero. Chiunque, versando una somma di denaro, poteva “adottare” una di quelle settemila pietre; la somma ricavata sarebbe servita a piantare una quercia. Così, giorno dopo giorno, il mucchio di pietre andò riducendosi fino a scomparire, e settemila nuove querce, con alla base una di quelle pietre di basalto, comparvero nei viali, nelle piazze, nei cortili della città di Kassel. Un’opera struggente di metamorfosi urbana.
Un libro – Nel 1957 Italo Calvino scrive una fiaba bellissima, quella di Cosimo Piovasco di Rondò, un piccolo Barone che una sera del 1767 a Ombrosa, una cittadina del Ponente Ligure, decide – a 12 anni – di abbandonare il suolo per andare a vivere sugli alberi il resto della sua vita. Il Barone Rampante è un punto fermo nell’immaginario della mia adolescenza; a lui devo la fascinazione per i boschi di ulivi e lecci che lambiscono le coste del Mediterraneo e il loro sottobosco di ginepro, mirto, elicriso. Al piccolo Barone di Ombrosa, devo forse anche il gusto per l’ostinazione nelle scelte radicali e irreversibili.
Stefano Boeri
Domus: 2004–2007
Direttore creativo: Mario Piazza
Inviato speciale: Hans Ulrich Obrist