Protagonista un paio di Fuorisalone fa con una stanza-paesaggio tratteggiata a mano, Gupica, alias dietro cui si nasconde l’identità artistica - e lo studio - di Gunilla Zamboni, torna quest’anno con un altro progetto totale di decorazione per interni. L’installazione-progetto, con cui fa impallidire le ambizioni scenografiche delle carte da parati, si chiama Camera con vista. E rappresenta il lancio della collezione Grand Tour - Viaggio in Italia, racconto di luce, realizzata con le tessere di vetro più piccole al mondo del marchio Mutaforma, le Tilla. L’effetto extra di questa collaborazione sta nell’avere intensificato le qualità vibranti del vetro stratificato, rendendolo una tela su cui grazie alla luce la paesaggistica tipica dei viaggiatori del Gran Tour tra Settecento e Ottocento si trasforma in qualcosa di tangibile. Percorsa da un’atmosfera viva e mutevole che annulla i contorni degli alberi, della campagna, dei resti - integri o diroccati - delle architetture. Una sorta di variazione artistica-industriale della augmented reality, la tecnologica che arricchisce la percezione sensoriale della realtà mediante informazioni non percepibili all’occhio.
Com’è nata la collaborazione con il brand Mutaforma? Li conoscevi già?
È nata tramite Martina Gamboni, che mi ha presentato Andrea Radice, CEO e co-fondatore di Mutaforma in occasione della serata di apertura al Nilufar Depot, in cui l’anno scorso ho esposto due mie realizzazioni. Quando un po’ di tempo prima Martina mi mostrò dei campioni realizzati dall’azienda, subito mi vennero in mente diversi modi per potere utilizzare questo prodotto. Impiegandolo sia nel campo dell’oggetto d’arredo sia come rivestimento tout court.
Cosa hai imparato dal vetro?
Direi più che altro cosa ho imparato da questo vetro in particolare: e cioè che nella sua natura innovativa non è uguale agli altri, ma si tratta di una vera novità nella tecnica del mosaico:; un vetro stratificato su cui sono applicate delle particelle nanometriche che attraverso una propria composizione chimico-fisica ne caratterizzano lucentezza e qualità del colore. Ho imparato a come farlo reagire, dandogli una nota ulteriore fredda con i metalli o i marmi, oppure una calda con i legni o i tessuti. Tutto dipende da quello che si deve creare.
Che difficoltà hai incontrato dalla carta alla definizione industriale del progetto?
Non ci sono state “vere” difficoltà, se non capire come l’azienda produce il prodotto. E poi riflettere su quello che si può apportare di diverso valorizzando l’enorme potenziale di questo materiale innovativo. La collezione è stata costruita a piccoli passi: alcune idee sono state abbandonate, altre aggiunte in base a ciò che poteva essere compatibile con l’aspetto tecnologico interno alla realtà produttiva di Mutaforma. Tutto è avvenuto confrontandomi con il team attraverso prove campionatura e prototipi. Volevo che la collezione avesse dei motivi comprensibili sia singolarmente che nella loro totalità, di modo che quando messi insieme potessero coesistere ed essere capiti da un mercato non solo europeo. Spero di esserci riuscita. Ho avuto la fortuna di essere assistita da progettisti efficienti e di talento, con cui c’è stata un’immediata comprensione e sinergia.
Di quali e quante mete si comporrebbe il tuo Gran Tour ideale?
Trattandosi di un prodotto Made in Italy, rivolto però anche ad un mercato internazionale, ho voluto parlare di un tema riconosciuto anche fuori dai nostri confini. Un viaggio che ha lo scopo di nobilitare gli animi e che ha come meta prediletta il nostro belpaese: il Grand Tour. Le dimensioni ridotte di questo prodotto mi hanno fatto pensare che all’epoca il micro mosaico era utilizzato per realizzare piccoli souvenir di viaggio: vedute italiane che lo straniero poteva portare con sé di ritorno in patria. Aumentando la scala, ho realizzato paesaggi e composizioni di geometrie variabili.
Il mio Grand Tour non ha mete precise, vuole essere semplicemente una suggestione, immaginando quello che lo sguardo di un viaggiatore del sette-ottocento poteva percepire o registrare in terra italiana. Per concepire i motivi mi sono ispirata ai mosaici di Ravenna, alcuni dei quali hanno chiari influssi bizantini. C’è anche la mia città, Bologna, nell’ispirazione delle rose che ornano la facciata in bugnato di pietra arenaria del portico del Palazzo del Podestà, voluto a metà del 1400 da Giovanni II Bentivoglio. Ad un’occhiata disattenda la facciata sembra raffigurare rose tutte uguali, ma una volta vicini sono una diversa dall’altra. E questo si ritrova anche in un motivo della collezione.
Il tuo linguaggio è economico nei mezzi di espressione e ricco di stratificazioni culturali, qual è la tua idea di lusso contemporaneo?
Spesso il termine viene associato all’opulenza o alla quantità. E quindi a qualcosa che secondo me devia dal suo vero significato. Credo che il lusso risieda più che altro nel sapere dosare con equilibrio. Un principio che può essere esteso a tutto, anche alla vita delle persone. Perché è una condizione che porta a sentirsi più illuminati, a padroneggiare le difficoltà, ma per arrivarci il percorso è tortuoso. Ma credo che dopo ogni fatica estrema alla fine ci sia sempre la gioia della grazia, che secondo me rappresenta il concetto ideale di lusso.
- Designer:
- Gupica – Gunilla Zamboni
- Progetto:
- Camera con vista
- Produttore:
- Mutaforma
- Date di apertura:
- 17-22 Aprile 2018
- Luogo:
- Casa Tilla
- Indirizzo:
- via Aminto Caretto 6