Diciassette anni sono un arco di tempo cruciale, una traiettoria esistenziale per qualsiasi persona: figuriamoci per una personalità creativa. Nel caso di Martino Gamper, designer italiano di stanza a Londra con un piede nel mondo dell’alto collezionismo e uno nell’industria dell’arredo, questo periodo è segnato da due mostre: una del 2007, “100 Chairs for 100 Days”, ormai considerata un caposaldo, e l’altra, “Before, After & Beyond” (a cura di Martino Gamper e Sarah Douglas), certamente un punto di arrivo, allestita nella residenza londinese di Maja Hoffmann, fondatrice di Luma Arles.
“Non amo esporre nei white cube”, ci racconta Martino Gamper motivando le ragioni che lo hanno spinto a investire gli spazi di questa casa settecentesca nella zona di Marylebone per ricreare a tutti gli effetti una dimora abitata e abitabile, in cui il visitatore è invitato ad acclimatarsi e soffermarsi nella successione di stanze – una stanza per il gioco delle carte, uno studio, un salotto e una stanza da letto – quasi abbandonandosi ad un temporaneo sentimento di casa.
L’assemblaggio, l’innesto sono le cifre care a Gamper, che prendono forma anche in questa casa: il remix, non più di componenti di sedie diverse, com’era il caso dell’inventivo readymade delle 100 Chairs, ma di un più ampio panorama di pezzi di serie limitata, prototipi, sperimentazioni, objets trouvés, oggetti industriali per la grande serie, integrati in un linguaggio personale ed armonioso.
Questa residenzialità immersiva potrebbe già di per sé costituire un motivo di distinzione: oltre che nei white cube, le mostre di design vengono spesso allestite in luoghi altri o terzi, ma raramente ricostruiscono un senso di domesticità reale e compiuto. Eppure, l’interesse per questa casa totale, dove la personalità del designer si infonde da cima a fondo, va oltre quest’ovvia constatazione.
Ad uno sguardo più attento, però, il remix compie un ulteriore passo laterale, e arriva a rompere la singolarità autoriale tipica del designer-autore. Gamper, come ha sempre fatto, ricerca un dialogo vivo con i grandi maestri del passato attraverso meccanismi di rilettura e appropriazione. È il caso di Gio Ponti, con il quale Gamper si era già interfacciato sempre nel 2007 con Gio Ponti Translated by Martino Gamper, una collezione di mobili per la galleria milanese Nilufar ottenuti scorporando e riconfigurando gli originari arredi pontiani dell’hotel Parco dei Principi di Sorrento. È il caso, ancora oggi, di nuove riappropriazioni, questa volte ottenute dal lavoro su pezzi di Franco Albini e Paolo Buffa.
La possibilità di navigare questo processo di assimilazione dimostra un’idea importante: l’intervento da bricoleur su opere altrui, se opportunamente maneggiato, può rappresentare un’occasione per intonare una voce spiccatamente personale, piuttosto che per appiattirsi su registri del passato. Che è un po’ quello che Gamper compie in questo caso: scegliendo un linguaggio individuale, investito dall’uso del colore e di pattern ottici, e riuscendo allo stesso tempo a cancellare le diverse vite degli oggetti, a favore di una sintesi compiuta.
- Mostra:
- Martino Gamper: Before, After and Beyond
- Curata da:
- Martino Gamper e Sarah Douglas
- Dove:
- 11 Mansfield Street, Londra
- Date:
- dal 7 al 26 ottobre 2024