Questo articolo è stato pubblicato precedentemente su Domus 1092.
“Nei mobili di Breuer troviamo dunque tutti gli elementi dell’arredamento moderno nella loro forma essenziale e originale, in ciò sta il loro interesse e valore grandissimo. Queste forme potranno forse un giorno essere superate, ma rappresenteranno sempre un essenziale apporto all’evoluzione del gusto”.
Con queste parole, il critico Agnoldomenico Pica descriveva ai lettori di Domus “Il carattere dell’opera di Marcel Breuer” (Domus 86, febbraio 1935). L’architetto ungherese (Pécs 1902 - New York 1981), prima allievo e poi docente nella Bauhaus della Repubblica di Weimar, accanto ai colleghi Gropius, Kandinsky, Klee e Albers è infatti uno dei più acuti sperimentatori di forme e materiali nell’ambito del design industriale.
Proprio nei laboratori di falegnameria della scuola, negli anni Venti del Novecento, Breuer mette a punto quei mobili in tubolari di acciaio piegato, ispirati dal manubrio della bicicletta sui cui pedalava, che segneranno uno spartiacque nella storia del design. Fra questi, la model B3, una poltrona in tubi lasciati a vista, dove il sedile, lo schienale e i braccioli sono ottenuti da bande di Eisengarn, un tessuto robusto, trattato con cera e paraffina, teso e cucito tra i componenti della struttura metallica.
Una seduta essenziale, realizzata con materiali industriali; tubi economici, lucidi, dalle inedite potenzialità espressive, che taglia l’ambiente e lo illumina con i riflessi cromati, aprendo gli interni a una nuova modernità. Il disegno d’archivio della tubular chair, del 1958, realizzato nel suo studio newyorchese sulla 57ma strada, racconta la storia del passaggio di Breuer oltreoceano − fuggito prima dalla Germania e poi dall’Europa con l’avvento del Nazismo, come molti suoi colleghi − e anche dell’interesse di Dino Gavina, acuto imprenditore bolognese, a rimettere ostinatamente in produzione la poltroncina pensata negli anni della Bauhaus.
Sul foglio, a matita su carta, sono indicate le quote, gli spessori, i punti di saldatura dell’acciaio, la modalità con cui le bande di tessuto vengono cucite e tenute insieme, grazie a viti e bulloni. Nel catalogo Gavina, la poltroncina si chiamerà Wassily, in onore di Kandinsky, il grande maestro e collega del Bauhaus che, all’epoca, aveva acquistato uno dei primi esemplari della sedia per il suo studio.
Il successo è immediato, e anche quando nel 1968 il gruppo Knoll acquisisce l’azienda italiana, la sedute di Breuer verranno non solo conservate, ma prodotte e apprezzate sino a diventare uno dei prodotti più identificativi. Come scriveva Pica su Domus, i mobili d’acciaio piegato di Breuer, essenziali e versatili, avevano aperto nuove strade e dato un “nuovo aspetto alla vita moderna”. Quest’anno, la struttura è proposta anche nelle colorazioni Bianco, Onice e Rosso scuro, con cui l’azienda celebra alcuni storici mobili del Bauhaus che ha sempre orgogliosamente mantenuto in catalogo.