A distanza di cinquant’anni dalla scomparsa di uno dei grandi protagonisti della grafica italiana del dopoguerra, il cui lavoro ha segnato un’epoca di fervida creatività nella pubblicità e nella realizzazione di manifesti, l’opera di Ilio Negri viene presentata alla Big - Biennale Internazionale Grafica a Milano questo fine maggio. "No alla civiltà se questa è civiltà", curata da Luca Negri, celebra il contributo di Ilio Negri alla grafica sociale attraverso una serie completa di 13 poster, in mostra manifesti originali, stampati si carta fotografica. Questi, prodotti nel 1970, affrontano temi di grande rilevanza ancora oggi, e vengono esposti cinquant’anni dopo la loro prima presentazione alla Biennale di Rimini.
Ed è così che deve fare il grafico […]: dare forma ad un contenuto, cioè comunicare un messaggio, il quale sarà tanto più riuscito e penetrante nella misura in cui la forma, interpreta e accompagna lo spirito del suo diverso contenuto.
Ilio Negri
Nato nel 1926 a Milano, Negri si avvicina al disegno grafico grazie all’esperienza vissuta da bambino nel laboratorio di tipografia del padre, la Arti Grafiche Negri. Nel 1944, dopo la prematura scomparsa del padre e del fratello, si dedica interamente alla tipografia di famiglia di via Brera 5. Il suo pensiero geometrico, ispirato dalle forme visive di quadrati, triangoli e cerchi, nasce da questa esperienza fondamentale, che Negri ritorna spesso a ricordare con affetto.
Pino Tovaglia, grafico e accademico italiano nonché collega di Negri, lo definì il “geologo della grafica” data la sua accurata ricerca appassionata e metodica. Il suo pensiero geometrico è calibrato, studiato nei minimi dettagli, frutto di un’elaborazione quasi filosofica, al contrario di quello dell’amico Giulio Confalonieri, più istintivo e dedito alla pittura. Dalla collaborazione con Confalonieri, iniziata nel 1956, nascono i progetti grafici per grandi brand come Pirelli, Cassina, Boffi, le copertine di Domus e Stile Industria e la grafica per i libri della casa editrice Lerici. Il gruppo si amplia coinvolgendo Pino Tovaglia e Michele Provinciali conosciuti alla scuola Umanitaria di Milano dove tengono corsi tecnico-artistici (si chiamano gruppo Cnpt). Lo studio si scioglie nel 1965 e Negri prosegue autonomamente realizzando l’identità visiva di numerosi marchi quali Autobianchi, Recordati, Giuliani, De Cardenas, Troncon.
Il progetto grafico è, per Negri, creare interazioni fra due esperienze sensoriali diverse: la prima è legata alla comunicazione e quindi al processo temporale in cui si svolge, la seconda è la visione, il segno, la composizione che decifra e riporta quello che percepiamo in quell’istante. “Ed è così,” osserva Negri, “che deve fare il grafico […]: dare forma ad un contenuto, cioè comunicare un messaggio, il quale sarà tanto più riuscito e penetrante nella misura in cui la forma, interpreta e accompagna lo spirito del suo diverso contenuto.” Ma se il pensiero grafico di Negri è quello di creare interazioni e di comunicare un cambiamento di comportamento nell’approccio ad un prodotto, dallo sviluppo di questo avvicinamento ne consegue un auspicato cambiamento della società. È quindi una naturale maturazione del suo pensiero che lo porta a impegnarsi nella comunicazione sociale.
Lo spunto per sviluppare la sua ricerca in questo ambito trova ispirazione nella partecipazione alla mostra di Rimini del 1970 intitolata “Aggressività e violenza dell’uomo nei confronti dell’ambiente” per la quale Negri realizza 13 manifesti intitolati “No alla civiltà se questa è civiltà”. In questi manifesti Negri mette in pratica le sue doti di creativo, fotografo, scrittore e comunicatore, dando luce a composizioni efficaci e pungenti. Le opere riportano le fotografie di sua figlia, Silvia Negri Firman, di soli 4 anni davanti al logo “NO”. Mentre gioca nel giardino di casa, la bambina mima il significato delle parole che sono di denuncia premonitrice della devastazione apportata dall’uomo nei confronti della natura. “Mio padre era un uomo eccezionale, dalla mente visionaria e moderna. Lavorava seguendo un approccio rinascimentale, occupandosi di ogni aspetto del suo lavoro, dall’ideazione alla realizzazione pratica e amava coinvolgere tutti noi nei suoi progetti, me compresa.
Un esempio è proprio "No alla Civiltà, se questa è Civiltà”. Un lavoro estivo, realizzato nel giardino della nostra casa di montagna con me modella più o meno consapevolmente che cercavo di interpretare le diverse situazioni rappresentate nei manifesti, mentre mia madre costumista d’eccezione confezionava abiti con ciò che avevamo in casa e con oggetti recuperati. Avevo appena quattro anni, sì, ma ero animata di curiosità viva, quasi quanto quella dei passanti che si domandavano cosa diamine stesse facendo Ilio Negri in giardino,” racconta Silvia Negri Firman.
La tecnica utilizzata da Negri nei manifesti richiama quella della Poesia Visiva degli anni Settanta in Italia, ma in questo caso la razionalità dell’approccio grafico rende più comunicativo il messaggio. Le parole e i paragrafi di Negri non trasmettono un messaggio implicito; piuttosto, in modo sprezzante, raccontano e affermano, sempre nel tempo presente, ciò che ci uccide: l’ignoranza, il rumore, l’incoscienza, l’aria. Temi importanti. Oltre cinquant'anni dopo, i manifesti sintetici ma allo stesso tempo caleidoscopici di Negri rimangono attuali e profetici. I temi sono sempre e purtroppo ancora quelli attuali. Queste composizioni, che hanno efficacemente comunicato un momento storico, sono diventate senza tempo. I 13 poster di Ilio Negri rappresentano uno slogan oltre tempo che ci racconta da dove veniamo, chi siamo e verso dove ci dirigiamo - "No alla Civiltà, se questa è Civiltà".
Immagine di apertura: Ilio Negri