Design della felicità: progetti che vogliono solo renderti felice

Oltre che uno strumento di benessere, il design può essere prima di tutto una opportunità per raggiungere la felicità attraverso il diritto all’immaginazione.

L’idea che il design sia orientato a massimizzare il benessere dovrebbe mettere – o almeno così crediamo – tutti d’accordo. Che si tratti di soddisfare un bisogno attraverso un oggetto, o che si tratti di farlo in maniera più efficiente, più ergonomica, più armoniosa o più in linea coi tempi, il design si è sempre messo al servizio delle esigenze dell’uomo, sia attraverso sforzi di anticipazione capaci di visionarietà che di accelerazione consumistica.

Il rapporto del design con la felicità, che del benessere è parente stretta, è certamente più sfuggente. Il compito di realizzare un oggetto felice può apparire arduo, o almeno difficile da inquadrare e definire. Cosa dovrebbe fare, del resto, il design della felicità? Rispondere ad un desiderio? Assecondare una virtù? Promuovere il gioco? Incoraggiare l’ottimismo? O, seguendo le neuroscienze, soddisfare gli impulsi dei nostri ormoni, come accade con le scariche di dopamina – l’ormone del piacere – che ci procurano i like sulle interfacce dei nostri social media?

Eppure, qualcosa si muove negli ultimi anni. Il design sembra infatti guardare alla felicità in maniera più convinta. Lo fa in maniera diretta, con oggetti, ricerche, riflessioni, mostre, sia quando la felicità diventa un esplicito dominio di ricerca – si pensi al caso di Stefan Sagmaister – o quando, con sempre maggiore frequenza, la sfera del progetto si occupa – scherzosamente ma non troppo – di disegnare una schiera nutrita di attrezzi del piacere sessuale, i sex toys.

Lo fa migliorando il nostro ambiente urbano, puntando sul colore come strumento in grado di ravvivarci e creare comunità. O ricordandoci l’importanza del movimento per sprigionare le energie del corpo, viatico di gioia e appagamento. In un tempo di aspirazione alla felicità resa manifesta dalle nuove generazioni e dal dibattito pubblico – pensiamo alla proposta di revisione della Costituzione italiana per inserire un diritto alla felicità – il design saprà sviluppare un suo Gross National Happiness Index? Accontentiamoci, almeno per il momento, che riesca a sollecitare gli impulsi della nostra immaginazione: un contributo più che apprezzabile per compiere felicemente il suo ruolo.

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