In una Milano che assomiglia sempre più a Londra, almeno per il suo desiderio di convertirsi ai circoli esclusivi, c’è un club che fa dell’inclusione il suo punto di forza: è Lynk & Co, in corso Venezia 6, seconda apertura italiana, dopo Roma, dell’impresa visionaria di Alain Visser.
Visser, che in curriculum ha diversi passaggi tra i giganti dell’automotive, ha cambiato vita quando ha deciso di rivoluzionare, a modo suo, la mobilità. Con Lynk & Co – joint venture tra la cinese Geely e la svedese Volvo – ha immaginato un mondo in cui le auto sono a disposizione di chi le usa ma non è interessato a intestarsi la proprietà del mezzo. Le vetture a disposizione si rifanno a un unico modello: la 01, una plug-in Hybrid derivata dalla Volvo XC40, disponibile in due colori, nero o blu. La prima è comparsa su strada ad aprile 2021 in sette Paesi europei: nei primi mesi ne sono state consegnate 7.500, ma il piano di espansione prevede di distribuirne 100 mila all'anno entro il 2025.
Per trovare il suo pubblico, Visser ha due sistemi: la piattaforma online in cui presenta i propri servizi da provider (oltre al noleggio sono previsti lo sharing e l’acquisto) e i club dove è possibile toccare con mano la 01 (per esempio a Berlino). Salotto, concept store, caffè, crocevia di eventi, luogo di incontro per smart worker: a Milano l’ambiente, in parte lasciato volutamente “al grezzo”, in parte in modalità Stanley Kubrick, include anche spazi più privati.
Uno di questi è la stanza dei tarocchi: lo studio di design New Order Arkitektur di Göteborg l’ha voluta così in omaggio a un mazzo di carte molto speciali. Conservato alla Pinacoteca di Brera, risale al Quattrocento e si chiama Sola Busca, come i suoi proprietari – la marchesa Busca e il conte Sola. È lì che Alain Visser siede e che confessa: “Per la prima volta faccio qualcosa che amo”. E cioè, immaginare città in cui c’è spazio per muoversi e pensare.
A questo proposito Lynk & Co ha commissionato una ricerca a Ipsos: l’obiettivo era indagare i desideri di chi vive a Londra, Parigi, Berlino, Roma, Madrid, Amsterdam, Stoccolma e Bruxelles. Per dire: solo a Stoccolma sono presenti 550.000 metri quadrati di parcheggi permanenti, l’equivalente di 77 campi da calcio. A Roma quasi un intervistato su due sarebbe felice se quei parcheggi venissero trasformati in librerie, musei e luoghi d’arte.
Eppure in Italia il parco auto è ancora in crescita: a fine 2021 è stata raggiunta la quota record di quasi 40 milioni di vetture (fonte ACI). La macchina è ancora considerata un bene irrinunciabile, la prima scelta per gli spostamenti casa/lavoro. Come spesso accade, una dichiarazione di intenti non esclude comportamenti opposti: vorremmo le strade libere, perché i nostri mezzi possano muoversi con maggiore agilità.
“Il club di Roma, in Via del Corso, è stato il primo a non avere un’auto al suo interno: un tentativo di andare controcorrente, di superare una volta per tutte il concetto di showroom per puntare piuttosto a uno stile di vita”, spiega Visser. “È stato un esperimento, ma abbiamo capito che le persone hanno ancora bisogno del contatto con l’oggetto-macchina, perciò stiamo pensando a come e dove collocarne una”.
Ogni volta che si pensa a una nuova piazza, dice il Ceo, si cerca “una soluzione con un diverso effetto sorpresa”. E ancora: “Mi chiedevano: cosa succede se entrano solo per prendere un caffè e sedersi sul divano con il laptop? Ma sarebbe perfetto, rispondevo io. Il punto è sentirsi in linea con il marchio: questo non è un negozio dove compri una macchina o firmi un contratto – sono pratiche che facciamo on line – ma la prova fisica di quello che siamo. Per conoscere un brand devi farne esperienza: con tutti i cinque sensi”.
Ha funzionato: “All’inizio c’erano due mercati in cui, sulla carta, non avremmo mai avuto successo: l’Italia e la Germania. In Italia perché l’automobile è uno status symbol, la rappresentazione della libertà. In Germania perché l’attenzione alla tecnologia del prodotto viene prima di tutto. Risultato: l’Italia è il nostro secondo mercato e la Germania è il terzo”.
Con base a Göteborg, in Svezia, Lynk & Co ha conquistato soprattutto gli olandesi, ma ha insegnato qualcosa di imprevedibile: “Ho imparato che quando c’è un mainstream esiste anche una corrente contraria ugualmente potente. Gli italiani hanno amato l’aspetto sovversivo della nostra proposta: dopotutto, questo è il Paese dello stile e del design, quindi essere accettati in questo mondo è un complimento”. E aggiunge: “Non solo: gli italiani sono anche i primi utenti del nostro sito web, malgrado l’assenza di campagne marketing per attirarli al prodotto”.
“Cercare di essere cool a tutti i costi non è affatto cool”, ripete spesso l’imprenditore alla sua squadra. “Cerchiamo piuttosto di essere autentici e di divertirci”. In ogni club – i prossimi in Italia saranno a Torino e Napoli – lo svago è garantito dalla programmazione di eventi. A Milano, città della moda e del design, la concorrenza è spietata in partenza. “Milano è una piazza unica: saranno gli stilisti e i designer con cui collaboriamo ad aiutarci a interpretarla”.
Appassionato allo stile nelle sue mille sfumature, il quartiere di Brera è il campo giochi di Vissier, dove cerca i marchi che non conosce. Quelli che propone all’interno di corso Venezia 6 sono italiani, ma non solo, annovera anche i brand Got Bag, HAAN, Nortvi, Jajsa Cramer, Swaggin Tails, New Mags, Veloretti, Krilldesign Ohmie, WAO, TRIWA, Nicas Concept e Piece with Artist: “Hanno in comune la sostenibilità, e hanno tutte una storia da raccontare: dalla coppia che durante la pandemia ha creato una linea di giochi plastic free per i cani, ai designer che producono lampade usando gli scarti delle arance”, spiega sollevano un bicchiere realizzato dal riciclo delle bottiglie. Usa una penna fatta con ciò che resta del sequestro di armi illegali e dice: “Il valore aggiunto? Offrire una vetrina a chi, altrimenti, non avrebbe la possibilità di farsi conoscere”.
Alain Visser sa che anche i contorni hanno una loro funzione. “Ho lavorato tutta la vita in un’industria che cerca di piacere a tutti – i colori, i generi, i gusti. Crede che non esprimere opinioni chiare, soprattutto in politica, sia la miglior difesa dagli inconvenienti”. Con Lynk & Co, spiega, si è tolto lo sfizio di prendere una posizione. “Ho fatto delle scelte: motivate ma precise”, precisa.
La pagina di ricerca del personale per Woven City, la città che Toyota vuole realizzare alla base del monte Fuji, dove i ricercatori lavoreranno su progetti di guida autonoma, robotica e mobilità personale, è fitta di annunci. Con la crisi energetica di quest’anno, e le spese in salita perpendicolare, la domanda sarà se è ancora il caso possedere una macchina. “Giusto: perciò il nostro sistema è più che flessibile. A volte è questione di costruire una mentalità: Lynk & Co copre un mercato di nicchia, ma ha la potenzialità di coprire il 70% del mercato. E questo, oggi, mi basta”.