Tiny houses, 20 arredi per l’abitare minimo dal 1929 a oggi

Cucine a scomparsa, letti contenitore e oggetti polifunzionali. Una selezione di arredi adatti ai piccoli appartamenti, dai grandi culti ai progetti più contemporanei.

Nel 1929 a Francoforte si tenne il secondo Congresso internazionale di architettura moderna dal titolo manifesto Existenzminimum. Ossia l’Abitazione per il livello minimo di esistenza. I temi affrontati furono fondamentalmente due: il carattere normativo, con la creazione di standard di vivibilità strettamente collegati alle necessità dell’individuo fruitore di quegli spazi; quello progettuale, riesaminando gli elementi fisici di un’abitazione, come la distribuzione degli ambienti interni e una pianificazione più efficiente.

La città tedesca, grazie all’energico impulso di Ernst May, stava realizzando in quegli anni un imponente programma di costruzione di abitazioni popolari. Proprio negli alloggi compare la celebre Cucina di Francoforte, progettata da Margarete Schütte-Lihotzky. Costruita per 10.000 unità, si consolidò velocemente come un progetto efficiente e a basso costo: un allestimento razionale in cui tutte le normali mansioni di una casalinga vengono svolte in attuazione di un preciso programma ergonomico precedentemente indagato.

Margarete Schütte-Lihotzky, Cucina di Francoforte, 1926. Foto originariamente pubblicata su Domus 1047, 2020

Il Movimento Moderno contribuì poi nella sua storia a numerosi altri esempi di cellula abitativa minima, citando l’esempio forse più personale e intimo di Le Cabanon, disegnato da Le Corbusier nella cornice di Roquebrune-Cap-Martin in Costa Azzurra. In Italia, invece, fu Franco Albini a mettere in mostra durante la VI Triennale l’abitare moderno. La Stanza per un uomo si propone qui come un piccolo ambiente dimostrativo, uno spazio unitario, organizzato sulla maglia del modulo minimo 60x60cm.

La positività tecnologica degli anni ’70 porterà invece alle derive radicali di Joe Colombo e Ettore Sottsass: visioni che partono dalla decostruzione dello spazio domestico in unità autosufficienti equipaggiate di tutte le nuove comodità. Una narrazione che sarà poi ironicamente scimmiottata dell’iconica sequenza de Il ragazzo di campagna, dove Renato Pozzetto nei panni di Artemio, un contadino trasferitosi a Milano in cerca di fortuna. “Purtroppo i pezzati più piccoli sono già stati presi”, afferma il protagonista presentando il monolocale di ultima generazione incastonato in un residence asettico e dotato di cucina a scomparsa, tavolo ribaltabile e sedie rotanti.

Il monolocale di Artemio. Il ragazzo di Campagna, Castellano e Pipolo, interpretato da Renato Pozzetto, 1984

Oggi il tema dell’abitare minimo è ormai rientrato nel panorama mainstream. Complice l’impronta ecologica del vivere, ma anche – e soprattutto – il costo del metro quadro costantemente in crescita nelle capitali internazionali, sono sempre di più i designer che si cimentano nel tema. Tra arredi iconici, domotica e nuove sfide estetiche, presentiamo nella gallery venti arredi pensate per l’abitare minimo.

Immagine in apertura: Letto Cabriolet Bed, Joe Cesare Colomb

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