ADI Design Museum: a Milano il design raddoppia

Il nuovo museo del design legato alla collezione del Compasso d’Oro ha aperto i battenti alla città con l’ambizione di diventare anche un punto di riferimento internazionale.

Ha aperto “col botto” il secondo museo dedicato al design che la città di Milano aspettava da tempo. È stato lungo il percorso che ha portato all’apertura, anni di cantiere sia reale sia metaforico perché un museo è un oggetto e un’istituzione complessa. Due ministri della cultura, tre assessori regionali, tre sindaci e una bella iniezione di denaro pubblico alla Fondazione Compasso d’oro.

Si conferma così quella relazione tra privato e pubblico che sta cambiando il volto dei musei e che, se ben gestita, risponde a criteri di creazione di reti che rappresentano l’innesto fertile dell’istituzione museale nel suo territorio e finalmente l’idea del museo come macchina per l’intrattenimento, luna park per fare cassetta, si va esaurendo. I migliori e più avveduti direttori dei musei italiani e internazionali, stanno riportando i musei a una funzione più nobile: luoghi che sono contemporaneamente di ricerca, per gli specialisti, e diffusione della cultura per il pubblico.

In particolare questo museo fa riferimento a quell’idea di inclusività espressa dal design for all, che si concretizza nell’attenzione alle persone con disabilità ma anche con la caffetteria accessibile senza biglietto, agli sconti per numerose categorie, allo spazio non gerarchico, alle grandi vetrate su strada, frutto di una revisione radicale del progetto originario di Migliore+Servetto che vinse il concorso nel 2014.

ADI Design Museum di reti ne ha costruite tantissime – tra queste la rete fra i musei del design e il solo elenco dei prestatori consta di due pagine fitte, fitte di persone, istituzioni, aziende – per la natura della collezione ma anche per precisa scelta, dai curatori delle mostre alla partnership con le scuole di formazione da cui vengono i progettisti di domani: IED Istituto Europeo di Design, e in particolare con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como incaricati del restauro e del condition report dei pezzi della collezione storica, e la collaborazione con il Politecnico di Milano a cui si deve “Bìos”, la video installazione che introduce al museo.

Ricchissimo l’allestimento della mostra “Il cucchiaio e la città” sulla collezione storica del Compasso d’Oro, curata da Beppe Finessi, da alcuni ritenuto eccessivo e perciò poco leggibile, risulta invece piuttosto chiaro, anche a una lettura superficiale. I documenti, le riviste, gli stampi, le fotografie, le pagine pubblicitarie, gli schizzi di progetto danno conto della filiera concettuale e materiale che sta intorno e dentro la natura del design – ridondanti e mal posizionati solo i testi nei box.

Renata Bonfanti: tessere la gioia. Veduta della mostra. Foto Martina Bonetti
“Renata Bonfanti: tessere la gioia”. Veduta della mostra. Foto Martina Bonetti

Proprio perché nella sua materialità il design è il risultato dell’intersezione di numerose discipline, culture e volontà, il museo ha dedicato una mostra alla grafica e a uno degli imprenditori che hanno segnato gli inizi della cultura moderna del design italiano: Giulio Castelli. Per “Manifesto alla carriera”, a cura di Luca Molinari, 139 grafici sono stati chiamati a interpretare con il manifesto, lo standard 70x100, gli altrettanti Compasso d’Oro che dal 1954 sono stati attribuiti ad aziende, autori, istituzioni e prodotti.

I manifesti che il pubblico può prendere pare vadano a ruba! “Giulio Castelli. La cultura imprenditoriale del sistema design”, a cura di Francesca Sala, ripercorre la storia del fondatore di Kartell e primo presidente di ADI. Una storia che ha trasformato la plastica in materiale nobile per i complementi d’arredo grazie a innovazioni tecnologiche e alla relazione con i designer del cui mestiere Castelli è stato sostenitore. Infine la personale “Renata Bonfanti: tessere la gioia”, a cura di Marco Romanelli con Luca Ladiana e Alessandro Bonfanti. Romanelli non ha potuto vedere la mostra, è mancato in febbraio, ma nel suo testo sottolinea come Bonfanti sia stata uno dei primi esempi di textile designer italiana che sapeva combinare artigianato e industria.

Se alle riviste spetta il compito di diffondere e formare la cultura del progetto per un largo pubblico e il Compasso d’Oro nasce nel 1954 da un’idea dell’allora direttore di Domus, Gio Ponti, inevitabilmente anche la testata è in questo museo: con i manifesti dei due premi assegnati alla casa editrice nel 1970 e a Giovanna Mazzocchi alla carriera nel 2018, mentre l’Archivio Domus ha prestato diversi numeri di Stile Industria e della stessa Domus.

ADI Design Museum:
piazza Compasso d'Oro, 1 – Milano
orari:
dal martedì alla domenica 10.30-20

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