Nato nel 1954 dall’intuizione di Gio Ponti e dal 1958 sotto l’egida dell’Associazione Design Italiano (ADI), il Compasso d’Oro si è trasformato negli anni nel massimo riconoscimento italiano nel campo del design e in uno dei più importanti a livello internazionale. Come pochi altri premi al mondo, il “Compasso” – così viene del resto amichevolmente chiamato dalla comunità degli addetti ai lavori – ha dimostrato di saper reagire agli umori e alle evoluzioni della disciplina. Un’attitudine, questa, che negli anni ha contribuito a radicarne la reputazione, pur in presenza di accesi e peraltro salutari dibatti intorno al valore innovativo e iconico dei prodotti vincitori.
Ammontano a 2.300 gli oggetti e i progetti della collezione, costituita sia dai prodotti vincitori per ogni categoria che dalle Menzioni d’Onore. La loro eterogeneità – forse l’aspetto più interessante della raccolta – si è andata allargando negli anni seguendo la volontà di ADI di estendere la mappatura delle eccellenze italiane anche ai campi non strettamente attinenti al mero prodotto industriale. Se negli anni ’50 il Compasso racconta la sfida dell’abitare e del comfort domestico di un paese uscito dalla guerra, nel corso dei decenni saprà aprirsi a nuove accezioni disciplinari e produttive, inglobando la grafica, i progetti di interni, finanche al design sociale, senza dimenticare il tributo alle carriere d’eccezione di quei grandi maestri – italiani prima, internazionali dopo – che vedranno attribuirsi il Compasso d’Oro alla Carriera, o infine il recentissimo premio alla carriera riservati ai prodotti più longevi.
Il nuovo museo che ora inaugura a Milano, un progetto di recupero di un vecchio deposito di tram a cavallo curato da Giancarlo Perotta e Massimo C. Bodini, includerà spazi espositivi, di conservatoria museale e di servizi su una superficie di 5135 mq, permettendo finalmente un’adeguata valorizzazione della collezione tanto per la cittadinanza che per tutta la comunità del design. È dunque un’occasione imperdibile quella che sta per prendere corpo: quella di mettere in luce storie di innovazione industriale spesso poco note persino ai professionisti, e di offrire alla città di Milano un altro imprescindibile tassello di quel sistema museale che incarna forse più di ogni altra cosa lo spirito della città, la cultura del progetto.