Dopo Lisbona, Porto. L’esperienza di Experimenta Design, curata dal 1999 al 2017 da Guta Moura Guedes, si è conclusa, almeno nella sua formula di mostre e rassegne che l’ha scandita per vent’anni. E il ruolo di testimonial passa a Porto – insieme a Matosinhos grazie a un’inedita partnership tra comuni –, complice la congiuntura economica favorevole degli ultimi cinque anni e l’apertura al design promossa dal Sindaco Rui Moreira. La prima edizione della Biennale del Design, organizzata dall’ESAD (Escola Superior de Artes e Design) vuole dimostrare di essere al centro del dibattito contemporaneo già dalla scelta del tema di ricerca – Post Millennium Tension – indagato con mostre e conferenze. Il focus è sui progetti di designer nati negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, creativi che hanno vissuto un’epoca di trasformazioni e conflittualità che li ha portati a definire nuovi ruoli, contesti e metodi. José Bartolo, curatore capo della Biennale, li ha raccontati in “Millennials”, la cui selezione abbraccia la grafica, la moda, l’indagine sociale, la preoccupazione per la sostenibilità. È una mostra tutta nel segno della transdisciplinarietà e dell’apertura, un manifesto concreto dei nuovi modi di intendere il design che ha in Universal Kimono dello Studio ARK di Amsterdam la propria bandiera.
Non solo architettura: la Design Biennale di Porto
La prima edizione della Biennale del Design di Porto – e Mathosinos – punta sulle risposte del design ai temi caldi della società e affida all’Italia, Paese ospite, il compito di mostrare le direzioni da intraprendere.
Foto Studio Dalisi
Foto Renato Cruz-Santos
Foto Renato Cruz-Santos
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Foto Renato Cruz-Santos
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Foto Alessi Archive
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- Loredana Mascheroni
- 15 novembre 2019
Foto Inês D'Orey
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Foto Inês D'Orey
Foto Angelo Cirrincione
In un Paese che esprime l’eccellenza progettuale nell’architettura ma che non ha una tradizione forte e riconosciuta nel design – se non in quello grafico –, questa attenzione al design contemporaneo e al suo potenziale di dare risposte concrete in una fase di profondi cambiamenti sociali e tecnologici ha una grande valenza, culturale ed economica. I curatori di questa prima Biennale ne sono consapevoli e hanno così deciso di rafforzare il loro messaggio puntando sulla cultura progettuale e sulla tradizione del Paese ospite – l’Italia –, interpretati da una curatrice italiana che in Portogallo vive e insegna da 25 anni: Maria Milano. Territorio Italia si articola in tre mostre e in eventi collaterali pensati per mettere in relazione progetto, cultura e territorio. “La progettualità italiana da sempre è stata capace di esprimere i mutamenti socioculturali in atto, facendosi carico di grandi innovazioni teoriche, tecnologiche e di pratiche di progetto, nonostante le difficoltà economiche e sociali che si sono susseguite nel tempo”, spiega Maria Milano. “L’Italia ancora oggi riesce ad accompagnare il cambiamento con risposte che nascono dal basso, dalla solida struttura umana che è substrato di ogni progetto e delle risorse del Paese”.
L’Italia come esempio, da studiare e con cui confrontarsi. Le icone del design italiano sono raggruppate in “Abitare Italia”, curata con Paolo Deganello, mentre “Riccardo Dalisi - Perfetta imperfezione” (a cura di Ira Palmieri e Andrea Nuovo) è un omaggio a un creativo che ha saputo mettere in relazione arte, design e territorio come pochi altri. Un nutrito gruppo di oggetti, disegni e sculture anima la suggestiva sede del Museu da Misericordia di Porto, collegata alla Chiesa dove la mostra continua con statue sacre allestite secondo le indicazioni dello stesso Dalisi, che a Napoli continua il lavoro sul campo che porta avanti dagli anni Settanta. Lo sguardo sul contemporaneo è affidato a “Frontiere”, che Maria Milani ha curato con un altro italiano trapiantato a Porto: Lucio Magri. All’ingresso della Casa do Design di Matosinhos, le immagini del fotogiornalista Francesco Pistilli raccontano le migrazioni a partire da Riace e passano la mano alla narrazione per oggetti di altre frontiere da affrontare e attraversare: quella tra design e industria, tra design e artigianato. Sono 320 oggetti realizzati da designer, aziende e gallerie nei primi 20 anni del secolo che i curatori hanno individuato perché “capaci di introdurre un cambiamento, di innescare reazioni a catena”. Tutti nomi conosciuti dagli addetti ai lavori italiani e in buona parte anche da quelli d’oltre confine, ma non scontati, con una selezione dei pezzi attenta a rappresentare una polifonia di approcci: Servomuto, Vittorio Venezia, Elena Salmistraro, Giacomo Moor, Formafantasma, Giulio Vinaccia, Francesco Faccin, InternoItaliano, Mogu, Officina Dario Pegoretti, Talking Heads, tra gli altri. Cosi raggruppati e ben raccontati sono uno stimolo che può alimentare la scena del design portoghese che ha nell’ESAD uno dei suoi poli formativi.
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Foto R. de Kalbermatten
Ma qual è, appunto, la realtà della scena progettuale e produttiva portoghese? La risposta la fornisce una piccola mostra da non perdere, “Portugal industrial”, titolo eloquente scelto per raccontare la ricerca “porta a porta” condotta nelle fabbriche del nutrito comparto produttivo della zona da Michel Charlot, designer svizzero trasferitosi a Porto da un paio d’anni, e Megan Dinius, designer e curatrice anglo-olandese. Nessun discorso programmatico, nessuna teoria altisonante ma solo l’intento di mostrare la grande capacità produttiva del nord del Paese, la sua varietà e qualità a prezzi competitivi, qualità che ne fanno un degno antagonista delle aziende del Sol Levante. Il loro comune denominatore è il gusto per forme minimali votate alla funzionalità. Appesi alle pareti bianche della galleria Artes solo oggetti di produzione industriale, spesso anonimi: coltelli, saponette, insegne, quaderni, suole di scarpe, canoe e bracieri. L’accento viene messo sul produttore, più che sulla firma, anche se non mancano nomi eccellenti come Álvaro Siza, autore di una grata circolare in ferro e di un cartello per segnalare l’uscita d’emergenza. Ma i nomi che contano sono quelli di Normax, azienda specializzata in provette da laboratorio realizzate con precisione millimetrica grazie alle capacità dei suoi operai, oppure ICEL, che con poco più di 200 persone produce 3,2 milioni di coltelli all’anno. Ma anche Costa Verde, che ha il sogno di diventare uno dei più grandi produttori europei di porcellane per il mondo dell’ospitalità, o Nelo, un’eccellenza nella produzione di kayak – dal 2004 è fornitore ufficiale delle Olimpiadi.
- Porto Design Biennale
- Porto e Matosinhos, sedi varie
- 19 settembre-8 dicembre 2019
Riccardo Dalisi, Animazione al Quartiere Traiano, 1971-1975
Riccardo Dalisi, Perfetta Imperfezione, Museu Da Misericórdia. Curatori Ira Palmieri e Andrea Nuovo.
Riccardo Dalisi, Perfetta Imperfezione, Museu Da Misericórdia. Curatori Ira Palmieri e Andrea Nuovo.
Riccardo Dalisi, Perfetta Imperfezione, Museu Da Misericórdia. Curatori Ira Palmieri e Andrea Nuovo.
Riccardo Dalisi, Perfetta Imperfezione, Museu Da Misericórdia. Curatori Ira Palmieri e Andrea Nuovo.
Riccardo Dalisi, Perfetta Imperfezione, Museu Da Misericórdia. Curatori Ira Palmieri e Andrea Nuovo.
Riccardo Dalisi