Questa intervista è stato pubblicata in origine su Domus 1080, giugno 2023.
Toshiko Mori: Formafantasma conosce a fondo la storia della silvicoltura, che è anche parte della collaborazione con Artek, un’azienda che ha una storia straordinaria, dato che è stata fondata da Alvar Aalto. Come è iniziata questa collaborazione e che cosa comporta?
Simone Farresin: Credo che il dialogo con Artek sia iniziato prima del debutto del nostro progetto Cambio. Marianne ci ha chiesto se Artek potesse essere in qualche modo coinvolta.
Marianne Goebl: Quando ho sentito che stavi studiando la foresta sono stata colpita, perché sapevo che lo avresti fatto secondo criteri che per noi, come azienda di design, erano importanti. Quel che ci mancava era la conoscenza del quadro più ampio dell’economia forestale della Finlandia. Siamo partiti da qui: vi abbiamo dato accesso a tutta la nostra catena di fornitura. Credo che, grazie a questo, siate venuti in Finlandia, abbiate ampliato la cerchia delle vostre conoscenze e abbiate parlato con tutti, dai politici agli attivisti fino ai ricercatori, per delineare un quadro davvero vasto. Avete anche studiato le radici della silvicoltura finlandese e preso in considerazione particolare la betulla e il modo in cui l’evoluzione delle tecniche della curvatura del legno in Artek siano state influenzate dalle particolarità della betulla delle foreste finlandesi. Usavamo solo una minima percentuale dell’albero, in parte a causa di una cattiva percezione della qualità, per motivi che in realtà nessuno sa più spiegare. Qualche decennio fa si pensava che un prodotto di legno non dovesse mostrare nessun segno naturale, nessun nodo e nessuna traccia del passaggio di insetti o del durame più scuro, ma che dovesse invece essere il più liscio e immacolato possibile, più simile alla plastica che a un materiale naturale.
È importante notare che ci sono anche segni lasciati da insetti che oggi si sono diffusi nelle foreste finlandesi a causa del cambiamento climatico. Perciò, secondo noi, accettare nella produzione queste imperfezioni significa anche non trascurare quel che sta accadendo oggi nel mondo.
Simone Farresin, Formafantasma
SF: È una cosa che succede sempre più spesso per via delle vendite online: non ci devono essere discrepanze tra la rappresentazione e l’oggetto reale. È interessante osservare quanto questo fatto sia diventato cultura inconsapevole. Nel caso di Artek, solo una piccola parte dell’albero poteva essere usata per ottenere questo livello di perfezione. Non c’entra nulla con la qualità, è una questione di estetica e di percezione. Insieme ad Artek abbiamo ridefinito parametri che adottano imperfezioni meglio definite. È importante notare che ci sono anche segni lasciati da insetti che oggi si sono diffusi nelle foreste finlandesi a causa del cambiamento climatico. Perciò, secondo noi, accettare nella produzione queste imperfezioni significa anche non trascurare quel che sta accadendo oggi nel mondo. I cambiamenti che cerchiamo di introdurre in Artek sono anche un modo di fare della cultura silvicola una cultura aziendale. Sono fattori decisamente interconnessi, ma bisogna sapere che cosa vuol dire produrre con un legno piuttosto che un altro, accettare le imperfezioni oppure no. Significa pensare alla produzione insieme con la foresta. Ciò vuol dire, per esempio, apportare questi cambiamenti al controllo della qualità e accettare cose che sono considerate difetti. Significherà anche, prima di tutto, che per produrre gli oggetti saranno necessari meno alberi. In secondo luogo, succede che il legno che in passato probabilmente avrebbe finito con il generare prodotti di qualità inferiore – pasta da carta – oggi viene usato per qualcosa di più duraturo: implicherà avere meno emissioni di CO₂, perché la CO₂ rimarrà più a lungo dentro gli oggetti.
MG: Quando lo studio era in corso, quando il punto era: “Va bene, ora adottiamo questo sistema in Artek”, avremmo potuto rispondere: “Allora progettiamo qualcosa di nuovo”.
SF: Certo, il piano è partire dallo Stool 60 e poi estendere questi cambiamenti a tutte le collezioni. Magari in futuro ci sarà spazio per progettare qualcosa per l’azienda, ma sempre a partire da questa prospettiva. MG Il punto è capire come può un’azienda commerciale per cultura come Artek avere un ruolo più impegnato. Credo che sia un problema cruciale. È uno dei suggerimenti che ci ha dato Formafantasma. Ci hanno detto: “Siete un’azienda del mondo del design ma, in realtà, dovete essere un’azienda della silvicoltura o centrata sulla silvicoltura”. Crediamo che possiate diventarlo solo se comprenderete davvero cosa sia una foresta. Dobbiamo includere la foresta tra i nostri obiettivi.
TM: Che cosa cambierà secondo voi nella tecnica di produzione di mobili per via di queste trasformazioni? Cambierà la quantità dello spreco di legno di betulla?
SF: Abbiamo anche iniziato subito a discutere dell’idea di estendere la garanzia.
MG: Nell’Unione Europea i prodotti hanno una garanzia di due anni. Ma noi sappiamo che questi prodotti di Artek sono eterni e perciò abbiamo deciso di estendere a vita la garanzia dello Stool 60. Per noi la durata della vita in realtà è quella dell’albero. Diciamo che se si acquista uno Stool 60 durerà per almeno 50 anni, che è anche l’età minima dell’albero che usiamo per fabbricarlo. In questo senso, stiamo raddoppiando l’arco di vita dell’albero: 50 anni nella foresta seguiti da altri 50 anni sotto forma di sgabello.
SF: L’idea di impegnarsi con una garanzia tanto lunga è anche una forma di attenzione da parte dell’azienda, che dovrà fornire nuovi servizi. Parlare della garanzia ed estenderla era naturale, perché Artek ha già in atto un programma che si chiama Artek 2nd Cycle, che è la reintroduzione sul mercato di pezzi storici. È anche un modo di trattare il proprio, diciamo così, patrimonio culturale. O i propri rifiuti; dipende da come li si vuol considerare.
TM: Credo sia una buona idea. Quando si dà una garanzia a vita si toglie il proprio prodotto dal ciclo del consumo. Il ciclo del consumo ha in sé un’obsolescenza intrinseca che voi non avete più.
SF: È un ciclo socialmente responsabile, non è più un ciclo di consumo. Tutti i cambiamenti di cui stiamo parlando sono relativamente invisibili nel prodotto. Sono invece decisamente evidenti nella produzione e alla fine saranno visibili anche in certi particolari del prodotto. Ma credo che i cambiamenti più interessanti che si possano fare oggi, in architettura e nel design, siano relativamente invisibili, dietro le scene, dove si può fare il lavoro maggiore.