Nella costellazione di mostre da vedere in questi mesi a Venezia parallelamente alla Biennale, Fondazione Prada ha inaugurato il 20 maggio “Everybody Talks About the Weather”, una esposizione dedicata ai significati del tempo meteorologico nell’arte visiva, punto di partenza per analizzare più ampiamente la questione dell’emergenza climatica in corso. Abbiamo avuto l’occasione di parlarne con il curatore Dieter Roelstraete. “L’osservazione alla base del progetto espositivo è la difficoltà con cui il mondo dell’arte contemporanea riesca a trattare la crisi climatica”, spiega: questo “nonostante sia probabilmente la più grande minaccia esistenziale che l’umanità abbia mai affrontato nei suoi 100.000 anni di storia”.
La crisi climatica è un argomento di cui artisti, curatori e critici, trovano difficile parlare. “In parte perché il problema è così complesso, così enorme, ma anche perché il mondo dell’arte stesso è in qualche modo complice della produzione di molti dei problemi che hanno prodotto la crisi climatica”.
“Se è quindi così difficile parlare della crisi climatica, forse possiamo affrontarlo parlando del tempo, che è qualcosa che tutti fanno costantemente, e tutti hanno fatto da sempre. Il titolo stesso della mostra è così universale che è immediatamente accessibile. L’arte storicamente ha parlato del tempo da sempre, gli artisti dipingono nuvole da sempre, così come il ghiaccio e la pioggia. Questi fenomeni logici letterali hanno una storia molto profonda nell’arte.” Il percorso espositivo stabilisce infatti un’equazione empirica tra meteorologia e climatologia, creando una lettura ibrida per l’osservatore di opere d’arte e dati scientifici. L’obiettivo è di inquadrare la crisi ambientale e il suo innegabile impatto sulla nostra vita attraverso l’evocazione, la rappresentazione e l’analisi dei fenomeni meteorologici.
Jason Dodge, In Alvorada, in Brazil, Vera Junqueira wove wool yarn the color of night and the same length as the distance from the earth to above the weather
Jason Dodge, In Alvorada, in Brazil, Vera Junqueira wove wool yarn the color of night and the same length as the distance from the earth to above the weather
Le sale del palazzo veneziano ospitano opere d’arte storiche e contemporanee che rivelano la costante attenzione degli artisti nel “parlare del tempo”, dai dipinti allegorici e le pitture en plein air alle recenti installazioni multimediali e all’attivismo transnazionale. Ovviamente sono in mostra sopratutto artisti che non parlando direttamente della questione climatica, ma sono opere che guardano il cambiamento che i modelli meteorologici hanno avuto sulla nostra storia.
“C’è ad esempio una replica di un famosissimo quadro di Claude Monet che, per molto tempo, abbiamo visto come un capolavoro di manipolazione atmosferica” continua Roelstraete. “Ma sempre più spesso si comincia a capire come Monet sia stato forse il primo pittore dell’inquinamento atmosferico. Lo stesso vale per Turner, che per molto tempo è stato considerato un pittore di atmosfere, di nebbia e di pioggia, ma che ora viene sempre più considerato come la prima testimonianza dell’impatto della rivoluzione industriale sulla qualità dell’aria nella sua Inghilterra”.
Un aspetto fondamentale della mostra sono le informazioni scientifiche trasmesse come corollario dell’opera, cercando un equilibrio tra allarme e piacere estetico. “Quando ho proposto questa mostra, fin dall’inizio è stato chiaro che la scienza avrebbe dovuto svolgere un ruolo importante. Una foto o un disegno di una bella nuvola può sembrare così incredibilmente innocente, ma è una cosa che adesso dobbiamo prendere incredibilmente sul serio. Questa autorevolezza sul tema potevamo assicurarcela solo con una base scientifica molto solida a cui ancorare la mostra. Ogni opera è accompagnata da una generosa condivisione di informazioni scientifiche che assumono la forma di dati, diagrammi, mappe. Tutte queste informazioni sono state raccolte da un gruppo di ricercatori di Ca Foscari, i quali hanno contribuito a plasmare l’architettura informativa della mostra. Al termine della mostra si può inoltre trovare una biblioteca di oltre 400 libri, tutti i libri a cui si è fatto riferimento durante la stesura della mostra”.
L’allarme non funziona sempre. A volte un allarme permette alle persone di dormire, mentre il potere dell’arte, a mio avviso, è quello di rivolgersi più direttamente alle emozioni e di catturare l’attenzione delle persone.
Dieter Roelstraete
Nel progettare la mostra Roelstraete ha seguito tra i vari testi le riflessioni dello scrittore e antropologo indiano Amitav Ghosh che, nel suo libro del 2016 La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile (The Great Derangement: Climate Change and the Unthinkable), ha descritto l’incapacità della cultura contemporanea di affrontare adeguatamente la minaccia del cambiamento climatico come fonte legittima per realizzare contenuti di alto profilo da una prospettiva letteraria.
“Una delle sfide che la comunità scientifica ha in questo momento è un linguaggio tipicamente distinto da un registro dominante allarmistico. Ma l’allarme non funziona sempre. A volte un allarme permette alle persone di dormire, mentre il potere dell’arte, a mio avviso, è quello di rivolgersi più direttamente alle emozioni e di catturare l’attenzione delle persone” conclude il curatore. “E non è la bellezza di una sorta di fantasia di evasione, come quella di distogliere lo sguardo dal problema, bensì di guardarlo con una chiave di lettura nuova e con speranza”.
Immagine di apertura: Richard Onyango Tsunami, 2005 Courtesy The Jean Pigozzi African Art Collection Foto: Maurice Aeschimann, Genève