Due posti secchi, leggera, piccola. Sembra la descrizione di una supercar mignon, magari di una Lotus Elise o di una Caterham, mentre in realtà quei tre aggettivi designano quella che sarebbe diventata la regina delle strade italiane: la 500. O meglio, la Nuova 500, quella del 1957, quella nanetta tutta curve a cui pochi sono riuscite a dire di no.
Fiat Nuova 500, il cubetto del miracolo italiano (partito come un flop)
Nata nel 1957, ha conquistato milioni di persone, sbarcando in America e approdando al Moma.
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- Alessio Lana
- 01 luglio 2020
Il progetto però non era nato benissimo. Siamo all'inizio degli anni '50 e Fiat ha già nel suo paniere una 500, quella che verrà soprannominata Topolino (La Casa torinese non lo accettò mai). È lei la cittadina per eccellenza, un'auto sinuosa che sembra uscita da un fumetto di Walt Disney (Il soprannome però deriva dalle piccole dimensioni) ma ormai mostra i segni dell'età. C'è un'Italia da motorizzare, che è risorta dal dopoguerra e si sta gustando il boom, con un esercito di impiegati che hanno tre peculiarità: sono urbani, hanno una certa disponibilità economica e tanto tempo libero da spendere, magari offrendosi weekend fuori porta e vacanze. Gli mancano solo le ruote per farlo.
Mentre Laika vola nello spazio (e Carosello va a gonfie vele), sulla Terra nasce la Nuova 500. Il responsabile del progetto è Dante Giacosa, già autore della Topolino e della Nuova Balilla e che poi realizzerà Campagnola, Bianchina, 127 e 126. Lo schema è quello della Topolino, quel “tutto dietro” con motore posteriore, ruota di scorta davanti e un piccolo vano non imbottito per i bagagli dietro ai sedili. Che all'inizio sono solo due, troppo pochi per motorizzare un'Italia in cui la famiglia è ancora centrale e i bambini fioriscono anche come risposta alla guerra. L'estetica che ci affascina ancora oggi è dovuta a una semplice equazione: l'auto è lunga 2,97 m ma è larga e alta 1,32. Praticamente un cubetto tutto smussato con un muso bene in evidenza. Ha il tetto apribile, il peso a vuoto è 470 Kg, quasi un terzo di una Smart odierna, la velocità di 85 km/h. Il prezzo però è alto: 490mila lire. Un anno di stipendio, troppo. Con centomila lire in più infatti si può prendere una 600, l'altra icona del boom economico italiano, che è uscita nel '55, ha quattro posti e due portabagagli.
Insomma, non è proprio un flop ma quasi eppure Giacosa non si arrende. «Progettare è anche valutare le difficoltà, individuare i problemi essenziali, ricercarne le diverse soluzioni possibili e selezionare quelle che appaiono in grado di risolverli nel modo più semplice e completo», diceva, e così si riparte. Sempre nel 1957, al Salone di Torino, nascono gli allestimenti “Economica” e “Normale”. A dispetto del nome hanno molto di più del modello precedente, sono più curati: il prezzo sale a 490.000 lire ma hanno il sedile posteriore imbottito al posto di quella scomodissima panchetta in legno che non era neanche omologata. I posti quindi diventano quattro. Ora sì che l'auto viene guardata con interesse e inizia a farsi strada. Viene anche reinterpretata diventando più lunga e con capacità di carico maggiore (Giardiniera) e per un guizzo che oggi sembra incredibile sbarca pure “in America” (gli Stati Uniti, allora, li chiamavamo così), con fari anteriori maggiorati che le danno un aspetto da rana. Per gli statunitensi quello è un veicolo davvero inusitato: impossibile non girarsi a guardarlo.
Per il vero boom bisogna arrivare agli anni '60 e più precisamente al '65. La minigonna sta esplodendo e la minimacchina entra nel cuore degli italiani, con quella versione F che rimarrà la più venduta di tutte e finirà anche al Moma. I cambiamenti sono minimi a un occhio poco attento: parabrezza più ampio, qualche cromatura, niente tetto apribile. La vera svolta però è l'ampio utilizzo della plastica al posto del metallo (Nel '63 Giulio Natta aveva ricevuto il Nobel per il suo Moplen). Emerge anche una versione lussuosa, la L, con tante cromature, i sedili con un disegno nuovo a righe, il pavimento in moquette e il volante a razze nero con un clacson rosso su cui spicca il logo Fiat. E poi ha anche il tettino apribile per godersi quel sole tanto celebrato all'estero.
Le versioni speciali e derivate non si contano, tanti costruttori, designer e carrozzerie hanno voluto reinterpretare il mito, da Ghia a Frua, da Vignale ad Abarth passando per Pininfarina. Tra i modelli più curiosi spicca la Moretti 500 Coupé, prototipo allungato pensato per quegli statunitensi sempre alla ricerca di spazio, la Motocarrello, una draisina per utilizzo ferroviario e le spider Gamine by Vignale e Fiat 500 Zanzara che stravolgono totalmente l'auto. Per i tipi da spiaggia c'erano le spiaggine, auto per il divertimento come la Jolly di Ghia, che aveva solo un tendalino per la protezione, o la più estrema Lucertola, con ben sei ruote e doti da fuoristrada. Impossibile poi non citare la Bianchina di Autobianchi, nata come versione di lusso della 500 (al design c'era sempre Giacosa) e diventata l'auto di Fantozzi.
Ecco, l'estero. Degli Usa si è detto ma quella linea da manga conquista il Paese che li ha ideati, il Giappone. Il ladro gentiluomo Lupin III guidava una Nuova 500 tutta gialla alternandola a ben più lussuose Mercedes-Benz SSK, SSKL e Morgan 4/4. Rimanendo nell'ambito, eccola spuntare in Dragon Ball sia nella versione normale che Sport. Ma è soprattutto il cinema ad aver usato il Cinquino come specchio di gioie e dolori, di miseria e nobiltà. Eccolo quindi in I tartassati di Steno, Effetto notte di François Truffau e soprattutto Mamma Roma di Pasolini, in cui è onnipresente. La scena cult però è in C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, quando Vittorio Gassman lo parcheggiar in Piazza del Popolo, a Roma. Gli americani lo hanno riesumato in Cars, film Pixar del 2007 in cui la mini vettura diventa Luigi, meccanico con marcato accento italiano e una livrea gialla che contrasta con il rosso di Saetta McQueen, la sportiva protagonista.
La storia della Nuova si chiude nel 1972 con l'ultima versione, la R, che resterà a listino fino al 1975. L'auto ha fatto il suo tempo ed è pronta a lasciare il testimone alla sorella Fiat 126, dalle forme squadrate più consone a quegli anni '70 che vedranno sempre più brutalismo a quattro ruote. I dati parlano di un mito: in 17 anni sono state costruite 3,9 milioni di Nuova 500 a marchio Fiat che diventano 4,2 milioni se aggiungiamo quelle delle licenziatarie all'estero, soprattutto la Steyr-Daimler-Puch in Austria e la Fiat Neckar in Germania. Quel tutto tondo però non è morto del tutto. Passata la squadrata Cinquecento (a lettere) del 2007, ritornerà nella curvilinea pronipote 500 del 2007.