Quando oggi pensiamo a un mezzo per la mobilità personale la mente corre subito a monopattini, Segway, biciclette pieghevoli. Nel 1946 non era così. La regina della micromobilità era la bicicletta (o i piedi), le moto erano per pochi. La Piaggio però, in quell'Italia in ginocchio, scelse di osare: scelse un designer d'eccezione, Corradino d'Ascanio (poi vedremo perché), e di puntare su un mezzo mai visto prima: la Vespa.
La gestazione non fu facile: il primo prototipo, l'MP5 di Roberto Spolti (quello detto Paperino per accostarlo alla Fiat Topolino), fu scartato. Era bello ma non andava bene, era ancora troppo “moto”, ed Enrico Piaggio era stato chiaro: serviva qualcosa a basso costo, accessibile a tutti e soprattutto nuovo. Ecco quindi entrare in scena D'Ascanio, una scelta strategica. Ingegnere, un'azienda aeronautica alle spalle (fondata con il figlio di D'annunzio), autore del primo prototipo di elicottero moderno, l'uomo nato a Popoli nel 1891 aveva una caratteristica fondamentale: non amava le moto. Non le usava e soprattutto non sopportava dover “scavalcare” per salirci. Perfetto insomma per ideare una due ruote dedicata a chi, le moto, ancora non le usava.
Sfruttando le conoscenze aeronautiche D'Ascanio trovò l'uovo di Colombo. Ideò la prima motocicletta a scocca portante, ovvero senza quel tunnel centrale che costringeva a scavalcare. Salire sulla Vespa era facile anche in gonna o con l'abito buono e le gambe erano riparate dallo sporco così la si poteva usare in città o in campagna. Nel 1946 il Golf Club di Roma è il luogo scelto per lanciare il 98, il primo modello. Il prezzo è di 55mila Lire per il modello Normale e arriva alle 61mila di quello Lusso. Non è poco, lo stipendio medio allora era di diecimila lire, ma la Vespa era ciò che per noi è un'utilitaria. Una necessità per cui ci si indebita, e infatti Piaggio, viste le grandi richieste, a fine '46 ritirò il modello economico per proporre solo quello più costoso.
Già l'anno successivo ecco Corsa, il modello sportivo, che trionfò nella Monte Mario Hill Climb, la corsa in salita sul «monte di Roma», e poi la seconda serie. È qui che compare la ruota di scorta, una necessità, viste le strade del tempo, che però sarebbe diventato anche un elemento di stile. Appena lanciata la Vespa è già di culto. Ci vogliono mesi per averla ed è così richiesta da diventare oggetto del mercato nero dove si può acquistarla anche al triplo del prezzo di listino. Non è un caso se nel 1947 nasce anche la sua acerrima avversaria, la Lambretta.
Vespa è un mezzo semplice, malleabile e i designer si sbizzarriscono con le interpretazioni più ardite. Nel 1949 ecco la Corsa Alloy Frame, in lega d’alluminio aeronautico e il serbatoio a vista. Sembra una scultura futurista. Oppure le carenatissime Montlhery, del 1950, e Siluro, dell'anno successivo. Due mezzi che non stonerebbero in Blade Runner. Parlando di film, già nel 1953 Vespa compare in Vacanze romane, dove ha quasi il ruolo di protagonista accanto a Audrey Hepburn e Gregory Peck. Nel 1967, come se fosse uno scherzo del destino, D'Ascanio incontra di nuovo la sua figlia più nota in Dick Smart, Agente 2007 con Richard Wyler. Qui infatti si vede una Vespa 180 Super Sport modificata può anche volare come un elicottero e andare sott'acqua come un sottomarino. Ma a livello di pellicole ci sono anche Quadrophenia dei Who, American Graffiti, Caro Diario, Il talento di Mister Ripley. La Vespa è finita perfino nei Transformers.
Ma torniamo alla storia. Dai primi 2.484 scooter immessi nel mercato dopo il lancio, nel 1947 si arrivò a superare i 10mila, l’anno seguente a toccare i ventimila e nel 1953 divennero 171.200. La Vespa negli anni '50 si diffonde a macchia d'olio e non solo in Italia. Si aprono licenziatarie in Regno Unito, Francia, Germania Spagna e si arriva fino in Brasile, India, Australia, Sudafrica. Nel 1956 e '57 poi nascono le due versioni più curiose. La prima è la Tap che vede la Vespa diventare un mezzo da guerra. Commissionata dall'esercito francese ha un cannoncino da 75 millimetri a mo' di sidecar. La 400 invece è una minicar 2+2. La tenuta di strada è praticamente nulla ma ha il merito di anticipare le utilitarie. La 500 nascerà solo quattro mesi dopo, nel 1957. Nel 1962 ci mette mano anche Dalì che decora la carrozzeria di una 150 S con i suoi motivi più celebri e firmandola anche a nome della sua musa Gala.
Insieme al design della due ruote si sviluppa anche quello grafico. Piaggio vuole comunicare con i giovani e dal 1968 al ’77 mette in piedi alcune tra le campagne pubblicitarie più famose di sempre. In tanti ricorderanno quel “Chi Vespa mangia le mele” comparso ovunque, dalla cartellonistica stradale alle riviste, poi seguito da “Mela compro la Vespa”, entrambe idee di Gilberto Filippetti. L'accostamento al frutto non è solo sinonimo di acquirente intelligente o smart, come diremmo oggi, di persona che evita di rimanere imbottigliata nel traffico con l'automobile (o meglio “La sardomobile”) e usa un mezzo rapido, con cui fare “surf”. C'è anche il lato voluttuoso del frutto proibito. In quegli anni “vespare” significava “rimorchiare”, fare petting o sesso. Come cantava Vasco in Bollicine, “Coca cola chi vespa mangia le mele/Coca chi non vespa più e mangia le pere”.
La Vespa nei decenni evolve per rimanere al passo con i tempi. Cambiano i motori, arrivano il 125 e il 150, diventa più grande e veloce (la 180 Super Sport del 1966 con i suoi 105 km/h era uno degli scooter più veloci dell’epoca). Il cambio di passo arriva nel 1996 in cui il design cambia radicalmente. La Vespa da motorino diventa uno scooter in senso moderno, le forme sono meno nette e più sinuose, l'aspetto è meno popolare e più pop. Ad oggi, a 74 anni dalla nascita, si è arrivati a superare i 148 modelli e 18 milioni di esemplari col modello Gts che nel 2019 ha vinto il premio di moto dell'anno in Germania. Quella mela infatti non è finita e c'è chi continua a mangiarla.
Tutte le immagini: courtesy of Piaggio