A Pechino inaugura una nuova iniziativa legata all’educazione al design: The Global School (TGS), un istituto di ricerca e progettazione che indaga gli spazi e i processi del XXI secolo. Costituito da un ecosistema tripartito, TGS è allo stesso tempo un luogo di produzione, un laboratorio di formazione e un centro culturale. La nuova istituzione è un progetto di B/Side Design, un'organizzazione fondata da Beatrice Leanza e Sarah Orlando nella capitale cinese alla fine del 2017. Prima iniziativa della nuova “scuola” è stato il B/Side Design Festival, un evento di cinque giorni con laboratori, presentazioni e discussioni che ha coinvolto designer, scienziati, economisti, artisti, antropologi, filantropi, giornalisti, imprenditori… Con la direttrice creativa dell’istituto Beatrice Leanza abbiamo parlato di innovazione, educazione degli obiettivi di TGS.
Quali sono le origini di The Global School?
Negli ultimi cinque anni ho lavorato allo sviluppo di vari progetti e programmi con un impatto urbano e sociale. In particolare dal 2012 al 2016 sono stata direttrice creativa della Beijing Design Week, un’esperienza importante e un banco di prova che mi ha fatto capire la necessità di superare la temporaneità di appuntamenti annuali e creare una struttura permanente. TGS è frutto del mio lavoro, della mia vita, della mia esperienza a Pechino, frequentando vari progettisti e quelli che io chiamo “visionari”. Considero la Cina come un osservatorio di fenomeni, trasformazioni e urgenze della globalità. Da questo avamposto proviamo a stimolare una conversazione transnazionale.
Considero la Cina come un osservatorio di fenomeni, trasformazioni e urgenze della globalità. Da questo avamposto proviamo a stimolare una conversazione transnazionale.
Parlaci della mostra che hai curato a Venezia.
In occasione della Biennale di Venezia 2018 ho curato insieme a Michele Brunello la mostra “Across Chinese Cities”, che parla di come in Cina una nuova generazione di progettisti sia il traino di un dialogo tra vari portatori di interessi e di cambiamento nella progettazione urbana. L’innovazione avviene nel sito del progetto. Questo l’hanno capito anche i grandi costruttori, che stanno cambiando direzione per necessità: Non si può costruire come si faceva 30 o anche 10 anni fa. In Cina sono in atto cambiamenti sociali, economici e demografici che dettano nuove necessità in diversi settori. Per questo ritengo necessario creare una piattaforma in cui queste idee, queste visioni e queste posizioni possano avere un’eredità e un impatto più ampio di quello che non avrebbero le diverse individualità isolate. Le 48 persone che hanno discusso al B/Side Design Festival sono una testimonianza di questo.
Qual è il contesto dell'educazione specializzata in Cina?
Come nel resto del mondo, le università sono fondamentalmente delle aziende. Che siano statali, parastatali o private, sono delle macchine imprenditoriali. In Cina le scuole del design annoverano un numero di iscritti che triplica ogni anno. C'è un’attrazione particolare verso il design, data dal fatto che è una pratica tecnica e una disciplina pratica, legata al fare. C’è un’emissione di job seekers che cresce in modo esponenziale rispetto ad altri contesti. Inoltre troviamo grandi università straniere, le cosiddette Ivy League Universities, che aprono programmi di collaborazione con realtà cinesi, provando a rompere la rigidità imposta dalle università locali, che qui sono di proprietà dello Stato.
Come si inserisce The Global School in questo panorama?
Nel nostro manifesto specifichiamo che TGS non è una scuola, o almeno non in senso tradizionale. Non ci interessa privatizzare e vendere servizi educativi. La nostra piuttosto è una contro-proposta che ripensa al ruolo dell’educazione in un pensiero che è quello del perpetual training. Secondo noi le istituzioni educative sono organizzazioni che non rispondono alla realtà sociale e culturale del XXI secolo. Quello che proviamo a fare è creare una nuova piattaforma, un nuovo punto di riferimento, dove le varie controparti – che siano del sistema corporativo, pubblico, privato – possono entrare in contatto in modi nuovi. Vogliamo creare un cortocircuito tra posizioni e pensieri diversi, immergendo la nostra realtà all’interno dei luoghi della sperimentazione.
Cosa succederà alla TGS?
Quest’anno lo chiamiamo un build up year, un periodo di preparazione con una serie di attività e progetti temporanei. Dall’anno prossimo poi TGS si materializzerà in uno spazio fisico, per cui le dinamiche di quello che facciamo cambierà di conseguenza. Avremo una programmazione disegnata sulla ciclicità di un anno, da giugno a giugno, divisa in due blocchi semestrali. Gli argomenti che andremo a esplorare li abbiamo presentati durante il festival: The Great Leftover è la grande area tematica principale, divisa in 3 categorie che sono Rural Imaginaries, The Other Design e Collectivism X.0. Quello che facciamo è prendere delle tematiche urgenti, che interessano il contesto in cui viviamo, e lavorare a partire da quelle. Generalmente io trovo che l’innovazione risiede sempre al di fuori della cosiddetta comfort zone. Per il progetto che stiamo mettendo in piedi vogliamo operare sulla soglia, esplorare l’ignoto e creare un ambiente di apprendimento-lavoro innovativo. A TGS vogliamo esercitare al pensiero critico.