Il suo primo intervento “green” per Il Salone del Mobile risale esattamente a dieci anni fa. Il progetto si chiamava Unexpected Garden ed era un muro vegetale per il Cafè Trussardi, un giardino di 100 mq sospeso nel vuoto, nato dalla collaborazione del suo studio con Patrick Blanc, il botanico e paesaggista francese coinvolto anche in Living Nature, il padiglione high tech che porta le quattro stagioni in piazzetta Reale per questo Salone del Mobile. Cambiano le dimensioni – qui arriviamo a 500 mq –, la portata del progetto – vengono ricreati quattro microcosmi naturali e climatici – e l’apporto tecnologico – è stato creato un sistema di gestione dei flussi di energia sostenibile e circolare – ma il tema di fondo è lo stesso: il rapporto tra natura e abitare e il controllo del clima. “Se nel XX secolo vedevamo la città andare alla conquista della natura, appropriandosene e distruggendola, ora la sfida che dobbiamo affrontare è portarla all’interno delle città”. Carlo Ratti non ha dubbi. E ha accettato l’incarico del Salone del Mobile di sensibilizzare i visitatori sul tema.
Carlo Ratti: la città è la soluzione
Ha costruito un padiglione accanto al Duomo che mostra la bellezza della natura nella diversità delle stagioni e lancia l’allarme sul cambiamento climatico.
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- Loredana Mascheroni
- 30 aprile 2018
- Milano
Si sono formate delle belle code di persone che volevano “attraversare” le quattro stagioni di Living Nature. Credi che questo progetto sperimentale sia riuscito a comunicare il suo messaggio?
Il padiglione è stato vissuto a diversi livelli. Ci sono state famiglie con bambini che si sono semplicemente divertite a passeggiare tra la neve, a fare un’esperienza sensoriale nello spazio e anche nel tempo – perché si potrebbe fare solo usando una “macchina del tempo”. Quelli che si sono fermati più a lungo, hanno guardato fuori dalle stanze di vetro delle due losanghe che compongono Living Nature e hanno letto i dati dell’infografica e approfondito il tema della natura in pericolo e del controllo climatico. Altri hanno partecipato alle conferenze che abbiamo organizzato sul tema. Tutti hanno comunque potuto comprendere come la varietà delle stagioni sul nostro pianeta sia qualcosa di straordinario ma anche estremamente delicato.
Come hai strutturato e come funziona a livello energetico il padiglione?
I raggi del sole filtrano dal tetto attraverso delle membrane che si muovono in modo dinamico. I pannelli fotovoltaici integrati nel perimetro della sua copertura generano energia pulita contribuendo ad alimentare il sistema di controllo climatico. Funziona come un grande frigorifero: l’energia elettrica prodotta viene usata per alimentare uno scambiatore di calore che trasferisce energia termica: da un lato raffresca l’area invernale, dall’altro trasferisce il calore verso lo spazio estivo.
La città assolve sin dalla sua nascita a molte funzioni di scambio che sono primordiali: mette insieme persone che possono scambiarsi beni, idee e persino cromosomi.
Il tema degli equilibri naturali infranti sarà al centro della mostra “Broken Nature” della XXII Triennale di Milano curata da Paola Antonelli, che aprirà nel 2019. Che ruolo hanno designer e architetti nell’opera di “aggiustare” la natura?
Hanno un ruolo sempre più attivo perché lavorano sulla città e sugli spazi pubblici. Il tema della mostra di Paola ha a che fare con la convergenza tra mondo naturale e artificiale. Lo vediamo sul corpo umano, stiamo editando il nostro stesso DNA, e lo vediamo anche qui nel padiglione: ci sono quattro ambienti naturali che non potrebbero sopravvivere senza elementi artificiali, senza la tecnologia. Questa è la condizione che noi esseri umani stiamo affrontando in maniera sempre più crescente.
Gli architetti lavorano molto sulla città anche perché ci vive la metà della popolazione mondiale. E si dedicano poco a studiare i cambiamenti che avvengono in campagna che pure hanno grandi ricadute sulla città, come illustrerà la mostra “Countryside: future of the world” che Rem Koolhaas curerà al Guggenheim nel 2019.
La città assolve sin dalla sua nascita a molte funzioni di scambio che sono primordiali: mette insieme persone che possono scambiarsi beni, idee e persino cromosomi. Queste funzioni vengono amplificate durante eventi come il Salone del Mobile che ne accrescono il potenziale. È nelle città che dobbiamo trovare le soluzioni.
Hai un atteggiamento positivo sulla possibilità di “guarire” i danni che l’uomo ha creato sull’ambiente, sul suo habitat. Cosa pensi della teoria della “dark ecology” di Timothy Morton, che cambia i paradigmi della visione del legame uomo-natura?
Non condivido visioni apocalittiche. Penso che l’uomo abbia sempre dimostrato di riuscire a cavarsela e a trovare nuovi equilibri. Lo farà anche nel futuro.
Le vertical farm sono una soluzione efficace per trovare nuovi equilibri nel segno della sostenibilità? A Milano ne sorgerà una molto grande, un progetto di Luca Travaglini.
Anche nel nostro padiglione c’è un piccolo orto… Le fattorie urbane sono un’idea interessante ma non credo saranno in grado di soddisfare la necessità di cibo vegetale fresco di una grande città, a meno che si adotti una soluzione completamente artificiale come installare orti sui grattacieli. Mi piace però il fatto che le vertical farm siano un modo per collegarci con la natura e che ci mettano in relazione con il cambiamento climatico. Sono uno dei tasselli di un’etica conservativa che il mio collega dell’Università di Harvard E. O. Wilson chiama biofilia.
- Living Nature
- Carlo Ratti
- Salone del Mobile 2018
- 17–25 aprile 2018