Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 983 / settembre 2014
Una passione che diventa mestiere
Dal 2006, i progetti di Passionswege fanno lavorare con successo giovani designer internazionali con i migliori artigiani storici di Vienna con l’ambizioso progetto di rilanciarne l’attività.
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- Lilli Hollein
- 26 settembre 2014
- Vienna
Quando nel 2006 noi – Lilli Hollein, Thomas Geisler e Tulga Beyerle – abbiamo dato vita a Passionswege, non era tanto questione di situazione politica o economica, ma piuttosto di sviluppo della città e della nostra personale carriera. Tutti e tre – pur con competenze differenti – eravamo in un modo o nell’altro degli esperti di design riconosciuti, ma ci mancavano lo scambio, l’attività e più di ogni altra cosa il riconoscimento e il rispetto per il design da parte degli imprenditori della città dove abitavamo e lavoravamo. Assistevamo anche alla scomparsa di laboratori e negozi specializzati che lasciavano il posto ai grandi marchi. Ci rendevamo conto che le capacità di molti produttori stavano sparendo.
Partendo da queste premesse, Passionswege (che oggi fa parte del programma della Vienna Design Week) voleva mettere insieme questi punti di debolezza e di forza per creare una piattaforma internazionale. All’epoca, le principali società e i più importanti marchi d’Austria pensavano ancora di poter fare a meno del design. I giovani designer avevano forti difficoltà a trovare clienti, cosa che creava una curiosa lacuna nel campo della cultura, come se il design fosse solo un’esercitazione estetica, una cosa buona soltanto per riempire libri illustrati. Esisteva – ed esiste ancora – solo un pugno di studi di design di livello internazionale, alcuni grandi, altri piccoli.
I designer austriaci di maggior successo sono diventati celebri senza che nessuno ne conoscesse la nazionalità. La Camera di commercio e l’Ente del turismo hanno fatto molti sforzi per rafforzare la posizione dei designer austriaci. Fin dall’inizio, la Vienna Design Week fu organizzata come un festival internazionale, per questo invitammo tanto le scuole estere quanto quelle austriache. Curiosamente, abbiamo più studenti e giovani professionisti provenienti da fuori Vienna desiderosi di partecipare al festival, il che è la prova di un’autentica mentalità viennese che, devo confessarlo, mi dà parecchio fastidio.
Il MAK è stato coinvolto fin dal primo anno, ancora con il precedente direttore, Peter Noever. L’impegno è cresciuto negli anni e credo che il museo sappia apprezzare che cosa un festival come il nostro fa in questa città per alimentare il generale livello di attenzione al design. Oggi, vi prendono parte le principali istituzioni del design e dell’arte: l’Hofmobiliendepot, il Wien Museum, il museo dei bambini ZOOM, la Fondazione Kiesler e la Wagner Werk Postsparkasse, per citarne alcune.
Ciò che per noi è sempre stato importante è che i visitatori stranieri potessero conoscere i diversi volti della città e che anche i viennesi riuscissero a vedere nuovi aspetti della città in cui vivono. È il motivo per cui non invitiamo solo fascinosi fornitori della real casa, ma anche piccoli laboratori artigiani della periferia cittadina. Molti di queste attività di produzione sono consapevoli che potrebbero essere l’ultima generazione di una produzione durata più di un secolo: l’eccellenza delle loro competenze non suscita più attenzione né curiosità.
Lavorando con i designer, però, la loro condizione è radicalmente cambiata. Uno dei partecipanti era sconfortato: non aveva clienti, non aveva iniziative in cui impegnarsi. Grazie al progetto Passionswege si è rimesso in carreggiata; ha rilasciato un’intervista che ancora mi commuove. Ha detto che, nel momento in cui tutta la sua vita stava per andare a carte quarantotto, è arrivata Passionswege a dargli una prospettiva nuova. Naturalmente è un esempio limite, ma tutti – designer, produttori, lavoratori – ottengono un vantaggio dall’apprezzamento delle rispettive competenze, dal dover affrontare un rischio e da un pubblico nuovo che entra nei loro negozi e scopre le potenzialità del “laboratorio della porta accanto”. Per esempio, un produttore di articoli di cuoio con un negozietto nascosto nel quartiere a luci rosse ha partecipato alla Vienna Design Week. Con la sua macchina a controllo numerico per il taglio del cuoio Adrien Rovero ha ideato un progetto che usa gli sfridi per mettere insieme una collezione di allegri animaletti. Il progetto di Adrien è stato adottato da Hermès, marchio di extra lusso.
Non traiamo profitto diretto dal successo dei numerosi progetti di Passionswege, ma creare le premesse per far sì che qualcuno faccia il percorso dal quartiere a luci rosse al paradiso del lusso è una soddisfazione straordinaria. Certe volte, è difficile convincere i piccoli laboratori a lasciarsi coinvolgere, perché devono investire tempo e alcuni di loro non sono mai entrati in contatto con il mondo del design. È il motivo per cui perfino un piccolo festival come questo, con un bilancio limitato e che deve ricominciare da zero ogni anno, assegna un rimborso spese ai progettisti.
Diamo anche parecchia libertà ai designer. Parte del successo di Passionswege sta nel fatto che non ci sono brief: è un fatto di trasferimento di saperi, di rispetto e d’idee per il futuro. Si tratta di dare visibilità alle competenze dei rispettivi partner. La Vienna Design Week, certamente, è riuscita a portare a Vienna dei designer internazionali, a far discutere di design in Austria e dare un posto alla città e al Paese sulla mappa delle manifestazioni internazionali del design. Nella cerchia dei professionisti del design, la Vienna Design Week è un successo internazionale, cosa di cui siamo molto soddisfatti. Altrettanto importante è il fatto che il festival abbia acquisito un’importanza significativa nei settori del design sperimentale e del design sociale per un pubblico locale più vasto, che ora costituisce una parte importante dei nostri 32–37.000 visitatori annui.
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26 settembre – 5 ottobre 2014
Vienna Design Week