Il Design Museum ha scelto un momento abbastanza particolare per annunciare il vincitore del premio Designs of the Year di quest’anno: nel bel mezzo del dopo Salone di Milano, quando la maggior parte del mondo del design sta ancora cercando di separare l’oro dal ferro nel frenetico tentativo di dare un senso alla più grande manifestazione di design dell’anno. Ed ecco che, nella depressione postmilanese, salta fuori il comunicato stampa del Design Museum ad annunciare che il vincitore degli “Oscar del mondo del design” di quest’anno è il sito web GOV.UK. Progettato dal Government Digital Service (l’ufficio della Presidenza del Consiglio dei ministri britannico addetto ai servizi informatici) GOV.UK è un portale unico che riunisce in un solo sito tutti i siti degli enti statali inglesi. Agile? Certo. Più utile? Quasi certo. Ma “rivoluzionario” come progetto? Non ne sarei così sicura.
Designs of the Year 2013
Il portale GOV.UK, che riunisce i siti degli enti statali inglesi, è il vincitore degli Oscar del design. Ma a fare la parte del leone è l’architettura, con la Tour Bois-le Prêtre di Druot, Lacaton e Vassal; la biblioteca di Spijkenisse di MVRDV; e il restauro di Astley Castle di Witherford Watson Mann.
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- Crystal Bennes
- 22 aprile 2013
- London
Sul progetto vincitore il primo ministro britannico David Cameron si è unito al coro delle celebrazioni per proclamare che “il governo tiene a essere il più trasparente del mondo. Per la prima volta i cittadini possono sapere che cosa accade dentro il governo, in un unico luogo e in forma chiara e coerente”. È la metafora modernista “vetro = trasparenza” aggiornata all’èra digitale, ma di certo un sito web facile da navigare non significa un’azione di governo trasparente. Sotto molti aspetti è perfettamente ragionevole che la professione del design voglia avere una parte nei programmi del governo per “fare da battistrada grazie alla progettazione semplice e intelligente”, come ha commentato Griff Rhys Jones, membro della giuria. Ma c’è qualcosa di abbastanza preoccupante in questa prospettiva, dato che progettare per il governo è un gesto ineludibilmente politico. Nel momento in cui i tagli della politica di austerità del governo vengono pervicacemente portati avanti di fronte al pubblico dissenso e alle crescenti difficoltà fiscali dovute al peggioramento del rating – e tutto dipende da un gruppo relativamente ristretto di individui – è difficile digerire l’idea che la bontà del progetto del sito web del governo centrale rappresenti qualcosa di più di una concezione del progetto come cerotto; il che, a mio modo di vedere, è un pessimo segno.
A parte questo, qualunque mostra abbracci il progetto architettonico, quello digitale, di moda, di arredamento, di grafica, di prodotto e dei trasporti tutti insieme in un’unica esposizione rende ambiguo, se non impossibile, giudicare tutti i lavori con un'unica linea di criteri, quale che sia. Si può valutare un prodotto nei confronti di un altro, un’architettura nei confronti di un’altra, ma si provi a mettere le confezioni spray da viaggio di Pierre Hardy vicino allo Shard e alla copertina della rivista The Gentlewoman, e tutto si disfa. Per di più, con lo Shard di Renzo Piano in un angolo e le Corniche dei fratelli Bouroullec per Vitra in un altro, spesso diventa difficile capire se “progetti dell’anno” si riferisce ai migliori progetti di quest’anno oppure a quelli che hanno fatto più parlare di sé, o semplicemente a qualcosa che i giurati hanno pensato fosse fatto decentemente.
Tra tutte le categorie l’architettura fa la parte del leone, con il vincitore, la ristrutturazione della Tour Bois-le Prêtre, progettata da Frédéric Druot, Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal; la rocciosa biblioteca di Spijkenisse di MVRDV; e il bel restauro di Astley Castle opera dello studio Witherford Watson Mann. Anche il design digitale quest’anno si classifica in buona posizione con lo spiritoso Superstitious Fund Project di Shing Tat Chung; il rivoluzionario computer fai-da-te Raspberry Pi, grande quanto un portafoglio; e uno dei miei pezzi preferiti di tutta la mostra (per divertirsi sul serio e per non prendersi troppo sul serio) l’app Zombies, Run!: un gioco interattivo, destinato a chi corre, che usa missioni post-apocalittiche sul tema degli zombie per continuare a essere motivati nella routine del consueto percorso.
Molti progetti sono frustranti, compresi alcuni di quelli di maggior interesse. Come materiale il LiquiGlide (sostanza commestibile, non tossica e lubrificante applicabile al vetro) è potenzialmente molto interessante. Ma se certi designer la spalmano in bottiglie di vetro piene di salsa per poi gridare al progetto straordinario perché il LiquiGlide impedisce lo spreco degli alimenti, la cosa è irritante, se non addirittura offensiva. Salvate il mondo dalle malefatte dell’industria alimentare a ogni schizzo di ketchup! Il vincitore della categoria del design di prodotto, il Kit Yamoyo, progettato da ColaLife e PI Global, è un altro progetto che ho trovato in ugual misura geniale e deprimente. Geniale perché la confezione contiene “prodotti sociali”, sali per la reidratazione orale e integratori dello zinco, che possono contribuire a salvare la vita dei bambini nei paesi in via di sviluppo grazie a confezioni progettate per trovare posto tra una bottiglia di Coca-Cola e l’altra, facendo così miglior uso dei canali distributivi esistenti (e quindi a buon mercato) della Coca-Cola nei paesi in via di sviluppo. Deprimente perché non fa mai pensare alle ragioni per cui succede che, nell’Africa subsahariana, una bottiglia di Coca-Cola sia più facile da trovare dell’acqua corrente, dell’elettricità e dei medicinali di base.
Nella mostra ci sono più lavori di quanti non sia possibile farne ragionevolmente entrare in una singola recensione, e certi probabilmente meritano più di altri di essere schierati sotto l’insegna del “progetto dell’anno”. In realtà una cosa che avrebbe immensamente contribuito a dar senso alla mostra, nonché alla selezione d’insieme, sarebbe stata un’idea chiara di quale definizione i selezionatori, la giuria e i curatori diano del design. Pur avendo certamente ragione il Design Museum a mettere in discussione una definizione troppo limitata del progetto includendo una varietà di differenze di categoria, evitando di definire che cosa renda questi progetti degni di essere collocati al primo posto la mostra corre il rischio di essere risucchiata nel buco nero del suo stesso contesto.
Come sottolinea il numero 1338 di Private Eye il nuovo sistema telematico destinato alla richiesta di pensioni di invalidità e per i residenti all’estero (che fa parte del portale GOV.UK) è compatibile con meno computer di prima: [da GOV.UK] “Il servizio non funziona correttamente con i Mac e con altri sistemi operativi basati su Unix […] Probabilmente si verificheranno dei problemi se si usano Internet Explorer 7, 8, 9 e 10, Windows Vista o uno smartphone. C’è anche il forte rischio che, se si usano […] Chrome, Safari o Firefox il servizio non mostri tutte le domande cui è obbligatorio rispondere. È probabile che ciò impedisca di completare con successo o di inoltrare il modulo”. È certo che dei progetti che partecipano alla gara per i “progetti dell’anno” devono funzionare nel mondo per cui sono stati progettati, non solo nei musei.