Quando si parla del design della luce, e in particolare del progetto degli apparecchi d'illuminazione, ci viene subito alla mente questa fulminante osservazione che Pierluigi Nicolin (direttore di Lotus e docente al Corso di laurea in Interni alla facoltà del Design di Milano) utilizza per descrivere ciò che lui intende per design degli interni, distinguendolo dal design tout court e dall'architettura degli interni. Se questo carattere è più o meno evidente in tutte le esperienze di progettazione che interessano la luce, in taluni casi, come in quello qui analizzato delle edizioni Foscarini, si legge chiaramente attraverso una precisa e originale filosofia editoriale fortemente dedicata al perseguimento di questa ricerca narrativa. Le origini di questa azienda – legate alla storia del vetro di Murano – e la sua data di nascita – il 1983, nel pieno di quel rinnovamento estetico-culturale scaturito nel passaggio epocale della cosiddetta postmodernità –, sono certamente alla base di questa visione progettuale della luce, intesa non come pura prestazione funzionale, ma piuttosto interpretata come vera e propria materia di oggetti nati per disegnare spazi a forte reazione poetica. La fucina postmoderna abbraccia l'idea di un artigianato evoluto in grado di amalgamare, nello stesso crogiuolo, vecchi saperi con nuove tecnologie e materiali innovativi; essa crea una condizione ideale per stimolare sinergicamente innovazione e mercato quando è capace di offrire questa visione produttiva come punto d'incontro con le nuove visioni proiettive del design rispetto ai concetti di tipo, forma e tecnica. Una condizione ideale che, va detto, si mantiene grazie a un equilibrio molto delicato, che difficilmente si raggiunge appieno: a volte, già il solo fatto di cercarlo contribuisce a creare un valore prezioso per l'autentica qualità di un prodotto.
Altre figure, con un diverso linguaggio evocativo, ci arrivano dagli apparecchi a sospensione Tropico progettati da Giulio Iacchetti. Forme ampollose come sfere schiacciate, fusi o gocce sono le presenze fluttuanti simili a meduse che galleggiano liberamente nello spazio. È interessante il gioco di trasferimento che Iacchetti fa dal tradizionale lampadario a gocce di cristallo, proponendo un'idea di lampada costruita con una struttura che si modella per forza di gravità, utilizzando anelli di metallo disposti orizzontalmente, come i meridiani del globo, collegati da elementi in resina termoplastica simili a sfaccettate gocce di cristallo. Una ricerca, questa, percorsa con altri ottimi e diversi risultati da Angelo Mangiarotti nel 1967 con il sistema di ganci in cristallo Giogali. Ma il gioco di rimandi di Tropico continua, e arriva addirittura a collegarsi al mondo degli oggetti di riciclo di alcune aree del Terzo mondo come i cesti realizzati intrecciando strisce di plastica colorata e traslucida. Traslare uno o due concetti insiti nel "lampadario a gocce" alto-borghese in una forma che ricorda alcuni gioiosi modelli scaturiti dal lavoro di riciclo dei suburbi delle megalopoli africane è stato un approccio azzardato che apprezziamo, per quanto basti poco per annullare vicendevolmente la magia dell'una con la seduzione dell'altra.
Sfogliando il catalogo della collezione Foscarini, ti senti come un Ulisse che attraversa un mondo dove si approda in luoghi abitati da lampade che regnano incontrastate su quello spazio, disegnandone l'atmosfera