Ha riaperto a metà settembre, dopo molti anni di oblio, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Le gloriose sale del Louvre sottoposte a un’ambiziosa operazione di maquillage che vede coinvolte quattro equipe di architetti – tra cui Bruno Moinard e Oscar Tusquets per le collezioni storiche e Sylvain Dubuisson per l’epoca contemporanea – daranno vita all’istituzione di un imponente polo museale dedicato alle arti decorative.
Un polo destinato a comprendere oltre al Musée des Arts Décoratifs, il Musée de la Mode et du Textile, il Musée de la Publicité a suo tempo allestito da Jean Nouvel e il Musée Nissim de Camondo, oltre alla Galerie des Bijoux, a una biblioteca e a una scuola.
È interessante che il museo delle arti decorative dedichi la sua mostra inaugurale (“Éditer le Design”, dal 25 ottobre) al design in quanto “questione centrale per la creazione d’oggetti del XX secolo”. Il design è indagato nella sua specifica accezione di edizione quasi che la sua realtà di tiratura limitata abbia eclissato l’idea della serie, paradigma e veicolo principale dell’utopia del “Grande Numero” che ha percorso tutto il periodo pionieristico del design. L’esposizione, organizzata dal Mudac di Losanna, comprende al suo interno una mostra storica dedicata a uno dei casi più esemplari del design come edizione.
“Danese, éditeur de design à Milan” riconosce all’intelligente lavoro di Bruno Danese e Jacqueline Vodoz (un testimone oggi raccolto da CarlottaDe Bevilacqua), un ruolo che merita non soltanto di essere ricordato, ma anche indagato più a fondo nei suoi intrecci con i temi dell’arte.