La Bussola: una leggenda della riviera italiana dall’archivio Domus

Nel 1949 Domus pubblicava un futuro simbolo delle estati italiane, e della musica internazionale: dal palco splenderanno Aretha Franklin, James Brown e Mina, il progetto originale invece era firmato da Baroni, Tempestini e Porcinai.

Prima dell’era epica delle discoteche, un’altra era proiettava le estati italiane nella leggenda dell’immaginario internazionale: l’era dei club, dei locali, dei “ritrovi”, come Domus chiama la Bussola delle Focette – Pietrasanta, piena Versilia – quando la pubblica nel maggio del 1949, sul numero 239. Ci sarebbe voluto ancora qualche anno prima che il dancing in riva al mare della Toscana diventasse sinonimo di varie dolci vite, Italie del boom e storie da jet set, ma dal 1955 cominciarono ad allinearsi i live di Aretha Franklin, Ray Charles, Chet Baker e chi più ne ha, per un pubblico selezionato, da club. Poi una svolta più aperta ai grandi numeri, e l’arrivo del tendone poco distante, Bussoladomani, tra Raffaella Carrà e James Brown, Diana Ross e gli ultimi leggendari concerti di Mina prima del ritiro dalle scene pubbliche, e una presenza sulla tv nazionale con gli accordi stretti con la Rai. Prima di tutto questo, però, c’era la visione di un’Italia di riviera tutta giocata tra vernacolo e moderno, tra capanna e villa, che Nello Baroni, Pietro Porcinai e Maurizio Tempestini avevano tradotto in una pozione versiliana di mattoni sbiancati, pietra e canne palustri sulla spiaggia.

Domus 236, maggio 1949

Ritrovo sul Tirreno

Giovano al turismo in Italia realizzazioni come queste degli architetti Baroni, Porcinai e Tempestini che sono indice di una civiltà di gusto. Sulla spiaggia di Viareggio, in una oasi “nuova” di alberi d'alto fusto, di cespugli, di prati, è sorto questo edificio di pianta e volumi “articolati” : edificio fra club privato e locale pubblico per gente di qualità.

Tutta l’architettura esterna e interna è sapiente valorizzazione e commento al grande protagonista che le sta di fronte: il mare.

Collegati da passaggi coperti e da terrazze, vi sono dancing, ristorante, caffè-bar e piccolo stabilimento balneare. Interessante l'uso rinnovato di alcuni materiali come i mattoni a vista, semplicemente intonacati a calce. Il mattone, asseriscono gli autori architetti, è “polpa d'architettura”, e non ci si deve abituare a nasconderlo sotto pelli e peggio che mai se sintetiche, di varia natura. Lo sbiancarlo è pratica antichissima e nuova ad un tempo in quanto, usata largamente nell'architettura rurale di molte parti d'Italia, questa pratica era stata da tempo abbandonata dagli architetti.

Domus 236, maggio 1949

Un altro materiale interessante, che conferisce carattere alla costruzione, è la canna palustre, usata in vario modo, per tessere soffitti e pergoline creanti un'ombra chiara, non continua. Il tetto, in lastre di eternit ondulato, è laccato in verde; così pure gli infissi e i sostegni delle pergole. Questa schietta colorazione si intona bene, e con effetto evocativo di architetture semplici e serene, con i materiali sovra descritti. Alcune parti della muratura sono in pietra da taglio a vista, come pure il camino del ristorante-bar. In complesso non c'è limite netto tra interno e esterno, stuoie e tende colorate sostenute da esili armature di legno conducono gradatamente da questo a quello, e tutta l'architettura esterna e interna è sapiente valorizzazione e commento al grande protagonista che le sta di fronte: il mare.

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