La megastruttura che poteva sostituire La Stazione Centrale di Milano

Nel luglio del 1931 lo scalo di piazza Duca d’Aosta entrava in funzione, e 45 anni dopo Carlo Moretti proponeva di abbattere l’edificio per farne la testa di un’enorme sistema di uffici, servizi e infrastrutture dallo spirito utopico e metabolista.

L’elefantiaco fabbricato oggi al centro di piazza Duca d’Aosta non è da sempre la stazione centrale di Milano: nasce quando si decide di dismettere la linea ferroviaria più vicina al centro, che aveva la sua stazione nell’odierna piazza della Repubblica. Il concorso bandito nel 1912 viene vinto dalla proposta di Ulisse Stacchini, che tra guerre e rifacimenti arriverà solo all’inizio del luglio 1931 ad essere completata e inaugurata. Col suo stile indefinito tra cenni storicisti, liberty e aggiunte d’epoca fascista, la stazione rivestita di marmo in basso, di cemento in alto e di gesso per i fregi, abbastanza rapidamente genererà idee di sostituzione. Nel 1976 Carlo Moretti, un giovane progettista che Domus segue nel suo primo decennio di proposte radicali, pensava – oltre che ad abbatterla – a farne la testata di un asse direzionale e infrastrutturale che prendeva la forma utopista e integrativa di una megastruttura affine a quelle di Paul Rudolph, che non a caso venivano pubblicate nello stesso numero (il 558, del maggio 1976), echeggiando anche vicende come quella del Grand Central Terminal a New York con la torre Pan Am di Gropius, e quelle dei progetti metabolisti giapponesi. 

Domus 558, maggio 1976

La nuova “City” di Milano

Carlo Moretti: Questo studio (come quello precedente) non vuole essere solo un contributo di idee al Piano Regolatore Generale di Milano, e tanto meno una proposta di piano particolareggiato destinata più o meno ad aggiornare un settore della città, ma vuole essere più impegnativamente l’invito a valutare la dimensione della città in ordine di grandezza territoriale laddove la nuova scala urbana è chiamata a risolvere l’immediato e dram matico futuro delle grandi concentrazioni umane.

Facendo salvi i principi esposti nelle pagine precedenti, questo studio è ad un tempo la logica conseguenza e la molla che ne fa scattare le premesse: ove urbanistica, architettura, previsioni di sviluppo economico, commerciale e sociale obbediscano alla logica serrata ed alla evidenza dei numeri. È la proposta di un “ponte” lanciato dal vecchio nucleo (Milano) verso i nuclei futuri, luogo nevralgico di incontro e di interscambio degli interessi vitali della città-regione.

Domus 558, maggio 1976

L’operazione - tecnicamente possibile, economicamente vantaggiosa, urbanisticamente indispensabile - è affidata al coraggio ed all’intraprendenza di una società in lotta per la propria evolutiva sopravvivenza.

Lo scalo ferroviario della Stazione Centrale di Milano oggi si protende come una grossa spina verso il centro della città... Penetra nel centro senza alcuna contropartita: il viaggio, infatti, non si conclude li ma continua avventurosamente. La Stazione Centrale, che occupa un’area di 250X2.000 m, termina in modo bizzarro con un enorme “monumento”, ingombrante e scomodo, non funzionale per eccellenza, dall’aspetto insulso e tronfio di un lottatore da baraccone.

Domus 558, maggio 1976

Il progetto propone

1. di eliminare l’inutile sovrastruttura del mausoleo-stazione, lasciando inalterato lo scalo ferroviario
2. di costruire - sopra le linee dei treni - la nuova “city” della Re gione Lombardia, nella scala, nella dimensione e con l’arditezza che l’epoca nostra consentono. Parallelamente alla “city” si svilupperà l’autostrada che, partendo dalla stazione, si proietterà verso l’esterno, sino ad allacciarsi alle autostrade

Il progetto vuole raggiungere i seguenti obiettivi

1. nuovo centro direzionale (economico - commerciale- rappresentativo), illimitatamente estensibile
2. terminal ferroviario-aereo-autobusmetropolitana
3. autostrada cittadina. Tuttociò costituirà un “ponte” che allacci il vecchio nucleo di Milano alla città-regione, città-regione intesa non solo come l’hinterland esistente, ma come somma delle nuove concentrazioni urbane

Domus 558, maggio 1976

Descrizione sintetica del progetto

Quota ±0,00: razionalizzare il traffico per consentire la fluida circolazione (qualunque ne sia la provenienza o la destinazione) da e per la Stazione Centrale, e razionalizzare il traffico di transito che con la Stazione non ha nulla a che fare.
Costruire un sottopassaggio per lo svincolo del traffico locale, e costruire la partenza delle corsie della superstrada che, scavalcando le linee ferroviarie, raggiungono l’autostrada Est.
Sistemare gli arrivi alla Stazione con ampie banchine di sosta e di parcheggio per il carico e lo scarico dei passeggeri e dei bagagli. Installare batterie di scale mobili e di ascensori per i sovrastanti terminals ferroviari-autobus-aerei.
Quota +7,00 stazione ferroviaria: invariati i binari ed i marciapiedi attuali, è prevista la riorganizzazione di tutti i servizi per i viaggiatori. Quota +15,00 terminal autobus in tangenza alle corsie dell’autostrada: 38 banchine per gli autobus; terminal per bagagli e merci; parcheggio per 500 macchine ogni 100 m di sviluppo longitudinale.
Quota +21,00: parcheggi e stazione passeggeri per eventuale eliporto (sovrastante).

Le macrostrutture previste alle quote superiori

Le macrostrutture sono organismi complessi che racchiudono in un unico volume tutte le varie soluzioni richieste per la razionale evoluzione delle attività dirigenziali e commerciali di una città moderna. Vi trove ranno la sede i grandi e piccoli uffici, privati o pubblici (uffici comunali e regionali, direzioni di istituti di credito, direzioni ed uffici dei trasporti, ecc.), di tutti quegli enti che possono far capo al centro direzionale della città-regione. La vicinanza di tante attività concentrate in un unico organismo e la loro interrelazione, costituiranno la formazione del grande organismocervello che il moderno assetto della Regione Lombardia richiede come indispensabile struttura.

Le comunicazioni verticali, distribuite lungo i percorsi delle strade interne principali, saranno assicurate da batterie di ascensori e di montacarichi (intervallati di 90 m), oltrecché da scale mobili collegate ai percorsi orizzontali meccanizzati. La proposta è economica, razionale, stimolante. Infatti, l’area è “trovata” - larga 250 m e lunga circa 1,6 km; l’area sopra lo scalo ferroviario è completamente disimpegnata, dato il suo livello già sopraelevato sulla città; non occorrono sventramenti, espropri, esodi (che renderebbero onerosa e lenta l’operazione); occorre solo demolire la stazione.

Domus 558, maggio 1976

In conclusione, pensiamo che questa proposta sia la più fortunata circostanza che la storia urbanistica milanese possa registrare e la più clamorosa occasione a disposizione degli urbanisti e degli amministratori per: A, individuare la sede ideale del Centro Regionale direzionale economico-commerciale della città regione in concomitanza con tutti i mezzi di trasporto e con le ampie superfici di parcheggio; B, creare con un asse vitale un polo di interessi con servizi convergenti: il “ponte” che, innestandosi in modo organico al vecchio nucleo, rilancia nel modo più logico le future espansioni, e lega la città di ieri e di domani a tutto il complesso sistema di comunicazioni regionali e nazionali; C, offrire, a breve o lunga scadenza, un tornaconto di immenso valore non solo in termini urbanistici ma anche in termini economici: più di tre milioni di metri cubi costruibili nella prima fase; D, decongestionare la città dagli uffici che la snaturano, concentrandoli laddove convergono tutti i servizi. in questo modo si restituirà il vecchio centro urbano ai cittadini e gli edifici che resteranno liberi verranno adibiti, a seconda delle loro caratteristiche, ad attività terziarie (scuole, università, musei, centri di ricerca ecc.) oppure trasformati in alloggi privati o collettivi. Così il centro cittadino milanese potrà tornare anche su scala regionale ad essere il luogo dei grossi interessi culturali ed artistici.

Ritengo che anche i tempi siano maturi. Proprio in questa travaglia ta stagione di crisi e di perplessità dovrebbe risvegliarsi finalmente una sensibilità urbanistica: è il momento di dare vita alle grandi opere urbane. Non riconoscerlo è puro nichilismo. O si agisce con razionalità e prontezza oppure per noi agirà la grettezza dei tempi, come sempre, per mano della burocrazia, dei regolamenti, dei così detti piani regolatori palestre di ambiguità politica e di compromessi degli speculatori pubblici e privati. Ci ritroveremo così più che mai soffocati in una inautentica città senza fisonomia, e quel che turo, destinata a scomparire lentamente in un immenso suburbio. Per tale motivo presento questo studio con il carattere di urgenza!

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