Lo showroom di Vignelli per i calcolatori Elea di Olivetti

Dall’archivio Domus, riscopriamo il progetto con cui il grande designer, che ci lasciava 10 anni fa, presentava i calcolatori elettronici sviluppati da Sottsass: un manifesto di unità tra segno visuale e tecnologia.

La maestria con cui Massimo Vignelli ha esplorato il potenziale del segno grafico, creando monumenti culturali come la mappa della metropolitana di New York, è in realtà una maestria nel lavorare con lo spazio in senso lato, riuscendo a farne un fattore di identità. Lo raccontano i progetti di allestimenti e oggetti sviluppati con la moglie Lella, negli Stati Uniti e poi di nuovo in Italia – come lo studio per il TG2 Rai – e lo racconta lo showroom concepito per un’icona della ricerca Olivetti, il calcolatore elettronico Elea. Questo stesso dispositivo – Compasso d’Oro nel 1959 – era di per sé un manifesto di design spaziale e visuale, sviluppato da Ettore Sottsass – e, pare, titolato dal letterato Franco Fortini – per connettere la percezione umana al processo artificiale di calcolo, tra unità di memoria grandi come armadi e traguardabili in sequenza come arredi, e un codice cromatico dei controlli organizzato come un linguaggio. Lo spazio che Vignelli dedica ad Elea è anch’esso un saggio di relazione tra segno e linguaggio, e Domus lo pubblica nel luglio del 1965, sul numero 428.

Domus 428, luglio 1965

Per uno show-room di macchine elettroniche

Uno show-room di macchine elettroniche, per la Olivetti-Elea. Un ambiente che richiami l’attenzione, dall’esterno, come una insegna, senza che il pubblico abbia ad entrarvi (e non entra: le macchine sono in azione).

L’accento fantastico è stato concentrato nel soffitto — lasciato libero il pavimento alle macchine, che variano di numero e di posto.

Il calcolatore elettronico Olivetti Elea 9003 disegnato da Ettore Sottsass. Domus 381, agosto 1961

Un soffitto volumetrico luminoso, una cascata di parallelepipedi in plastica (appesi ad un reticolo) con lampade interne che ne variano la trasparenza. La luce diventa materia, rende percettibili le diverse profondità: sopra la zona delle macchine il soffitto ha una profondità costante, che diminuisce via via procedendo verso le pareti. Il luminoso volume del soffitto “assorbe” i pilastri, li fa scomparire.

 Pareti e pilastri sono in stucco, su toni di rosa; effetto tonale di colore, su diverse intensità. I parallelepipedi del soffitto sono orientati a 45° rispetto al fronte dell’ambiente, verso strada: questo fronte è una vetrata totale che, arretrata dal filo di facciata, dà luogo ad uno spazio esterno di sosta, per il passante incuriosito.

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