Pubblicato in origine su Domus 729/luglio 1991
Una meditata revisione
critica dei fondamenti del movimento
moderno, assieme ad una attenta
mediazione tra innovazione e
tradizione, determinano il significato
e l'importanza di approfondire la conoscenza
dell'opera di Albini, caratterizzata
appunto sia dall'innovazione
tipologica che dalla ripresa di metodologie
e temi della tradizione. Albini
determina molto presto, per
quanto concerne il disegno dell'arredo,
quasi tutte le tipologie sulle quali
lavorerà lungo il corso della vita; possiamo
quindi leggere le sue opere attraverso
l'individuazione di alcuni
nuclei tipologici che vorrei definire
'strutturali'. Le sedie, ad esempio,
costituiscono una costante variazione
condotta su di un'unica tipologia individuabile
già nei disegni per il concorso
Wohnberdarf del 1940.
Franco Albini, mobili, 1938-1959
Vent'anni fa, Vittorio Prina riproponeva, secondo nuclei morfologici, i pezzi disegnati per occasioni di architettura degli interni o per la produzione da uno dei maggiori architetti italiani
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- Vittorio Prina
- 07 aprile 2011
Il capolavoro Luisa, pensato per la produzione in serie, la cui versione definitiva risale al '55, è generato dalle precedenti esperienze: le sedie disegnate per la villetta Pestarini del '38 e per casa Minetti del '39, le poltroncine in legno e vimini di casa Neuffer a Ispra del '40 e le sedie dell'Istituto di Dermatologia cosmetica Hotz a Milano del'45. Il lento processo di variazione e trasformazione prosegue con l'esperienza della Adriana, esasperazione del desiderio di Albini di alleggerire, svuotare, rendere labile. In essa seduta e schienale sono rispettivamente divisi in due parti separate e sospese. L'elenco continua con una sedia pieghevole in legno del 1954, con le poltroncine per la sala consiliare del Comune di Genova nel '55, e con le sedie in tubo metallico per l'Istituto Universitario di Venezia del 1958. Anche la poltrona Tre pezzi, spazio concavo dal rassicurante abbraccio, del '59, sebbene la logica iniziale sia spinta ad un più complesso risultato e quantunque esistano sue varianti in compensato traforato, in legno sagomato e, da ultimo, in tubo di ferro, è ancora figlia della stessa matrice tipologica.
Il postulato di Albini è come sempre molto semplice: la struttura, denunciata in tutta la sua scarna essenzialità ove la sezione del materiale usato è ridotta al limite delle proprie possibilità, regge lo schienale ed il sedile ad essa appoggiati o incernierati in un sol punto. La peculiarità, ad esempio nella sedia Luisa, degli elementi componenti che si 'allargano' ispessendo la loro sezione in vista dell'attacco con un altro componente (e quindi del maggior sforzo da sopportare in quel punto, elemento che ritroviamo anche nelle strutture a vista di molti edifici di Albini) non è una ingenua trasposizione formale, una semplice confusione di sintassi nel passare dall'architettura al disegno dell'arredo e viceversa. Si tratta in realtà del portato di una correttezza strutturale e visiva e di una chiarezza nell'uso dei materiali. Caratteri quindi riconducibili ad unità stilistica.
Il postulato di Albini è come sempre molto semplice: la struttura, denunciata in tutta la sua scarna essenzialità ove la sezione del materiale usato è ridotta al limite delle proprie possibilità, regge lo schienale ed il sedile ad essa appoggiati o incernierati in un sol punto.
Una seconda tipologia strutturale chiaramente individuabile è costituita dall'unione, con traverse e controventature, di due elementi portanti a forma di X: raffinata rielaborazione dei cavalletti da lavoro del falegname. Le prime applicazioni progettuali di questo principio sono la poltrona realizzata nell'arredamento della stanza di soggiorno per una villa alla VII Triennale del '40, la poltrona per l'appartamento dello stesso Albini ancora nel 1940, ed il divano della citata villa Neuffer, tutti archetipi della poltrona Fiorenza. Si ricordano poi innumerevoli altre applicazioni di questa tipologia che prendono l'aspetto di volta in volta di un tavolino in legno e cristallo nel 1945, di una culla e di un fasciatoio nel 1938, di un banco di vendita nel 1945. Il tavolo TL2 del 1951 raggiunge, su questa strada, l'apice della chiarezza progettuale: completamente smontabile, è assemblato solo per mezzo di viti, due delle quali si allungano e diventano barre di controventatura, incontrandosi al centro della traversa inferiore.
Una terza tipologia strutturale è riscontrabile in una sorta di 'piedistallo', costituito da un base pesante, in genere dalla forma cilindrica o troncoconica, che regge un sostegno la cui sagoma e sezione sono variabili. Elemento robusto e isolato a sostenere il piano della scrivania Stadera o del tavolo TL30 (base in marmo, fusto in metallo), del 1957, oppure esile supporto unitario e ripeti bile nello spazio che regge le tele nella sistemazione della Galleria Comunale di Palazzo Bianco, 1951, o i pannelli espositivi nell'allestimento della sala La storia della bicicletta alla IX Triennale di Milano del '51 o del Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Palazzo Grassi nel '52. In certa misura questa terza tipologia deriva in realtà, concettualmente e spazialmente, dal quarto tipo di cui ci occupiamo: il montante verticale. Semplice asta verticale che compone un reticolo tridimensionale rigorosamente modulare (vedi gli elementi espositori orizzontali nella Sala dell'Aerodinamica per la XV Fiera di Milano del '34 e l'allestimento interno al padiglione INA alla Fiera del Levante di Bari del '35) assume – già nella mostra dell'Oreficeria Antica alla VI Triennale di Milano del '36 i caratteri più consueti del linguaggio albiniano con l'aggiunta di elementi verticali a reggere una teoria di lampade, via via sino alla libreria Veliero per l'appartamento di Albini, esemplificazione della sua poetica, oggetto nel quale ritroviamo la matrice costruttivista presente nei suoi primi lavori di architettura. I due montanti, correlati da una complessa tensostruttura alla quale sono sospesi gli elementi che a loro volta reggono i ripiani di cristallo, appaiono come svuotati, composti da quattro esili barre curvate, accostate e incastrate a formare un leggerissimo 'fuso'.
L'uso dell'elemento-montante è ulteriormente affinato nell'allestimento della Mostra di Scipione e del Bianco e Nero alle Sale Napoleoniche della Pinacoteca di Brera nel '41: i puntoni, appoggiati a terra ma apparentemente sospesi ad un reticolo orizzontale di cavi che 'misura' e racchiude superiormente lo spazio, reggono di volta in volta altri montanti orizzontali, aerei supporti per i dipinti, ripiani espositivi. Il montante, che ora è composto da barre accostate l'una all'altra e unite da calastrelli che le ritmano dall'interno, diventa un elemento decisamente complesso nel negozio capolavoro Sampo-Olivetti a Parigi del '58: in questo caso è dotato di supporti per i ripiani triangolari, di puntali che servono sia da appoggio a terra che da attacco per una lampada. Le librerie LB7 del 1957 e LB10 del 1962 costituiscono un esempio dell'applicazione del montante alla produzione in serie.
Nel tavolo TL3 ogni gamba funge da montante, in questo caso blocco unico quasi completamente tornito ad esclusione del punto in cui si aggancia all'elemento traversa orizzontale, ove conserva la sezione quadrata. Il massimo viluppo, sebbene a diversa scala, di questo reticolo spaziale è raggiunto da Albini nel Salone d'Onore alla X Triennale di Milano del '54, ove i montanti, costituiti da tralicci da ponteggio, sorreggono in basso le bacheche espositive, prolungandosi poi a formare una grande struttura che lascia sospeso a mezz'aria l'introverso involucro per l'auditorium temporaneo. Nel reticolo orizzontale di cavi che, in molti allestimenti, racchiude quasi immaterialmente lo spazio, può essere riconosciuta una ulteriore e conseguente caratteristica spaziale albiniana, declinata in molteplici suggestioni: con fitti cavi sospesi ad un vertice, appoggiati a mezz'aria ad una struttura poligonale e tenuti in tensione da contrappesi sferici che sfiorano il pavimento nell'allestimento del Centro Internazionale delle Arti e del Costume a Palazzo Grassi nel '52; con veli di garza bianca alla mostra di Arte Decorativa a Stoccolma del 1953; con setti di carta da parati che scendono a raggi era da un vertice comune ruotando e scostandosi l'uno dall'altro nella sala La storia della bicicletta nel '51. Simili soluzioni in forma di raggiera, a determinare una forte tensione spaziale, possono essere ritrovate nella casa a Somma Lombardo (i travetti in legno nel tetto della torre cilindrica), o nel museo del Tesoro di San Lorenzo a Genova (le costolature orizzontali del soffitto).
Per finire poi una ennesima innovazione nella concezione di Albini è individuabile nel "sospendere persone e oggetti", non soltanto esplicitamente (ripiani, espositori, scale, passerelle, poltrone), ma anche implicitamente all'interno di ogni singolo oggetto: nella poltrona Fiorenza, ad esempio, il sedile è appeso con cinghie alla struttura; nella sedia Adriana le due parti che compongono sedile e schienale sono anch'esse unite da cinghie; nella sdraio a dondolo (reinterpretazione della chaise-longue di Le Corbusier) la tela che regge la persona è legata al telaio con corde intrecciate, il cuscino è sospeso ad un contrappeso; infine nelle poltrone Margherita e Gala la persona è sollevata su di un'improbabile struttura a fasce in canna d'India curvata.