La cultura, come molti altri settori di cui però si parla certamente molto di più, è stata investita da un’ondata d’incertezza totale e destabilizzante: le mostre non aprono, i musei chiudono, i progetti vengono rimandati a data da destinarsi, gli artisti posticipano le loro scadenze, gli addetti ai lavori arrancano e cercano vie alternative, rifugiandosi sempre più nel digitale, dove tentano di trovare faticosamente posto. Congedando il nefasto 2020 ci auguriamo di lasciarci alle spalle una pagina nerissima della storia, pronti a guardare al neoarrivato 2021 con positività e soprattutto a tornare nei musei di tutto il mondo a nutrirci d’arte e di cultura, in questi mesi ingiustamente cancellata dalla lista dei beni di prima necessità, scalzata e sostituita da pallidi surrogati che ci vogliono dietro a uno schermo come spettatori passivi, più che come corpi in movimento e menti vigili capaci di pensiero critico. Così, consapevoli del fatto che le carte potrebbero venire nuovamente sparigliate, ci auguriamo di poter vedere una serie di mostre che sono già in programma in alcune delle migliori istituzioni del globo.
Il 3 febbraio è prevista presso il Centre Georges Pompidou di Parigi una mostra (realizzata in collaborazione con il K21 di Düsseldorf) dedicata all’opera dell’artista tedesca Hito Steyerl (1966), si tratta di una selezione retrospettiva sul suo lavoro che, attraverso le tecnologie più recenti, invita a riflettere su come queste abbiano la capacità di rimodellare la realtà, un progetto espositivo (accompagnato da due pubblicazioni) che avrà come punto di partenza la peculiare architettura del museo parigino.
Inizia invece il 20 marzo al Kunstmuseum Basel il tour della grande mostra dedicata a Sophie Taueber-Arp (1889-1943), dal titolo “Living Abstraction” che viaggerà poi alla Tate Modern di Londra da luglio e al MOMA di New York da novembre (la mostra è infatti stata organizzata in collaborazione dai tre musei). Si tratta della più grande retrospettiva dedicata a questa pioniera dell’astrattismo che ha saputo travalicare i confini tra arte e design.
Dal 21 marzo a Venezia, Palazzo Grassi – Punta della Dogana ospita “Bruce Nauman: Contrapposto Studies”, una grande mostra dedicata all’artista americano Bruce Nauman (1941) nella quale oltre alla serie dei “Contrapposto Studies” vengono proposti lavori storici che, all’interno di un percorso espositivo immersivo, evidenziano i temi della ricerca dell’artista: dal suono, alla performance, allo spazio.
A partire da aprile il Palais de Tokyo da “Carte Blanche à Anne Imhof” artista tedesca (classe 1978) che nel 2017 vinse il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia con “FAUST” e a cui oggi l’istituzione parigina chiede di realizzare un progetto espositivo all’interno dei suoi spazi, proseguendo la serie di “Carte Blanche” già avviata con Parreno, Seghal, Henrot e Saraceno. Per l’occasione la Imhof metterà a nudo gli spazi del Palais de Tokyo accompagnando il pubblico in una discesa a spirale nelle viscere dell’edificio, attraverso le proprie opere e quelle di altri artisti ospiti.
Sempre ad aprile al PAC di Milano si tiene l’attesa mostra personale di Tania Bruguera (1968), artista e attivista cubana le cui performance e installazioni esaminano le strutture del potere ed esplorano i modi in cui l’arte può essere applicata alla vita politica quotidiana. A Milano viene presentata una selezione delle sue azioni più importanti insieme a opere inedite pensate per l’occasione, già a febbraio 2020 l’artista aveva affisso in città 200 poster che riproducevano le 12 stelle della bandiera europea unite da un filo spinato, accompagnate dal testo che recitava "The poor treatment of migrants today will be our dishonor tomorrow" (Il misero trattamento riservato ai migranti oggi sarà il nostro disonore di domani).
Il 18 aprile invece la Fondation Beyeler apre un progetto espositivo di Olafur Eliasson di cui si sa ancora poco se non che “l’artista sta trasformando il museo per offrire un’esplorazione immersiva e transfrontaliera delle nostre idee di natura e cultura”.
Il 10 settembre, invece, aprirà un promettente progetto di ricerca sui “poèmes industriels” di Marcel Broodthaers (1924-1976), artista belga tra i padri fondatori dell’arte concettuale europea, al Wiels di Bruxelles. Questa parte della produzione dell’artista (realizzata tra il 1968 e il 1972) è ancora poco nota ma per l’occasione verranno presentati circa un centinaio di “poèmes industriels”, sorta di rebus che evidenziano la non coincidenza tra segno e significato linguistico, oltre a giocare con l’idea di testo come immagine e immagine come testo.
Per concludere, il 2021 è anche l’anno di Momentum11, biennale norvegese il cui titolo per questa edizione è “House of Commons”, date e programma della rassegna curata da Théo-Mario Coppola verranno annunciati più avanti ma il progetto ruota attorno al concetto di “commons” sviluppato da Elinor Ostrom a partire dagli anni Ottanta.