Non ci sarà mai più nella nostra epoca qualcosa di simile a Franco Maria Ricci, è impossibile. Nessun uomo di quello stampo è possibile oggi, uno stampo che veniva da lontano, dall’aristocrazia – ricordava FMR che suo padre non aveva lavorato, mai, neanche un giorno della sua vita – e che si era adattato prima agli studi in Geologia e poi a fare il designer negli anni ’60.
I suoi loghi esistono ancora, li vediamo lungo le autostrade, li ricordiamo – i loghi di Poste Italiane, di CariParma, delle cucine Scic, e sua anche l’idea delle opere d’arte sui biglietti aerei Alitalia alcuni decenni fa. Poi c’era stata la passione per Giambattista Bodoni e la riedizione del suo Manuale Tipografico nel 1963: Ricci lo propose alle biblioteche di mezzo mondo e si dice che risposero in quattrocento a quella chiamata, ma molti lo fecero sbagliando la cifra per il pagamento, 500$ anziché 50$ come richiesto. Pagarono di più: ai burocrati librai sembrava troppo poco. Viveur con spilla in bachelite rossa – dono di Ottavio Missoni – fotografato in Jaguar E-Type sotto al Battistero di Parma da Ugo Mulas, dagli anni ’60 FMR – in francese le sue iniziali si pronunciano éphémère, effimero – diventa sempre più una cosa sola con il suo stile.
Ricci ha sempre visto i suoi libri e tutte le sue attività come un’unità, ma col passare degli anni allena un particolare occhio che scopre di avere nel distinguere, nello scegliere, nel cercare, nel selezionare. Una sensibilità collezionistica che lo porta a spaziare per epoche e stili ma con una preferenza per il neoclassico e l’accumulo del fantastico da wunderkammer e le vanitas, nature morte secentesche che rammentavano all’uomo del tempo l’inevitabile caducità della vita.
Agli anni ’80 Franco Maria Ricci arriva da editore di libri d’arte preziosi, coltissimi e spesso incredibili anche per il tempo: uno su tutti il Codex Seraphinianus di Luigi Serafini che pubblica nel 1981. Il Codex è un’enciclopedia di un mondo immaginario scritta in una lingua inesistente, un libro incomprensibile per capire il mondo. Sempre in quel decennio comincia l’avventura di FMR, la rivista d’arte con le sue iniziali, “la rivista più bella del mondo” si diceva, ed era ed è vero. Provate a cercarne qualche vecchio numero nei mercatini dell’usato: chiedono quattro, cinque euro a numero. Di FMR ricordo un editoriale, firmato ovviamente da lui, nel numero di ottobre 1985, trentacinque anni fa, dove spiegava ad abbonati e lettori l’aumento di prezzo della rivista: “Per farci conoscere da molti abbiamo voluto a tutti i costi contenere il prezzo dell’abbonamento (rimasto praticamente invariato per tre anni, dal 1983 al 1985) e quello di copertina. Questo ci ha spinto ad abbandonare la stampa in macchina piana e ad adottare anche noi le rotative offset a quattro colori e una carta relativamente leggera. FMR è rimasta bella, ma non sempre come io, suo editore, l’avrei voluta. Basta, me ne pento, non accadrà più. (…) Sarà in tutto e per tutto come la sognavo quando la lanciai con lo slogan: la rivista più bella del mondo”. Quale editore oggi saprebbe raccontare la sua impresa in questa maniera? Quale lettore o abbonato avrebbe voglia di starlo a sentire? E soprattutto, tirare fuori due soldi in più? Nessuno. Al tempo si poteva.
Dalla rivista FMR poi si arriva pian piano al sogno del labirinto, idea si dice nata da una conversazione di Franco Maria Ricci con Borges. A Fontanellato, poco lontano da Parma ma in aperta campagna dove Ricci viveva in una tenuta immensa, dove perdersi apposta. Leggenda vuole che Ricci chiese all’argentino: “Vorrei costruire il labirinto più grande del mondo” e l’altro rispose “Non puoi, c’è già il deserto”. Di quel labirinto di bambù sempre Ricci disse “Il labirinto dura. Ed è difficile oggi fare qualcosa che duri: ma il labirinto non può essere distrutto”. Destinato a restare tra i piedi dei posteri, il Labirinto di Fontanellato inaugura nel 2015. Andate a rendere omaggio a un essere umano immenso della nostra epoca: visitate questo weekend il Labirinto di Fontanellato per salutare Franco Maria Ricci: 3 dicembre 1937, 10 settembre 2020.