Una biblioteca di porcellana dischiude le voci dell’esilio

Edmund de Waal racconta il suo nuovo progetto Psalms. I due capitoli si innestano nella sinagoga del Museo Ebraico di Venezia e all’Ateneo Veneto.

I salmi sono composizioni poetiche ebraiche che anticamente venivano cantati e accompagnati dal suono di uno strumento a corde. La musica, il ritmo e la lirica della memoria di coloro che sono stati forzati all’esilio, sono ingredienti squisitamente essenziali nella poetica dello scrittore e artista Edmund de Waal e di questo suo nuovo, monumentale progetto che sarà presentato il 7 Maggio 2019, in concomitanza con la 58esima Mostra Internazionale di Arte della Biennale di Venezia.

I capitoli e le sedi sono due. La prima, la Scuola Canton, sinagoga di rito ashkenazita fondata tra il 1531 il 1532, ora parte del Museo Ebraico, in Campo del Ghetto Nuovo. Qui de Waal introduce nuove installazioni basate sui Salmi, la poesia dell'esilio, in alcuni degli spazi che vedono ospitare un progetto di arte contemporanea per la prima volta. De Waal articola un percorso di opere, costruite quasi inseguendo la luce naturale che pervade lo splendido edificio, che dal piano terra sale sinuosamente attraverso le scale, lambisce con lo sguardo la dorata sinagoga e raggiunge la vetta dell’edificio, dalla quale si abbraccia una vista su tutto il ghetto nuovo, la parte più antica del quartiere ebraico. Le sue sono sculture, sollevate in un ritmo delicato, fatte di tre materiali: porcellana, alabastro e foglie d’oro. Sono raggruppate in cornici anch’esse rivestite di porcellana, che si reiterano in diverse grandezze, scandendo un ritmo che accompagna lo sguardo attraverso scorci del museo mai aperti prima.

De Waal rivela delicatamente, sulle superfici dei suoi materiali, prosa e poesia di scrittori che hanno subìto l’esilio. Questo è il progetto che l’artista inglese ha confessato di aver sempre sognato di fare. “Riguarda l'esilio: cosa significa dover spostarsi in un altro paese, parlare un'altra lingua.”

Il secondo capitolo di Psalms si troverà all’Ateneo Veneto, e proprio qui continua la riflessione sull’esilio. Con oltre 60 mila volumi, essa è una delle più importanti biblioteche veneziane. E’ proprio qui che Edmund de Waal sta costruendo un piccolo padiglione all'interno dello spazio principale dell’Ateneo, che ospiterà 2000 libri di scrittori che hanno subìto un esodo forzato, da Ovidio ai giorni nostri.

Questa “biblioteca dell’esilio” presenterà libri in lingua originale e in traduzione, riflettendo l'idea del linguaggio come migrazione. Quattro vetrine di vasi di porcellana, basati sulla famosa stampa rinascimentale del Talmud di Daniel Bomberg, saranno appese alle pareti tra i libri. La struttura stessa avrà un esterno rivestito di porcellana, su cui poggia una foglia d'oro che svelerà i nomi delle librerie perdute del mondo.

Adonai (2019), Edmund de Waal. Foto Fulvio Orsenigo

Il Museo Ebraico e l’Ateneo Veneto. Perché questa scelta?

Ho una lunga relazione con il Museo Ebraico, che ho visitato numerose volte. Mi colpisce il senso di crescita, della molteplicità di storie che racchiude, delle numerose voci presenti all’interno di questo edificio. La seconda parte della mostra si trova all’Ateneo Veneto, uno storico luogo d’incontri e dibattiti della vita intellettuale della città, un luogo di scambio democratico. Per queste ragioni ho pensato che fosse il posto ideale per la costruzione della mia biblioteca, un luogo che si presta alla riflessione sulla storia della letteratura in esilio.

La finalità, per me, è attuare una sorta di archeologia, per scoprire quali voci e risonanze si possano far riaffiorare. I Salmi - titolo della mostra - raccolgono canzoni, poesie, pratiche religiose, memorie, tutte cose bellissime – ecco perché ho voluto usare questo come tema del mio progetto.

Il tuo lavoro dischiude una delicata melodia che si avvale di diversi mezzi: la letteratura, il richiamo alla musica, il tatto e la scultura.

Volevo dare una risposta a questi spazi, che includesse più livelli di espressione e soprattutto il movimento: in che modo è possibile muoversi nello spazio e scoprire scorci nascosti e nuovamente rivelati. M’interessa il linguaggio del movimento, nello spazio o negli incontri. Questo è quello che è la mia vita, in continuo movimento, camminando verso qualcosa.

Sukkah (2019), Edmund de Waal, Jewish Museum, Sukkah Room. Foto Fulvio Orsenigo

La relazione tra l’esilio e il linguaggio. La lingua può essere sia un ponte di comunicazione sia un ostacolo.

Il linguaggio può essere un enorme ostacolo. E’ molto interessante, una sorta di alterità, come essere qualcun altro . Tu porti la tua lingua con te ovunque tu vada e il modo in cui ci si approccia al linguaggio in un momento di esodo è sempre stato un elemento molto potente della cultura. C’è una straordinaria relazione tra chi è in esilio e cosa significa portare con sé un linguaggio in esilio. Quello che sto cercando di fare è tracciare questa straordinaria migrazione di lingue - spesso dolorosa - e l’incredibile valore che viene portato con sé in questa migrazione linguistica. Nel momento storico in cui ci troviamo - questa terribile era nativista di confini - abbiamo questa straordinaria storia di scrittori esiliati. Nella biblioteca dell'esilio si troveranno libri tradotti dalle lingue originali e libri che esistono solo nella loro lingua madre. Spero che anche questi ultimi, vengano, un giorno, tradotti.

Le tue opere si manifestano in forme minimali, dal colore bianco latte. Come raggiungi questa forma estetica?

Sto ancora cercando di creare con il meno possibile. In queste opere utilizzo due, tre materiali al massimo, e sento che è questa la strada giusta per me. Non cerco la purezza - che è un concetto terribile e carico di ansie – ma è un tentativo di vedere come si possa semplicemente sedersi nel mondo, con una o due cose, e vedere quanto lontano si possa andare con esse.

Artiste:
Edmund de Waal
Monstra:
Psalms
Date di apertura:
8 Maggio – 29 Septembre 2019

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