L’epopea del tennis nell’arte

Il successo di Jannik Sinner, oggi il tennista numero uno al mondo, riaccende l’entusiasmo per il tennis, uno sport che già nel Seicento trovava spazio anche nel mondo dell’arte. Michele Desubleo ha colto l’essenza del tennis, rivelandone forza e fragilità al tempo stesso.

Il trionfo di Jannik Sinner a numero uno del ranking mondiale di tennis è travolgente. E l’entusiasmo per lo sport in bianco riemerge con prepotenza, invitandoci a ripercorrere le sue origini, i protagonisti indimenticabili e gli incontri che ne hanno plasmato la leggenda.

Dalle rudimentali sfide del “Jeu de Paume” nelle vivaci corti francesi, il tennis è un’odissea straordinaria, che ha attraversato mari e continenti per approdare sui verdi campi di Wimbledon, teatro dei più prestigiosi tornei e di campioni mitici come Adriano Panatta, Bjorn Borg, John McEnroe, Pete Sampras, Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic. Ma questi sono solo alcuni dei nomi che hanno scritto la storia del tennis, regalando al pubblico match indimenticabili e infrangendo record eccezionali.

Il tennis però è ben più di uno sport di sudore e di rovesci. È un’epopea che si snoda tra passato, presente e futuro, intrecciando storie di passione, sacrificio, trionfi e arte. Anzi, soprattutto arte come quella de Il Ragazzo con pallacorda, olio su tela di rara iconografia, rappresenta un tassello prezioso nella produzione di Michele Desubleo, raffinato pittore fiammingo naturalizzato italiano, annoverato tra i migliori del Seicento bolognese.

Max Liebermann, Partita di tennis in riva al mare, 1901

La scelta di questo tema, all’epoca considerato un semplice passatempo, rivela la sensibilità di Desubleo verso le nuove tendenze che animavano la società del tempo. Lo sport, infatti, stava assumendo un ruolo sempre più centrale, incarnando valori di forza, coraggio e competizione che affascinavano le masse.

Desubleo non si limita a ritrarre un semplice gioco, ma coglie l’essenza di questo fenomeno in trasformazione. Il ragazzo non è solo un giocatore, ma un eroe moderno, simbolo di una gioventù vigorosa e ambiziosa. La sua posa statuaria, lo sguardo fiero e determinato, richiamano gli ideali classici di eroismo, reinterpretati in chiave barocca. Ma Desubleo non si lascia sedurre dalla mera celebrazione atletica. La luce caravaggesca, sapientemente modulata, crea un’atmosfera dinamica e ricca di contrasti, che amplifica la tensione emotiva della scena. L’ombra avvolge il giovane in un alone di mistero, suggerendo forza attraverso la superficie pittorica e l’impostazione eroica.

In questo gioco di rimandi e allusioni, Desubleo dimostra la sua profonda conoscenza della natura umana e la sua capacità di cogliere le contraddizioni del suo tempo.

L’opera, infatti, non può essere disgiunta dal tragico evento che sconvolse la vita di Caravaggio, figura leggendaria per Desubleo durante gli anni dei suoi esordi romani: il duello nel campo di pallacorda che costò la vita a Ranuccio Tomassoni. La racchetta impugnata dal ragazzo assume così un significato inquietante, divenendo emblema della violenza e della fragilità che si annidano dietro la maschera dell’eroe.

John Lavery, La festa del tennis, 1885

In questo gioco di rimandi e allusioni, Desubleo dimostra la sua profonda conoscenza della natura umana e la sua capacità di cogliere le contraddizioni del suo tempo. Il Ragazzo con Pallacorda si erge così a documento storico di straordinario valore, offrendoci uno spaccato suggestivo della società seicentesca e delle sue complesse dinamiche.

Desubleo, nato Michel Desubleay, si forma in patria con Abraham Janssens e si perfeziona a Roma al fianco del fratellastro Nicolas Regnier, esponente di un caravaggismo elegante e letterario. Il suo talento lo porta a conquistare committenze prestigiose da parte del Granduca di Toscana e degli Estensi di Modena. Dopo un proficuo decennio a Venezia, ricco di opere per le chiese cittadine, si stabilisce a Parma, dove lavora per le chiese e per i Farnese.

Il Ragazzo con Pallacorda rappresenta una sintesi esemplare del percorso artistico di Desubleo, dove la lezione caravaggesca si fonde con suggestioni classiche e l’influenza di Guido Reni, nella cui bottega il pittore lavorò a lungo. Ne emerge uno stile personale, caratterizzato da una resa naturalistica impeccabile, un uso sapiente della luce e dell’ombra e una profonda introspezione psicologica.

L’opera di Desubleo ci invita a guardare oltre la superficie della bellezza formale e ad apprezzare la sua profonda complessità. Un dipinto che non è il semplice ritratto di un giovane atleta, ma un’allegoria della società del suo tempo, con le sue aspirazioni, le sue contraddizioni, le sue inquietudini e i suoi passatempi. Le pennellate magistrali di Desubleo catturano l’essenza di di una trasformazione, infondendo alla figura un’aura di dinamismo e nobiltà. Il significato del dipinto va oltre il suo brillante valore artistico; serve come documento storico, catturando l’infanzia dello sport come forza sociale.

Il tennis, con la sua carica agonistica e la sua bellezza estetica, ha conquistato il cuore di milioni di persone in tutto il mondo.

In quest’opera, come in tante altre, l’arte e lo sport si incontrano, celebrando la grandezza dell’uomo e la sua incessante ricerca di perfezione.

Immagine di apertura: Michele Desubleo, Ragazzo con Pallacorda (olio su tela, cm 110×70 ca.), '600

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