Dara Birnbaum, nata a New York nel 1946, è considerata una pioniera della video arte americana. I primi lavori risalgono ai primi anni ‘70: al centro della sua ricerca gli stereotipi di genere, le ideologie e le estetiche dei mass media. Il suo approccio è il frutto di un percorso ibrido che la porta prima a studiare architettura presso la Carnegie Mellon University di Pittsburgh, arte al San Francisco Art Institute e infine video ed editing elettronico al Video Study Center di New York. Tra le prime opere realizzate, Mirroring del 1975: la generazione di cui Birnbaum fa parte si sente attratta dall’immagine e dal linguaggio di Hollywood. Ciò che attira Birnbaum, invece, sono i media stessi e la loro possibile manipolazione – qualcosa che fin da subito la fa scontrare con le rigide normative americane sui diritti televisivi. “Non volevo occuparmi dei media traducendoli con altri media, ma utilizzare il ‘video nel video’”, ripete spesso l’artista in occasione di interviste.
Chi è Dara Birnbaum, artista del video come atto di ribellione
Pioniera della video arte, da sempre impegnata in una ricerca sulle conseguenze dell’evoluzione tecnologica, Birnbaum è protagonista della mostra all’Osservatorio di Fondazione Prada a Milano.
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- Brenda Vaiani
- 04 maggio 2023
Le sue opere video, a partire da Technology/Transformation: Wonder Woman (1978/1979), passando per Transmission Tower: Sentinel (1992) alle più recenti Arabesque (2011) e Psalm 29(30) (2016) si appropriano del formato televisivo archetipo sfidando l’immaginazione del pubblico con immagini in loop, messaggi e soundtracks e partire dagli anni ‘80 seguono uno sviluppo formale, integrandosi a elementi fotografici, scultorei o architettonici di grandi dimensioni.
Non volevo occuparmi dei media traducendoli con altri media, ma utilizzare il ‘video nel video’
Dara Birnbaum
Quella di Dara Birnbaum è una ricerca che da quasi cinquant’anni segue le colossali trasformazioni della tecnologia e del nostro modo di fruirla e recepirla. Nel far questo, si confronta inevitabilmente con nuove generazioni di video artist. All’età di settantasette anni, è la stessa artista a metterlo in evidenza: "il mio interesse continua a rivolgersi verso i processi, piuttosto che verso i prodotti eppure oggi tutto viene quantificato in termini economici”, il che si collega anche al tema dell’appropriazione: “tutto proviene da una quasi totale accessibilità, io invece facevo quel che facevo proprio per sentirmi una sorta di ‘pirata’” . La ricerca dell’artista segue due filoni principali, spesso intesecatisi tra loro: la critica e manipolazione dei media e l’attivismo femminista. Due opere che ben li rappresentano sono Technology/Transformation: Wonder Woman del 1978 e Damnation of Faust: Will-O-The-Wisp (A Deceitful Goal), del 1985. La prima opera attinge dalla serie tv “Wonder Woman” basata sulle avventure dell’omonimo personaggio dei fumetti DC Comics. Trasmessa tra il 1977 e il 1979 è rimasta negli anni un vero e proprio cult anche grazie all’interprete Lynda Carter, un’icona di bellezza degli anni ‘70.
Dara Birnbaum si focalizza sull’inquietante messaggio che ogni giorno, tramite questo show, passava ai suoi spettatori: quello di una donna cui era sufficiente compiere una piroetta per abbandonare i modesti abiti da segretaria e riapparire in quelli da supereroina: stivali rossi alti fino al ginocchio, pantaloncini stellati aderenti, un bustino rosso decorato con un'aquila. “Secondo le classifiche Nielsen la famiglia americana media trascorreva circa sette ore e mezza di fronte alla televisione”, racconta l’artista in un’intervista. “Se stessi dipingendo un paesaggio a me vicino, questo sarebbe costituito da programmi televisivi come ‘Wonder Woman’”.
Contando su alcune conoscenze negli studi televisivi l'artista entra in possesso del materiale della serie. Ne sceglie le scene più simboliche – in cui la Carter si trasforma o corre all’azione – frammentandole e riunendole in un video: i frame si contorcono su loro stessi andando a modificare la sintassi dei dialoghi, imprigionando la protagonista a compiere gli stessi gesti, in loop. “Ai tempi non mi interessavano le implicazioni legali. Sentivo il diritto di rispondere”. Comprendere il potere persuasivo dei media sulla cultura popolare, per Birnbaum non era sufficiente: bisognava ribattere.
Tra il 1983 e il 1987 Birnbaum si confronta con la composizione La damnation de Faust di Hector Berlioz ispirata alla leggenda del Faust di Goethe. Realizza una trilogia di opere video intitolata “Damnation of Faust: Will-O-The-Wisp (A Deceitful Goal)”, che adatta la storia nella New York contemporanea. Per l’artista, è l’occasione per aprire una riflessione sulla figura della donna e le narrazioni che l’hanno mortificata. “Provavo insoddisfazione nei confronti del personaggio di Margarete: veniva descritta come una donna superficiale, facilmente seducibile grazie ai beni materiali e perciò totalmente incapace di comprendere il suo innamorato Faust, che invece seguiva valori e sentimenti più alti”.
L’artista trasforma il mito faustiano in un’introspezione onirica sulla dualità tra il sé interiorizzato e il mondo esterno. Le scene di quotidianità di ragazzine riprese mentre si trovano in un parco giochi della Manhattan meno abbiente, evocano il desiderio di trascendere la quotidianità, la nostalgia per l'innocenza e il rinnovamento. Nonostante le forme contrastanti di restrizione sociale, la donna è alla continua ricerca della propria identità. Secondo l’artista, Margarete è una figura archetipica del rapporto uomo-donna: ecco perché nella sua opera la donna perde l’isteria del personaggio originale e va a incarnare lo stesso Faust, il personaggio maschile predominante, colui che ottiene potere anche col sopraggiungere della morte.
L’utilizzo che Dara Birnbaum ha fatto del materiale della televisione popolare sono stati rivoluzionari: l’appropriazione, il remix e l’editing che hanno contraddistinto la sua produzione hanno influenzato non solo le nuove generazioni, ma lo stesso linguaggio visivo.
Immagine di apertura: Dara Birnbaum. foto di Francesca D'Amico