Nel prendere atto di un nuovo scenario di crisi, dell’affacciarsi al mondo di una generazione che è già alla seconda di quelle “crisi che colpiscono una volta sola ogni generazione”, diventiamo consapevoli in questi mesi dei mutamenti radicali che questa crisi ha già praticato nelle nostre strutture: lo ha già fatto in quarantena coi nostri modi di abitare, lo fa ora chiamando soggetti, reti e gruppi a posizionarsi rispetto a quello che finora era stato il loro riconoscimento sociale, politico ed economico. Il mondo dell’arte, particolarmente colpito, è stato tra i primi a interrogarsi e mobilitarsi, in diverse declinazioni. Nei mesi di lockdown, da un primo germinare di scambi, ha preso forma AWI — Art Workers Italia, raggruppamento informale che ha poi debuttato nel discorso pubblico tramite social lo scorso 1° maggio, intenzionato a scuotere le basi del mondo dell’arte in quanto mondo di lavoro, promuovendo una ridefinizione della sua struttura prima di tutto etica.
Potete sintetizzare in due frasi la rivendicazione di AWI su lungo e breve orizzonte, e la peculiarità del suo posizionamento nel panorama italiano?
Il primo ostacolo con cui ci scontriamo è l’“invisibilità” delle lavoratrici e dei lavoratori dell’arte contemporanea – nonostante siano proprio loro a rendere possibile l’esistenza di opere, grandi eventi, mostre e progetti culturali di rilevanza educativa e sociale per tutta la comunità. Per questo gli obiettivi di Art Workers Italia sono il riconoscimento delle professionalità, la regolamentazione dei rapporti di lavoro, la redistribuzione delle risorse, la riforma e il ripensamento delle logiche dell’intero settore. AWI si ispira a movimenti che in passato si sono mossi in modo simile, con la peculiarità di strutturarsi come gruppo informale e apartitico secondo una logica inclusiva e orizzontale. Sentiamo l’urgenza di raccogliere queste esperienze e portarle avanti in dialogo con realtà affini in Italia e all’estero.
Art Workers Italia: “Combattiamo l’invisibilità dei lavoratori nell’arte contemporanea”
Un gruppo informale di ricerca e azione si è attivato nei mesi della pandemia per ottenere riconoscimento e tutela di lavoratrici e lavoratori delle arti contemporanee: l’intervista.
View Article details
- Giovanni Comoglio
- 01 agosto 2020
Per aver riconosciuti diritti sentite il bisogno di un riconoscimento identitario come categoria? Che forma potrebbe prendere? Associazione, Ordine?
La forma giuridica che AWI deciderà eventualmente di assumere è in fase di dibattito, ma questa possibile trasformazione non ne modificherà né gli obiettivi né i principi etici. Non vogliamo limitarci a dar voce a una singola categoria professionale (artista o curatrice, educatori museali o art writers...), ma lavoriamo per progettare e mettere a regime strumenti di tipo etico, politico, giuridico e contrattuale utili alla tutela degli operatori e alla creazione di un sistema virtuoso.
Come valutate prospettive di “intersezionalità professionale”, l’unirvi o aprirvi ad altre professioni culturali/creative in analoga difficoltà, a valle anche di un decennio per loro disastroso (la famigerata e brevettata classe disagiata, estesa oltre l'arte contemporanea e lo spettacolo)?
AWI nasce con l’intento di tutelare le figure professionali dell’arte contemporanea, e questo ne delinea gli iniziali “confini” per quanto riguarda rivendicazioni e obiettivi. Tuttavia come parte di un sistema molto più ampio, complesso e sfaccettato siamo consapevoli che la lotta si estenda ad altre realtà affini, con cui ci confrontiamo soprattutto in un’ottica di informazione, formazione e sostegno reciproco (tra le altre, ACTA – l’associazione dei freelance e Smart – Società mutualistica per artisti). AWI è un gruppo eterogeneo nel quale soggettività che esercitano diverse professioni, attività e pratiche confluiscono in un sentire comune. È importante che anche in Italia vengano creati degli strumenti per riconoscere e tutelare i diritti e i doveri di chi agisce all’interno del settore dell’arte contemporanea – non solo artiste e curatori, ma anche giornaliste, designers, architetti e tutte quelle figure che contribuiscono alla sua sussistenza.
Azioni: su quali siete in questo momento più investiti e attivati?
In questi mesi di ricerca, abbiamo esaminato le principali problematiche del settore e alcune possibili soluzioni contestuali alla crisi, redatto un manifesto programmatico e inviato le nostre proposte tramite lettera al Ministro Dario Franceschini. Abbiamo poi co-coordinato il tavolo Il lavoro nell’arte: se la normalità era il problema al Forum dell’Arte Contemporanea. Stiamo inoltre lavorando alla redazione di un codice etico per il settore, nell’ottica di definire gli strumenti operativi per un sistema alternativo, fondato sulla sostenibilità e la dignità del lavoro.