Tradisce, forse, di Nauman una localizzazione geografico-biografica – l’artista è dagli anni ’70 installato in New Mexico in un ranch, che non lascia per la mondanità dell’attuale sistema dell’arte. La sua opera si presenta nuda come questa rincorsa ambigua al senso profondo dell’opera, che consciamente sprofonda gli spettatori in una posizione di disequilibrio.
Per Nauman è stato così fin dall’inizio, da quel self-portrait as Fountain del 1966 in cui la fisicizzazione del gesto concettuale e fondante di Marcel Duchamp fu annientata in un’azione catartica. La componente feticista e oggettuale del famoso urinatoio del sig. Robert Mutt veniva cancellata nello zampillo che usciva dalla bocca di Nauman.
Oggi un nuovo display di poche, precise selezionatissime opere, tutte conosciute dagli addetti ai lavori, ma per le quali l’artista ha cercato una diversa assonanza con lo spazio architettonico, rende doppiamente interessante la loro rivisitazione. Il carattere processuale del lavoro di Nauman, prosegue nella ricerca dell’effetto meditativo, una sorta di mantra in cui il pubblico è invitato ad abbandonarsi.
Impossibile ancora una volta tentare una possibile spiegazione dell’enigma Bruce Nauman. Il quantum di illusionismo nel dato crudo che egli presenta ai nostri sensi, ha una temperatura e una densità per le quali nessuna definizione del contemporaneo si addice all’artista. Certo produce opere multimediali, video, e performances ma sarebbero una definizione restrittiva visto che costantemente ne rinnova la gamma di esperienze visive e sonore. Linguaggio e parola che si manifestano in un sistema operativo restano il fulcro nella fisicità di tutte le opere.
fino al 21 giugno 2015
Bruce Nauman
Fondation Cartier pour l’art contemporain
261, Bvd Raspail, Paris