
Al centro del progetto c'è un'architettura fatta di un elemento immateriale come l'aria: "muri di fuoco, muri d'acqua, sono con il tetto d'aria, i materiali per costruire una nuova architettura. Con questi tre elementi classici fuoco, aria e acqua, la città di domani sarà costruita, flessibile, spirituale e immateriale". [1] Nel 1961 l'insieme di schizzi prodotti da Parent per L'architecture de l'air vengono proposti a numerose municipalità di Francia, Germania e Italia all'interno di un progetto di rinnovamento della società denominato Révolution bleue. Una rivoluzione fatta di un'architettura dell'aria, un mondo onirico dove gli uomini saranno liberi da ogni costrizione fisica all'interno di un'architettura senza tetto e senza piani. Infatti – come sottolinea Giuliano Martano – "tutto il suo lavoro, la sua ricerca, non sono altro che una organica filosofica utopia, un vero e proprio tentativo di ricostruzione dell'universo". [2] Una visione che si colloca storicamente nelle città utopiche di Constant (la sua New Babylon è del 1959) e Yona Friedman (L'Architecture mobile è del 1958). Così come è ancora alla scala della città che guarda l'ultimo progetto Les fontaines de Varsovie (1961-62), pensato da Klein e Parent, riprendendo un progetto elaborato anni prima da Klein con Norbert Kricke, dove le fontane di acqua e fuoco vengono pensate su quelle già esistenti del Trocadéro a Parigi. L'insieme di acqua e fuoco, simboli della vita e della purificazione dell'universo, generano una nube di vapore che galleggia nello spazio. Anche questo progetto dalla forza dirompente resterà, purtroppo, solo sulla carta. L'attitudine alla sperimentazione e alla de-strutturazione del linguaggio è il comune denominatore che lega Parent e Klein che, a sua volta, cercava nuove modalità per scardinare la pittura attraverso una ricerca per superare le problematiche dell'arte, come evidenziano le sue parole "per me la pittura oggi non è più funzione dell'occhio, essa è funzione della sola cosa in noi che non ci appartiene: la nostra VITA".

Klein, che appartiene a una famiglia di artisti – la madre pittrice astratta e il padre pittore figurativo – fin dall'inizio si dedica a sperimentare la dimensione spirituale-immateriale con il judo, usando il proprio corpo nello spazio. Allo stesso modo, Parent scardina e de-forma lo spazio alterandone la percezione del fruitore, dove, ancora una volta, è il corpo a essere protagonista. È proprio questo il punto di contatto tra i due. Parent d'altronde, fin dagli esordi aveva instaurato una serie di relazioni con artisti e architetti da Ionel Schein, con il quale realizza le prime case (le Maisons G., Morpain e Le Jeannic), a Paul Virilio, Michel Carrade e Morice Lipsi con i quali fonda nel 1963 la rivista e il gruppo Architecture Principe teorizzando quella funzione obliqua dello spazio che traccia un legame stretto con la de-strutturazione di Klein. Non va poi dimenticata l'importanza di André Bloc, scultore ed editore de L'Architecture d'Aujourd'hui, per il quale realizza la casa a Cap d'Antibes, un capolavoro di architettura de-strutturata, a cui la mostra rende omaggio con il filmato d'epoca del cantiere, intervallato da interviste a Virilio e Parent, tratte da quell'inesauribile miniera di reperti filmici che è l'Institut National de l'Audiovisuel.

Questo modo che ha Parent di concepire lo spazio, modificandone le percezioni orizzontali-verticali-oblique, si ritrova nel Mausoleo per Klein commissionatogli dalla madre e dalla moglie nel 1964. In questo senso, il rapporto tra i due non si esaurisce con la prematura scomparsa dell'artista, ma continua come un dialogo a distanza. Il progetto è una riflessione di Parent sul tema del vuoto, caro all'artista, disponendo gli spazi su tre livelli attraverso un percorso continuo punteggiato di elementi cilindrici, rappresentato con efficacia dal modello in legno. Tubi di cemento che accompagnano il visitatore nel vuoto, l'immateriale, il monocromo e la cosmogonia. "In effetti, grazie al posizionamento differente di questi elementi che captano l'infinito", scrive Parent nel 1964, "la percezione del blu è diversa: la diagonale dona la visione atmosferica, la verticale al di sopra della testa del visitatore va verso l'immateriale, mentre l'orizzontale ci spinge verso il vuoto del blu di Klein".

Note:
1. Yves Klein, Conferenza alla Sorbona, Parigi 3 giugno 1959.
2. Giuliano Martano, Yves Klein. Il mistero ostentato, p. 39, Martano Editore, Torino 1970.
