Nell'installazione di Laura Nsengiyumva un divano sfondato e screpolato accoglie il pubblico della Biennale. Di fronte, su un televisore al plasma una famiglia guarda: guarda la televisione, guarda la biennale, ci guarda. Ma chi siamo? Cosa vede quella famiglia seduta di fronte a noi? E cosa stiamo cercando noi in quella famiglia parcheggiata in TV? Va detto che la famiglia in TV è nera e in mostra a Dakar appare anche come una famiglia benestante della città che assiste insieme a noi, annoiata e distratta, a questo evento che ogni due anni porta esposizioni e conferenze tra le sue strade, con un programma che in questa edizione non è distribuito soltanto nella settimana delle inaugurazioni, ma nell'arco di un mese intero.
"Io sono venuta a vedere le opere", mi dice la signora di fianco a me, ed è forse questa semplice verità che si fatica a riconoscere a un evento che si svolge nell'Africa Sub-Sahariana. Sta di fatto, che Dakar ha un suo pubblico locale interessato alla cultura e la biennale presenta diverse opere e iniziative di qualità.
È come se questo appuntamento ritmato con la Biennale di Dakar avesse nel tempo creato delle infiltrazioni. L'incontro con l'arte contemporanea ha creato una porosità, la capacità di includere nuovi linguaggi e strumenti.