Quando si dice che l’opera d’arte è “totale” si intende un’opera che travalica i limiti fisici dell’oggettualità e che coinvolge lo spazio e l’osservatore in una esperienza unica e “totalizzante”, appunto.
Spesso l’architettura – come disciplina anche artistica – è stata considerata tale, e un museo è proprio il luogo in cui provare a relazionare al massimo l’opera da osservare, lo spazio contenitore e il visitatore passante e contemplatore. Quando poi il museo non si chiude in sé stesso, ma si apre al suo intorno caratteristico, si crea un vero e proprio “paesaggio” che crea una cornice ideale che in-trattiene il tutto.
Rari sono i musei del mondo che hanno questo potere simultaneo di astrazione e concentrazione e questo è un caso ammirato in tutto il mondo.
L’ideatore e direttore di questo luogo è stato Knud W. Jensen, imprenditore commerciante, editore e colto mecenate, che già nel 1955 aveva cofondato l’associazione “Art at the Workplace”, che prestava opere d’arte ai luoghi di lavoro per rendere l’arte parte della vita quotidiana delle persone.
Contro la vecchia idea di un museo monumentale, verso la nuova idea di un museo da ‘abitare’.
Per dare all’arte moderna emergente un’attenzione dovuta e necessaria, per metterla in contatto con un una società borghese danese contemporanea in un luogo che la valorizzasse e la presentasse al meglio in relazione allo spazio espositivo, nel 1958 venne fondato il Louisiana Museum of Modern Art, a Humlebæk, pochi chilometri a nord di Copenhagen.
Da subito, anche grazie ad una visita alla seconda Documenta di Kassel nel 1959, l’impresa culturale artistica prese nuovo slancio travalicando i confini nazionali delle opere raccolte e degli artisti coinvolti, aprendosi all’arte internazionale, alle esposizioni temporanee e ai vari linguaggi espressivi di musica, teatro, danza, cinema, letteratura e design. Il Lousiana volle da subito diventare un centro di gravitazione intorno alle idee delle arti, coinvolgendo il pubblico in discussioni culturali e politiche, contribuendo a rinnovare l’idea del museo che da statico, storico, retrospettivo, diventava dinamico, vivo e attrattivo. Contro la vecchia idea di un museo monumentale, verso la nuova idea di un museo da “abitare”.
Il primo nucleo di questo complesso architettonico è una deliziosa residenza di campagna fatta realizzare nel 1855 da Alexander Brun, ufficiale militare e maestro di caccia reale che qui stabilì le sue attività di svago e diletto, dandole il nome di Villa Louisiana, in omaggio alle sue tre mogli che si chiamavano tutte Louise.
Sia la villa che il nome, così originale e caratteristico, rimasero come prime pietre di un’idea generale che prevedeva la costruzione di padiglioni nel parco che si affacciava sul mare, in una integrazione integrale di arte, uomo e natura.
Gli architetti coinvolti furono Jørgen Bo e Vilhelm Wohlert che magistralmente riuscirono a interpretare questa visione olistica proponendo un progetto progressivo che partendo dalla villa, che rimane il punto di ingresso e accoglienza, si snoda orizzontalmente nel parco, con misura e discrezione, sintetizzando un linguaggio tipicamente scandinavo, con i tratti del modernismo organico americano e quelli dell’architettura minimale giapponese.
Il risultato è un complesso articolato in cui due ali principali si estendono aprendosi e abbracciando l’orizzonte verso il mare, mentre un tratto finale ipogeo chiude il percorso creando così un circuito continuo, con al centro un parco delle sculture.
Gli spazi diversamente progettati regalano sorprese ad ogni sezione, mutando e adeguandosi al paesaggio e alle esigenze espositive, con ambienti alternati alti o bassi, allungati o allargati, aperti alla vista e alla luce naturale o chiusi in penombra.
Pareti bianche in mattoni intonacati, soffitti in legno laminato e pavimenti in moduli rosso intenso si integrano con le ampie vetrate trasparenti di ambienti di sosta o di passaggio che si aprono nel paesaggio circostante e contribuiscono a creare una straordinaria permeabilità architettonica.
Oltre alle sale espositive e alle gallerie, da subito fu creato un ristorante panoramico e nel corso degli anni venne aggiunta una sala per concerti, un cinema e un’ala destinata ai bambini e al loro approccio ed esperienza con l’arte.
Il Lousiana Museum ha appena celebrato i 65 anni di vita e si conferma come modello di avanguardia per ciò che dovrebbe essere un museo contemporaneo, luogo in cui l’attitudine al rapporto con l’arte dovrebbe essere meno istituzionale e didattica, ma più informale, lenta, organica con il proprio tempo libero e il piacere personale della comprensione, della riflessione sui contenuti delle mostre e dei significati delle opere. Un luogo dove stare in pace con l’arte, abitando gli spazi, immersi nella natura.
Tutte le immagini courtesy Louisiana Museum of Modern Art